Dolomiti-Unesco: arriva il canguro (e non è di peluche)
Uno di questi giorni arriva l’australiano Greame Worboys per mettere il naso nella faccenda Dolomiti-Unesco patrimonio dell’umanità. Tranquillizzatevi, non succederà niente. L’Unesco è una gran baldracca al pari della UE e al massimo il funzionario scriverà qualche noterella, un monito, auspici di varia natura, raccomandazioni ecc..
Le cinque province, fra le quali non c’è Treviso, adotteranno un sistema infallibile da quest’ultima frequentemente utilizzato: prosecco e grana. L’effetto è garantito e in grado di ammorbidire anche il più granitico inquisitore.
Mal che vada c’è sempre la possibilità di ricorrere al monitatore professionista nonché capo dello Stato, Napo Capo, al quale è stata donata ad Auronzo una targa di bronzo, che fa tanto pendant con il resto del figuro. Nella vallata auronzana Napy era venuto a parlare di “inscindibilità del nostro patrimonio nazionale da Nord a Sud” ottenendo dai cadorioti-italioti, vuoti di storia, lo scontato applauso.
Sempre ad Auronzo il viso rubicondo di Durni si impressionò nella memoria di molti quando iniziò il proprio discorso in tedesco. Gli altri avevano parlato di identità, come fanno tutti i parolai, lui, Durni, la manifestò con l’utilizzo dello strumento più alto: la propria lingua. Non tutti hanno i coglioni. Quelli di Durni pesano. Ed è a lui che ci si potrà rivolgere, più che al tè alla menta di Dellai, per sostenere il palco del “Patrimonio”, se mai dovesse dare segni di cedimento.
Ora, ditemi, che cosa potrà mai trovare Crocodile Dundee, che non va, sopra il limite perimetrato come “patrimonio dell’umanità”. Siamo sopra i 2000 m di quota. Qualche idea, a parte la rogna sarcoptica?
Se c’è qualcosa che non va, è fra le comunità umane, giù nelle valli. Dove l’inquieto vivere ed i colpevoli particolarismi hanno frenato l’esplodere di quella benedizione di Dio che dovrebbe essere, a detta dei più, il conferimento Unesco. La SFONDAZIONE Dolomiti, le beghe di vario calibro, il carosello della sede, intoppi organizzativi, campeolate con relative dimissioni.
Ma gli australiani sono uomini di larghe vedute; talvolta ci mettono tempo per conseguire balzi nella storia, ma alla fine si distinguono anche nel rispetto delle minoranze aborigene, non importa se le hanno dapprima schiacciate con la fede del bianco e civile progresso.
Intanto a Longarone, il politicamente trombato Oscar De Bona, che a suo tempo vagheggiava la nuova categoria del pensiero denominata Autonomia possibile, si è inventato l’Expo Dolomiti, un certificato sistema che più che mettere in mostra il “patrimonio” dell’umanità, ne mette bene in evidenza il “mercimonio”. Ma ne abbiamo bisogno e quindi, anch’io, mi sento di plaudere all’iniziativa. Sono sdegnato, invece, dalla notizia che le “Escort Dolomitiche” siano state estromesse dalla exibition. Peccato perché erano talentuose da morire. Si rifaranno sul campo.
Ma intanto, visto che, come ricordava il sindaco di Lozzo di Cadore, l’Unesco ci ha marchiati, dovremmo in qualche modo esserne riconoscenti e dare libero sfogo alla nostra creatività per trovare tutti i modi per godere di questo divino beneficio. Speriamo che lo Yankee australiano non covi dentro se stesso turbe giovanili insondabili, che lo conducano a sprezzanti frustate alla schiena del mite popolo dolomitico.
Del resto, i tedeschi di Dresda, con un bel referendum, hanno già mostrato che niente è irrinunciabile: qualche anno fa i giornali titolavano “L’Unesco punisce Dresda: non sarà più patrimonio dell’umanità”. Non fu l’Unesco a punire Dresda, furono i tedesci che con quel bel referendum sulla costruzione di un ponte sull’Elba (che l’Unesco non reputava ammissibile) dissero a quest’ultimo “vai a farti fottere, qui decidiamo noi“.