Il minatore e il gelataio: ovvero la vita in Catubrioland nel 1800 (libro)
(tratto dalla prefazione del libro di Giuseppe Zanella: Il minatore ed il gelataio – Ovvero: la vita in Catubrioland nel 1800, Pieve di Cadore, Tipografia Tiziano, Marzo 2020)
Prosegue anche quest’anno il colloquio con i miei 25 lettori di manzoniana memoria e lo faccio con la ‘proposta’ del presente volumetto i cui contenuti, almeno in parte, risultano in linea con quelli trattati nel libro “Il Cadore ed i suoi migrantes”. Anche nel presente lavoro, infatti, viene posta in risalto la tematica della emigrazione, retaggio della condizione di miseria e di arretratezza civile e sociale che contraddistingueva le nostre contrade nel lasso temporale considerato che va dalla seconda metà degli anni 1800 agli inizi del secolo scorso.
Altro elemento di assonanza con il precedente ‘lavoro’ è quello delle sofferenze, dei patimenti e delle vicissitudine vissute dal protagonista e dai suoi congiunti a seguito delle traversie e della tragica fine del capo famiglia, evento drammatico da considerarsi “causa ed effetto” della estrema precarietà del quadro economico-sociale in cui si dibatteva l’intera collettività locale in senso lato ed il nucleo parentale dello stesso protagonista nello specifico. Anche qui, come già nel menzionato precedente volumetto, ho inteso mettere in evidenza – del padre di famiglia prima, e del personaggio principale poi – le fatiche, i drammi, le grandi difficoltà esistenziali, i sentimenti, gli amori ‘sublimi’, le preoccupazioni per una esistenza grama e priva di prospettive, e poi le angosce nel dover andare per il mondo alla ricerca di un minimo sostentamento divenuto problematico e difficoltoso in patria.
Per non parlare di Maria Luigia, figura di donna forte e dolce ad un tempo, vera eroina del focolare domestico, sposa diletta dell’emigrante poi perito tragicamente sul lavoro e madre di Giovanni, personaggio centrale della intera vicenda narrata nel libro. Altra possibile analogia con il testo “Il Cadore ed i suoi migrantes” è quella dalla sottolineatura del comune carattere di “romanzo storico miniaturizzato” per il rilievo dato ai buoni sentimenti che albergano nel cuore di tutti i protagonisti di entrambe le narrazioni. […]
Mentre però nella precedente narrazione le ‘casistiche’ sentimentali erano diverse e variegate, alcune perfino non approdate ad un epilogo felice per cause “esogene” di forza maggiore che ne impedirono il coronamento con gli sponsali, nel presente racconto il sentimento che Giovanni nutriva per Hannelore si sarebbe rivelato genuino, costituito da una freschezza e naturalezza che aborriva ogni affettato sentimentalismo o sdolcinatura; un amore concreto, pudico, tutto teso al bene della persona amata, sentimento che non escludeva, comunque, manifestazioni di spiccata affettuosità e tenerezza amorosa, fatto di attenzioni, premure ed effusioni di una dolcezza infinita… […]
Altri drammi ed altre difficoltà saranno dietro l’angolo per il nostro protagonista che si ritroverà disperatamente solo. Lo salverà l’incontro con il prevosto del paese e da tale incontro si determinerà un ritorno alla vita per questo coriaceo combattente, il quale si darà, da quel momento, ad opere di carità e vivrà intensamente la vita religiosa della parrocchia. In quell’ambiente egli farà un insperato incontro con una donna sensibile e bella, Nana, autentica fotocopia della defunta ed indimenticata Helleonore. Ed il secondo matrimonio si rivelerà pure molto, molto felice.
Altre prove dolorose ci saranno ancora e Giovanni perderà anche Nana in situazioni drammatiche. Infine, egli concluderà la sua laboriosa giornata terrena nel 1944 sperimentando l’ingratitudine e la insensibilità di molti di quelli che egli aveva ampiamente beneficato, confortato però dall’affetto del nipote Severino e nella consapevolezza di aver sempre rettamente vissuto adempiendo ai propri doveri di marito e padre devoto, di cittadino esemplare e di cattolico tutto d’un pezzo, dedito sempre a sovvenire ai bisogni ed alle necessità del suo prossimo.