IL GRANDE PARADOSSO: L’INDECOROSO LA STA ‘SFANGANDO’ ANCHE QUESTA VOLTA
Strane (fortuite?) coincidenze??
di Cagliostro
Oggi è arrivata la conferma, in appello, della sentenza di primo grado del processo Mediaset: quattro anni (di cui tre “indultati”) per il padrone del vapore, il noto Oleonese. Pena accessoria ribadita: cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, che è la cosa che maggiormente brucia per le ambizioni dell’Indecoroso. Reato principale: evasione fiscale, cosa che per “il più grande contribuente italiano” (versioni Santadeché e Gelmini, quella – per intenderci – che ha distrutto l’Università ed ha inventato il tunnel fra Svizzera e Gran Sasso per la corsa dei neutrini!!) suona molto beffarda. Alla triste notizia sono insorte come un sol uomo le schiere dei valvassori e dei valvassini a libro paga dell’Innominato, tutti partecipanti alla truculenta gara di chi sapeva usare l’epiteto più infangante nei confronti della Magistratura in generale e di quella milanese in particolare.
Il capo, tale Berluscone, alias l’Oleonese, alias l’Unto del Signore, ha usato questa volta un atteggiamento insolito: ha subito trattenuto la rabbia ed ha preteso che i suoi alzassero sì l‘asticella della protesta ma non facessero ricadere sul governo appena costituto alcuna conseguenza negativa. Almeno per ora, quindi, Letta jr, nipote mazzariniano del più noto, felpato ed onnipresente zio (Letta senior, primo “consigliore” del Caimano, nonché ‘maggiordomo’ papale) può dormire sonni relativamente tranquilli. L’Innominato infatti, scrutando a fondo gli eventi in una prospettiva di breve/medio periodo, ha perfettamente capito che deve sapientemente dosare, in questo frangente, il bastone e la carota, essendo paradossalmente questo il momento a lui più favorevole.
Nel giro di poche ore egli, infatti, ha sì subìto l’affronto della seconda (provvisoria) condanna, pesante ed infamante finché si vuole ma pur sempre espressione di una battaglia, non di una guerra perduta. E la guerra definitiva si avrà solo verso l‘autunno in Cassazione. Ed ecco la parte positiva del bilancio di queste ultime 24 ore: al di là della sentenza negativa, il Cainano ha ottenuto due eclatanti risultati che costituiscono il pilastro ed il fondamento per il suo successo, per il suo”riscatto” prossimo futuro. Mi riferisco alle due nomine intervenute sempre ieri: la presidenza della Commissione Giustizia del Senato attribuita al fido Francesco Nitto Palma e la prima presidenza della Corte di Cassazione attribuita all’altro simpatizzante (per non etichettarlo in modo più…erosivo), il giudice Giorgio Croce.
Trattasi, in entrambi i casi, di nomi che nulla dicono ai non addetti ai lavori od a chi non segue da vicino le vicende politico-giudiziarie. Nella realtà si tratta però di nominativi fidati, collocati in posti chiave e soggetti determinanti per i successivi sviluppi e per il definitivo affossamento della istanza oggi valutata dal tribunale di Milano. Entrambe figure molto chiacchierate per la loro vicinanza al Cainano ed al mai obnubilato Cesarone Previti. Tra l’altro, Nitto Palma è colui che, lo scorso febbraio, si batté come un leone affinché tale Cosentino di Castel di Principe fosse ricandidato al Parlamento (quel Cosentino accusato di essere referente del clan dei Casalesi ed ora ospite delle patrie galere proprio in quanto non più coperto dalle guarentigie parlamentari).
E trattasi pure di ex magistrato ed ex ministro della Giustizia!! Il Giudice Giorgio Croce è stato invece sentito, tempo addietro, dalla pm milanese Boccassini in merito ai suoi legami con il pregiudicato ex senatore ed ex ministro Previti sul cui groppone pesa una condanna definitiva a sette anni per corruzione di magistrati ed altri reati di non poco conto; quegli stessi reati per i quali il mandante Berluscone è stato “prescritto”. In sostanza, Nitto Palma e Giorgio Croce sono assisi in posizioni strategiche dalle quali risultano entrambi determinanti per futuri salvacondotti il primo, per una assoluzione od un rinvio con nuova celebrazione processuale (esame che dovrebbe essere comunque di mera legittimità, ma si sa come è facile trovare motivazioni per ‘intorbidire le acque’ in questi casi) il secondo.
E così la beffa sarebbe compiuta una ennesima volta, anche senza il ricorso alle classiche leggi ad personam, il tutto, ovviamente a scapito (ed a derisione) del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla Legge.
Per concludere, va sottolineato come siano suonate del tutto stonate le parole pronunciate ieri in occasione del Plenum del CSM dal Presidente Napolitano a suggello della nomina del giudice Croce. L’uomo che più ha voluto le larghe intese, l’uomo che ha messo in ginocchio il suo partito di provenienza negando a Bersani un incarico pieno, l’uomo che ha caldeggiato l’applicazione del legittimo impedimento a favore dell’attuale ‘provvisorio’ condannato al fine di consentirgli di adempiere surrettiziamente ad un ruolo politico che non gli competeva (non era e non è segretario del PDL), l’uomo che ha trasformato nei fatti la Repubblica parlamentare in presidenziale, oggi può dirsi soddisfatto della sua opera: ha gettato le basi affinché il Caimano ritorni quanto prima ancora più ringalluzzito, irridendo una ennesima volta la Giustizia e tutti i cittadini onesti ed occupando, magari, il seggio più alto, quello tenuto in caldo dall’ex comunista-migliorista.