Dolomiti lagunari: la provincia di Belluno si inchina al Doge
La provincia autonoma di Bolzano, esempio di capacità organizzativa, alle 17:32 di ieri usciva sul proprio sito con un comunicato stampa in cui si dava la seguente notizia (riportata poi oggi sui quotidiani locali): Dolomiti patrimonio Unesco: cinque sedi operative, guida a rotazione.
Vi si legge: «La discussione sulla gestione amministrativa della Fondazione Dolomiti patrimonio mondiale dell’Unesco è stata risolta. “Il consiglio della Fondazione – spiega l’assessore Michl Laimer – ha deciso che ci saranno cinque sedi operative, e che la guida sarà a rotazione triennale fra tutte le Province che fanno parte del territorio scelto dall’Unesco”».
C’era da aspettarselo, fin qui niente di veramente nuovo (politica dei contentacoioi).
C’è però un’altra considerazione, sempre sottaciuta, che ora emerge nella sua banale realtà. La provincia di Belluno, su alcuni aspetti della gestione del territorio, non ha le competenze per poter “decidere” come muoversi. Soprattutto, ed è quello che conta, i cordoni della borsa sono nelle mani dei dogi, anzi del Doge Galan che, uscito dalla finestra nella questione Unesco, rientra dalla porta, e da padrone.
Quando quelli dell’Unesco hanno deciso che le Dolomiti potevano diventare patrimonio dell’Umanità, non si sono posti il problema, non era di loro competenza, che su questo pianeta vi sono tanti tipi di umanità.
Ci sono umanità autonome, umanità più autonome di altre, umanità che autonome non lo sono proprio.
Il risultato, scontato, è che di là sono gli uomini della montagna che comandano sul proprio territorio, di qua sono i lagunari, in ottemperanza ai secoli passati in serenissima convivenza.
Mi sento di fare un’altra breve considerazione: evitiamo di fare l’errore di promuovere le Dolomiti come patrimonio dell’umanità. Da promuovere, con forza, sono le Dolomiti e basta. Ognuno dovrà promuovere le “proprie Dolomiti” in relazione alle proprie specificità territoriali.
Perché se qui in provincia di Belluno ci azzardiamo a parlare di patrimonio dell’umanità, alla fine la gente scoprirà, perché è la cruda verità, che questo patrimonio ha le proprie serie: A, B, C. Ciò che è comune, in questo patrimonio, è il carbonato doppio di calcio e magnesio, costituente la dolomia, e la bellezza del paesaggio dolomitico, dai 2000 m di quota in su, perchè quando scendiamo a valle le cose si possono di nuovo categorizzare. E noi siamo sempre in B, quando non siamo in C (e tenuto conto della non-autonomia di cui godiamo, il nostro è quasi un miracolo).
Allora, mettiamo da una parte la storiella del patrimonio dell’umanità e cerchiamo invece di promuovere le Dolomiti nella loro specificità territoriale (per quanto riguarda Lozzo di Cadore mi farò vivo a breve con alcune proposte), perché in questo settore neanche Luis Durnwalder ci può battere, Galan permettendo.
per un eventuale approfondimento vedi anche gli articoli: