CONSIDERAZIONI SULL’ ASSEMBLEA DEI SINDACI DEL 7.1.2014
di Cagliostro
Faccio riferimento e seguito all’esilarante articolo del redattore dal titolo “Due idee dei sindaci che erano nell’aria già durante l’emergenza”. L’autore usa un tono ironico, faceto, alle volte perfino con punte di graffiante sarcasmo, giungendo comunque all’obiettivo di rendere ben evidenti certi anacronismi e tutta una serie di contraddizioni sottese nell’azione dei sindaci e nelle loro successive determinazioni. Personalmente, mi propongo di esemplificare alcuni concetti base connessi ad alcune domande che mi sono posto e che pongo all’attenzione dei lettori. Leggendo lo scritto del redattore, il commento possibile è uno solo: “Fantozziano!!”.
Davvero, in Cadore Fantozzi sembra avere degli emuli perfetti. Ma entriamo subito in argomento senza tanti giri di parole. Nella riunione tenuta il 7 Gennaio u.s. presso la sala consigliare della Magnifica, i sindaci – auspice il nostro primo cittadino nella sua veste di organizzatore dell’incontro quale (vice) presidente vicario di BIM Consorzio – si sono sentiti offesi per la mancanza di considerazione, coinvolgimento ed informativa sia da parte di TERNA e di ENEL che da parte della Provincia e della Prefettura. Questi benemeriti signori, che nell’immediatezza dell’evento black-out non hanno saputo coordinarsi, fare ‘massa critica’ e far così valere il loro fondamentale ruolo, hanno deciso di promuovere, attraverso apposita istanza in sede sia civile che penale, una azione tendente all’acclaramento di eventuali responsabilità e ad una conseguente, possibile richiesta risarcitoria per i notevoli danni materiali e di immagine subiti (si pensi solo alle conseguenze della mancanza di riscaldamento per vecchi, malati e bambini, alla avaria del contenuto dei congelatori, alle disdette in campo ricettivo-turistico ecc.).
Ma, ragionando ora a ‘freddo’ (è proprio il caso di dirlo) e con calma, si possono porre alcune domande essenziali. Nel merito, le azioni prospettate sono ‘foriere’ di risultati certi ed apprezzabili? Sarà veramente possibile appurare e stabilire responsabilità precise in ordine al verificarsi dell’evento così dirompente? Ed i sindaci, nella fattispecie, non hanno proprio nulla da rimproverarsi, non avranno, per caso, ‘la coda di paglia’? Cercherò di argomentare e di dare una qualche risposta a questi tre quesiti essenziali, facendo comunque sempre riferimento alle considerazioni sull’argomento espresse dal redattore. Adire le vie legali è sicuramente un passo ‘politico’ che mira, seppur con un certo non lodevole ritardo, a rivendicare attenzione per lo stato di abbandono della Montagna, lasciata da molto tempo in balìa di una disdicevole disattenzione con l’incuria del territorio, con il depauperamento civile, sociale, economico, infrastrutturale.
Sta diventando sempre più difficile vivere in Montagna senza l’abbozzo, benché minimo, di una azione di salvaguardia (si pensi ai servizi ognor più carenti, alle vie di comunicazione precarie, alla delocalizzazione industriale, al vistoso calo demografico dato da denatalità ed invecchiamento della popolazione ecc.). Sotto il profilo squisitamente politico, l’intendimento dei sindaci appare più che giustificato. In quanto però ai risultati attesi ed auspicati, mi permetto esprimere non poche riserve e perplessità. Penso alla intrinseca difficoltà di provare manchevolezze, omissioni, negligenze e/o colpe (la causa Vajont docet). Terna ed Enel sapranno sicuramente mettere in campo ogni azione defatigante ed ogni accorgimento e dovizia di mezzi per dimostrare la ineluttabilità dell’evento e così escludere ogni loro coinvolgimento colposo. La Magistratura poi impiegherà, forse, tempi biblici per gli accertamenti, le perizie, gli esami testimoniali (ed anche qui resta valido l’esempio Vajont, pur con le dovute distinzioni e proporzioni).
