i renzioti tra spesa pubblica e riduzione d’imposta
Non passa giorno, a qualsiasi latitudine, senza che qualche esponente (si fa per dire) del piddume statalista non palesi la profonda ignoranza su temi economici che alberga nelle loro discrete (nel senso di limitate) capacità intellettuali. Se uno li cerca col lanternino non riesce a farne una selezione così spudoratamente ignorantona.
La storia degli 80 euri, che è solo un esempio tra i più popolari, ne è prova provata. Lascio la parola a Seminerio su Phastidio (leggi tutto):
Tra i renziani e soprattutto i renzisti (la differenza tra le due specie, per definizione della seconda, si può ripassare qui), è diventato un mantra consolidato quello secondo cui gli 80 euro al mese, a vantaggio di alcuni lavoratori dipendenti, sarebbero “la più grande riduzione di tasse della storia” (vedi anche qui). Sfortunatamente, le cose non stanno in questi termini, e non c’è alcuna “riduzione di tasse”.
[…] Il bonus renziano è spesa pubblica, non riduzione d’imposta. E’ stato deciso in questi termini perché le coperture semplicemente mancavano, oltre il primo anno. A dirla tutta, le coperture non sono certe neppure per il primo anno, ma non sottilizziamo. Diciamo che la strada per rendere permanente il bonus è terribilmente accidentata. Invece, quella per il suo ampliamento a tutti i percettori di reddito entro dati limiti (operazioni che peraltro permetterebbero di passare dal concetto di bonus a quello di riduzione di aliquote d’imposta, rendendo la costruzione meno barocca e pericolante) è talmente accidentata da risultare praticamente impercorribile.
Purtroppo, o per fortuna, la “storia” (con la minuscola) si incaricherà di fare giustizia di questi espedienti.