L’ANGOSCIA E L’OSSESSIONE DA CORONAVIRUS
di Giuseppe Zanella
Durante tutto il mese di Gennaio ho seguito con apprensione le notizie sulla diffusione cinese e coreana dell’insidioso virus che stava mietendo vittime e procurava indicibili sofferenze a quelle popolazioni. La desolazione alla vista delle immagini di una metropoli di 11 milioni di abitanti deserta e spettrale suscitava ogni giorno un sentimento di scoramento e di pena per tanta afflizione ed indicibili patimenti sofferti da un popolo disciplinato e ligio alle istruzioni impartite, seppur non proprio tempestivamente, dalle autorità. Quello che più impressionava (ed impressiona) era (ed è) la assoluta non conoscenza di questo agente patogeno e la sua estrema contagiosità, tanto che, in breve tempo, una enorme comunità distrettuale di ben 60 milioni di abitanti (pari alla intera popolazione italiana) si è dovuta drasticamente chiudere in una rigida quarantena.
Quello che lascia sconvolti è che nessuna specifica cura sia allo stato disponibile e si possa utilizzare per tale flagello, se si escludono alcune terapie a titolo sperimentale, già in uso per altre affezioni virali già conosciute; nei casi poi più gravi con polmoniti, definite “strane” da alcuni virologi, si è obbligati a far ricorso alle terapie intensive… La vista delle corsie di questi reparti di alta qualificazione per un supporto ossigenante ai malati, assistiti da personale medico ed infermieristico, munito di appositi ‘scafandri’ antivirus, costituiva (e tuttora costituisce) qualche cosa di veramente scioccante. In questo quadro la cui drammaticità lasciava allibiti, la gente era però propensa a ritenere che un tale flagello sarebbe stato arrestato in quelle lontane realtà, senza propagarsi ad altre nazioni. L’esorcizzare una tale eventualità di propagazione era evidentemente cosa da profani, sol che si pensi al fenomeno della globalizzazione i cui effetti, con la celerità odierna delle comunicazioni e degli scambi, nella fattispecie, sarebbero certamente risultati deleteri.
E così l’insidioso morbo è giunto da noi, propagandosi quasi subito in modo esponenziale. Noi italiani siamo stati i primi a sperimentare, in occidente, un tale pernicioso evento che sta manifestando una virulenza che, oggi come oggi, ci lascia esterrefatti. Le Autorità, pur con qualche deplorevole tergiversazione ed incertezza sulla “primigenia” valutazione dei provvedimenti da adottare, si sono mosse, in questi ultimi giorni, con la adozione di provvedimenti alquanto drastici e condivisibili, il tutto al fine di arginare il diffondersi del contagio. Ma il quesito fondamentale resta questo: le nostre strutture sanitarie sono in grado di far fronte alle ancor maggiori e prevedibili esigenze e necessità che la tristissima congiuntura dovesse presentare? Soprattutto, la disponibilità di strumentazioni e posti letto per la terapie intensive potranno risultare sufficienti per affrontare adeguatamente le possibili ancor più eclatanti emergenze si dovessero prospettare nelle prossime ore e giorni?
Ed il personale medico specialistico (rianimatori, anestesisti ecc.) sarà in numero sufficiente, dopo il calo recentemente registrato nelle piante organiche e per i contagi che hanno interessato anche questi eroi della corsia? E’ di oggi la notizia che Bergamo e Brescia sono allo stremo e che si è deciso di spostare in certi ospedali siciliani e pugliesi diversi ammalati; e ciò suscita apprensione, anche per le vicende dei blocchi alle frontiere e delle decisioni di certi paesi a noi vicini di bloccare il transito di attrezzature e strumentazioni mediche urgenti e necessarie (esempio: normativa tedesca per il sequestro di tali materiali per le necessità interne che si stanno prospettando anche nella Repubblica Federale di Germania…). Per inciso, va sottolineata la disponibilità dimostrata soltanto dai cinesi verso la nostra emergenza, ora che la situazione nella Repubblica Popolare sta migliorando…
In questo contesto per noi desolante, va doverosamente ricordato che i tagli drastici, irrazionali e vergognosi operati negli ultimi anni nei settori “strategici”, quali Scuola, Giustizia, Forze dell’Ordine ecc., hanno interessato soprattutto la Sanità con ridimensionamenti nei posti letto, nelle strutture primarie, negli organici, e tutto ciò giustifica ampiamente, purtroppo, le assillanti domande e quesiti sopra riportati. Dio non voglia che, nel prosieguo dell’emergenza, ci si debba trovare nel dilemma di dover scegliere chi salvare e chi non salvare per incapienza strutturale dell’intero sistema sanitario. Il bollettino di guerra che quotidianamente apprendiamo dalla tv e sul web fa veramente accapponare la pelle. Ora la gente sembra aver capito l’esigenza di tentare di bloccare o ridurre i contagi restandosene chiusa in casa e gli italiani sembrano essere attualmente consci della esigenza di salvaguardare gli altri (soprattutto i propri cari) e sé stessi da un pericolo immanente.
Avere paura è umanamente comprensibile ma lasciarsi prendere dall’angoscia potrebbe forse risultare dannoso e controproducente. Si dice che questo morbo colpisca specialmente gli anziani e che sia molto pericoloso per chi soffra già di altre patologie. Una virologa ha parlato di una previsione che il contagio raggiunga perfino il 60/70% della popolazione. L’auspicio è che la terribile ipotesi rientri soltanto in una casistica estrema. Che il buon Dio ce la mandi buona. Dobbiamo essere consci che in ballo non è soltanto la nostra vita, ma soprattutto quella dei nostri cari e di chi ci è vicino. La mia vera ossessione è quella di non essere di nocumento a tutti i miei famigliari e pertanto cerco di starmene “riguardato” e ligio alle disposizioni.