I tempi, quindi, bene che vada, saranno dilatati e non è detto che l’istanza venga accolta in toto od anche solo parzialmente. Alla fine, ci potrebbe essere una archiviazione, oppure un proscioglimento in sede dibattimentale. Nel qual caso, i ricorrenti subirebbero l’affronto di essere “cornuti e mazziati”, come si dice in gergo alquanto volgare. In questa ipotesi, infatti, potrebbe verificarsi la beffa del pagamento delle spese di giudizio e delle parcelle legali a carico dei Comuni. Se, di contro, l’istanza fosse accolta in toto od anche solo parzialmente, sarebbe sempre difficile provare e quantificare i danni patiti dai singoli e dagli Enti sulla base di semplici autocertificazioni… Per non parlare dei danni di immagine la cui quantificazione apparirebbe del tutto soggettiva. In definitiva, nutro seri dubbi che l’onere della prova sia così pacifico.
Veniamo ora ad analizzare la posizione dei sindaci. Tra le tante affermazioni fatte, significative sono le seguenti: i Municipi erano pure isolati ed i sindaci, come già riferito, privi di informative e non coinvolti da chi di dovere. Un sindaco ha perfino evocato la deprecata burocrazia che richiederebbe 1000 carte prima di procedere al taglio di una pianta pericolante in prossimità di strade o tralicci.
Andiamo con ordine.
I municipi non erano isolati. TIM era operante, così come i telefoni fissi nei giorni 26 e 27 Dicembre. Ma se anche fossero state isolate le case comunali, nessuno impediva ai sindaci di coordinarsi in altro modo, scendere a Belluno e far valere il loro ruolo di primi responsabili della sicurezza dei loro amministrati. Se tu, Istituzione Superiore, se tu, Terna od ENEL, non mi considerate, sono io, Sindaco, che rivendico venga rispettata la mia funzione ed esigo di essere informato della situazione e coinvolto nelle azioni di messa in pristino dei servizi essenziali. Al sindaco che se la prende con la Burocrazia, vorrei rammentare che egli ha certe facoltà, tipo quella di emettere ordinanze immediatamente eseguibili (altro che mille carte!).
Veniamo ora ad un altro aspetto politico, che ha quasi del caricaturale, in rapporto alla prospettata azione giudiziaria per l’accertamento delle responsabilità e delle conseguenti possibili istanze risarcitorie. Oggi, alla TV, l’avv.to Gaz ha fatto intendere che si tratterà di azione non certamente facile…
In ogni caso, sulla questione viene a delinearsi uno strano parallelismo, a ruoli invertiti, fra i ventilati passi dei nostri primi cittadini con la class-action a fronte del sofferto black-out e quanto successo a BIM-GSP con l’altra azione legale (sempre class-actions), a suo tempo ventilata da diverse associazioni di consumatori ed Enti vari, proprio nei confronti della società gestita dai sindaci in merito al noto milionario ‘buco nell’acqua’ , buco del quale la Pubblica Opinione attribuisce la responsabilità, giustappunto, alla ora benemerita categoria dei partecipanti alla richiamata assemblea del 7 Gennaio scorso in quel di Pieve di Cadore. Una specie di nemesi storica? Un tentativo di far dimenticare proprie omissioni, negligenze, o qualche cosa di ancor più significativo riguardo alla vicenda BIM-GSP/AATO?
Un rifarsi una improbabile ‘verginità’ politica attraverso lo stesso strumento della class-action calato nella nuova realtà fattuale? L’analisi dei due episodi richiederebbe una disquisizione invero approfondita e dettagliata. Mi limito qui a porre in evidenza la anacronistica contraddizione di chi propone di sanare il buco Bim-Gsp ricorrendo alle tasche degli ignari ed incolpevoli utenti (per sistemare ‘errori’ propri, tanto per usare un eufemismo), e poi rivendica la parte del vìndice che reclama ciò che, in precedenza, gli era stato inutilmente imputato. Identico lo strumento, usato dagli stessi soggetti, in tempi e su contrafforti diametralmente opposti. Insomma, un autentico ossimoro, una similitudine politica: nell’un caso con la assunzione della veste dell’ “imputato”, nell’altro caso con la assunzione della veste dell’ “accusatore”…
NB –Sia chiaro, non nego la valenza politica degli intendimenti della assemblea del 7.1.2014. Metto solo in risalto l’incoerenza di due posizioni molto simili nella sostanza, ma anche molto diverse nei ruoli svolti dagli stessi soggetti/protagonisti in due differenti contesti.