l’albero diffuso
Dentro quelle crapone, noi, quel concetto, abbiamo tentato in tutti i modi di farcelo entrare. Ma niente, non c’è stato niente da fare. Abbiamo provato anche col copeto. Avete presente?
Quando uno non c’arriva proprio, di suo, si usa provare con un ultimo disperato artificio detto appunto “proà à meti inte col copeto“. Metaforicamente, con il mestolo (copeto) prelevi da dove ce n’è (pentolona grande) per riempire là dove c’è il vuoto (le tazze o scodelle). Il tentativo risulta spesso “disperato” perché, nella maggior parte dei casi, le teste sono vuote perché “perdono”. E se perdono, non le riempi con nulla.
E questi, dopo averci ascoltato, li vedevi persi: ti guardavano a bocca aperta, stupefatti, con quegli occhioni grandi e languidi. Poi partivano blaterando convulsamente a ripetizione albero diffuso, albero diffuso, albero diffuso prendendo, come automi guidati da un comando d’autodistruzione, la via della discarica.
E ogni tanto, da quella discarica fumante sentivi i loro gemiti: li sentivamo dire “arbre magique” e poi “albero diffuso”. Qualcuno riusciva a dire “arbre magique è l’albero più diffuso”. Una sintesi oggettivamente perfetta.
(ma noi, a loro, abbiamo sempre parlato di alber-g-o diffuso, davvero! Dopo tanti anni è forse giunto il momento di chiederci: quelle crapone, perdono ancora?)