Mauro, un consumatore abusivo di ‘vuove de dugo’ /3 (o dei sentieri delle fate)
Caro Mauro (xy),
e dei sentieri delle fate, che ne sarebbe?
Vediamo…
In un passo del tuo scritto dici:
Quindi sarebbe indispensabile fare una ricognizione per valutare la bontà dei percorsi e indicarli con le tabelle e i colori del Club alpino italiano che è il solo soggetto autorizzato a gestire la sentieristica. […]
Non è così. Niente di più sbagliato.
Dire che il Cai “è il solo soggetto autorizzato a gestire la sentieristica” è una colossale sciocchezza. Quando mai?
La legge regionale conferisce al Cai quel ruolo, sì, vero, per i sentieri alpini: e per i sentieri delle fate, quelli delle anguane e quelli delle ciaure? Chi è che si interessa di questi sentieri? Definizione di sentieri alpini:
a) “sentieri alpini”: i percorsi pedonali, appositamente segnalati, che consentono il movimento di escursionisti e di alpinisti in zone montane, al di fuori dei centri abitati, per l’accesso a rifugi, bivacchi fissi o luoghi di particolare interesse alpinistico, turistico, storico, naturalistico e ambientale; (art. 48bis Turismo dimontagna, LR n. 11 del 14/06/2013)
Ah, non sapevi dunque che i sentieri alpini sono solo una parte di tutta la rete sentieristica? I sentieri alpini sono, in buona sostanza, i sentieri che fanno parte del Catasto regionale sentieri, e per i quali la Regione dà la definizione sopra riportata: ma, ribadisco, se un sentiero non porta ad un rifugio, bivacco… cosa facciamo? Li cancelliamo dal territorio, ce ne dimentichiamo?
O proviamo, in qualche modo, a gestirli e valorizzarli, o perlomeno a salvarli dall’abbandono?
Anche perché quei sentieri, quelli delle fate e delle ciaure, sono parte del patrimonio culturale che ancora ci appartiene. Ci sei? Vediamo ora il ruolo del CAI (sempre art. 48 bis):
3. Le funzioni amministrative relative alla realizzazione e gestione dei sentieri alpini, nonché alla sorveglianza e manutenzione dei bivacchi fissi alpini spettano alle unioni montane, che si avvalgono del CAI il quale può provvedere, a norma dell’articolo 2, lettera b) della legge 26 gennaio 1963, n. 91 “Riordinamento del Club alpino italiano” e successive modificazioni, al tracciamento, alla realizzazione e alla manutenzione dei sentieri alpini. Le funzioni amministrative relative alla realizzazione e gestione delle vie ferrate, nonché delle opere e degli eventuali impianti fissi dei sentieri attrezzati, spettano ai comuni.
Si parla della gestione dei “sentieri alpini” (non di tutti i sentieri), e si dice anche che il CAI “può provvedere … alla realizzazione e alla manutenzione dei sentieri alpini“, evitando di dire che “deve provvedere“, anche se nella pratica ci si aspetta che lo faccia.
Io ho sempre ritenuto che dei sentieri delle fate, delle anguane e delle ciaure se ne dovesse interessare, in prima battuta e a maggior ragione quando dislocati in montagna, la sezione del CAI territorialmente pertinente. Ma sulla montagna trevigiana, vicentina e veronese, dei sentieri “non-alpini” se ne interessa anche la bocciofila, l’associazione “Amici dell’asparago”, il gruppo “Pedalando si suda” e così via.
Che poi, nelle nostre realtà, le sezioni Cai facciano talvolta fatica a gestire anche e solo “i propri sentieri” (i cosiddetti, impropriamente, “sentieri Cai”, cioè i “sentieri alpini”), è cosa risaputa. Dipende dalle risorse a disposizione, dal coinvolgimento dei volontari, dall’avere o meno un senso di appartenenza, un senso di identità. Dall’avere la consapevolezza che i sentieri “non-alpini” sono un patrimonio culturale di grande spessore legato alla nostra storia che dobbiamo (dovremmo) cercare di salvare dall’abbandono (per quanto possibile, certo).
Tu, caro Mauro(xy), andando da Lozzo a Pian dei Buoi, a quali sentieri ti stavi riferendo? Un sentiero alpino? Un sentiero facente parte degli “Anelli e Vie di Lozzo di Cadore”? O un sentiero “minore”, rientrante comunque nel Parco sentieristico Terre Alte di Lozzo di Cadore?
Dacci una traccia… (il caos, comunque, ce l’hai solo tu, nella tua testa).