‘l mus e l dotor’ ed il cedimento del muro nei pressi di Tamarì
Come convenuto, dato ieri il senso a quel noi (cittadino laqualunque), resta da spiegare oggi quello relativo a “l mus e l dotor“. Prima però, per i non autoctoni (o perlomeno per i non pratici della zona in questione), devo chiarire il perché della supposta pericolosità del cedimento del muro.
Qualcuno si è infatti immaginato che le pietre, una volta staccatesi, rimanessero LÀ; è vero, rimangono LÀ!! Solo che quel LÀ equivale alle Pale de Tamarì, talmente ripide che farebbero tremare le vene e i polsi a chi fosse salito sull’Everest per la normale. La prossima volta, a beneficio dei non autoctoni che piacevolmente vedo crescere fra la platea dei blozziani (o blozzesi che dir si voglia), vedrò di chiarire subito anche “il contesto”.
Basti pensare, comunque, che un masso o una pietra rotolante dal muro in questione si schianta di sicuro sulla strada del Genio sottostante, ma è probabile che la possa oltrepassare per giungere a schiantarsi sul secondo tratto stradale in linea con la direzione di caduta (ciù is megl che uan).
Torniamo al nostro mus e dotor. Bisogna partire dal detto popolare “n mus e n dotor val pi de n mus” (declinato, oltre che con il verbo valere, con vedere, fare, ecc.). Del detto vi è anche una versione speculare “n mus e n dotor val pi de n dotor” che induce ad un dubbio interpretativo sul quale vorrei soffermarmi brevemente.
Il primo si presta ad essere così interpretato:
“per quanto un mus possa dedicarsi anima e corpo ad un’occupazione, l’intervento del dotor – ancorché limitato ad un breve consiglio – può risultare determinante”;
il secondo invece risulta più definito da questa interpretazione:
“nonostante la presenza del dotor e delle sue qualificate idee, se non ci fosse l’apporto del mus – per quanto umile e limitato alla pratica – non si otterrebbe il medesimo risultato”.
Ora dovete fare lo sforzo di mettervi nell’ordine di idee che qualifica il cosiddetto e tanto decantato “presidio del territorio“. E chiedetevi: da giugno ad oggi, quante volte sindaco e vice sono transitati per questa strada (ricordando che sono cacciatori, ooops, escursionisti venatori, per quanto illuminati)? Quante volte avranno visto i due paletti con il nastro messo da noi? Se si sono fermati ad osservare, scendendo dalla macchina e andando sotto il muretto, si saranno resi conto del problema? Giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, metà novembre…
Ecco, uno come me ora non riesce ad immaginarsi se sindaco e vicesindaco sono i mus che avrebbero bisogno del dotor – polizia locale – che però è relegata (anche) a dirigere il traffico in via Piave (proprio così: dirigere il traffico in via Piave, neanche fosse la “strada dei puttanieri”, quella sì trafficatissima; ho già chiarito che alla PL è fatto sostanziale divieto di uscire dai limiti urbani), o se invece non sia la polizia locale – nell’ipotesi che fosse autorizzata ad uscire dal paese, cosa che ripeto non è – ad assumere il ruolo del mus ed aver bisogno del dotor (sindaco e/o vice)?
Ora fatevi una seconda domanda: quante volte avrebbe dovuto passare la polizia locale prima di accorgersi del problema? La risposta non è così difficile. E questo dimostra che “n mus e n dotor val pi de n mus“.