CI RISIAMO CON L’INCUBO DELL’ “EGOARCA”
di Giuseppe Zanella
In questi giorni di schermaglie e tentativi di posizionamento politico in vista delle elezioni quirinalizie fissate per il prossimo Febbraio, molta parte dell’Opinione Pubblica ritiene che i desiderata del noto pregiudicato arcoriano di porre la sua candidatura alla massima carica istituzionale siano da relegare nel campo delle velleità di un vecchio un po’ fuori fase, il quale non riesce a realizzare la differenza fra il campo del ‘fattibile’ da quello dell’ ‘irrealizzabile’ e del (per lui) ‘precluso’. Tutto sembrerebbe propendere per le ragioni espresse da questa frangia, invero alquanto robusta, della Pubblica Opinione. Personalmente, invece, io propendo per non sottovalutare le “diaboliche capacità” del su menzionato soggetto di raggiungere i suoi reconditi scopi. Preciso di essere da sempre un grande estimatore dell’insigne maestro del Diritto nonché intellettuale e scrittore di eccelse e raffinate qualità, il prof. Franco Cordero, il quale, a proposito dell’imprenditore brianzolo, così si esprimeva: “Sarebbe un errore credere che i suoi ‘coups de théatres’ siano dominati dall’istinto. Bisogna sempre guardare che cosa bolle nella pentola dell’Egoarca. L’uomo è lucidissimo”.
Nel chiacchiericcio politico che va avanti ormai da diverse settimane, i vari leaders di partito stanno elaborando alcuni pensieri ed idee sull’avvenire politico di Mario Draghi ed il tutto, a mio parere, nasconde almeno in parte le mire di chi non vuole elezioni o di chi, di contro, le elezioni le vuole per inconfessabili motivi. C’è, insomma, chi vuole Draghi assiso a Palazzo Chigi fino al 2023 (scadenza della legislatura) e di conseguenza vuole far ricadere la scelta del nuovo Capo dello Stato su altro nominativo (Berlusca?). Alcuni vorrebbero invece Draghi al Quirinale, nel qual caso non ci sarebbe partita per altri aspiranti e, presumibilmente, ci sarebbero conseguentemente le elezioni anticipate nella primavera del 2022.
E’ possibile avanzare molte argomentazioni sulle finalità e sui disegni di questo corno di dilemma, di questo tirare per la giacca l’attuale presidente del Consiglio da parte di questa scadente classe politica, angustiata da interessi contrapposti e di difficile soluzione. Draghi intanto rimane silente, forse conscio che in ballo c’è anche la sua prospettiva legata alla attuazione o non attuazione del Pnrr. La linea di frattura fra una tesi e l’altra (sul rimanere cioè a Palazzo Chigi o ascendere al Colle) passa comunque anche all’interno degli stessi partiti… Certamente la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi fa il gioco dell’Egoatra. Se poi la memoria dei grandi elettori sarà così labile da obnubilare il passato di quello che veniva anche definito “il Caimano”, allora il Parlamento cadrà nel totale discredito e l’Italia dovrà sopportare il ridicolo di fronte all’universo mondo.
Con al vertice dello Stato un presidente ‘Bunga, Bunga’ (definizione acquisita dal nostro a livello planetario), se avremo un capo dello Stato che ha sfangato decine di processi, in molti casi con la prescrizione e con la applicazione di leggi pro-domo sua (ad personam), se avremo un presidente con pendenze di natura penale in corso, se l’inquilino del Colle sarà un ex iscritto alla P2 ed un pregiudicato per frode fiscale (e mi fermo qui solo per ragione di spazio, giacché l’elenco diventerebbe chilometrico), allora tutti sarebbero legittimati a non guardare all’Istituzione con il dovuto rispetto… Si pensi solo al fatto che un tale Presidente sarebbe il Presidente del CSM (dopo aver osteggiato e denigrato gran parte della Magistratura con turpi epiteti ed accusando certi magistrati di primo piano di far politica contrastando le legittime aspirazioni del medesimo soggetto, tra l’altro attenzionato da molte Procure); si pensi che un tale Presidente dovrebbe presiedere anche il Consiglio Superiore della Difesa ed essere formalmente il Capo delle Forze Armate…
Insomma, la jattura sarebbe completa e le contraddizioni impersonate dal soggetto sarebbero ancora più vistose ed eclatanti dei suoi mastodontici conflitti di interessi non risolti per il passato da politici ossequienti e, in parte, certamente conniventi. Il guaio è che il pericolo del verificarsi di un tale increscioso evento sussiste davvero sol che si pensi alla prevedibile compattezza dei tre partiti di destra (e che destra!!), al prevedibile gioco del senatore di Rignano all’Arno e dei suoi seguaci e, soprattutto, alle già collaudate capacità del nostro di ‘acquistare’ parlamentari. I numeri parrebbero non escludere, davvero e purtroppo, un tale epilogo. Ricordate i casi dei Scilipoti, dei Razzi e, specialmente, del Sen. De Gregorio, reo confesso? In una tale evenienza il ruolo di Matteo d’Arabia sarebbe basilare con i suoi circa 45 voti da mettere sul…mercato. Sarebbe l’ennesima volta che il vero discepolo politico del Cainano fungerebbe da ago della bilancia in un agone politico ormai così poco…onorevole.
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Oggi ho letto su di un quotidiano on-line un post illuminante di Carmelo Sant’Angelo dal Titolo “Berlusconi al Quirinale? Da siciliano ho buone ragioni per non sorprendermi”. Dalla lettura di un tale scritto si arguisce che il magnate brianzolo non è stato l’inventore assoluto del modo di fare politica alquanto egoistico e particolare (uso un eufemismo); egli ebbe infatti un antico precursore che forse gli è stato maestro e dal quale ha attinto metodi e sistemi di fare politica non proprio ortodossi. Già nel 70 avanti Cristo, in Sicilia, operava quale pretore certo Gaio Verre, inventore ante litteram delle leggi ad personam e delle tecniche di difesa dal processo. Editti e decreti emessi da costui non avevano validità erga omnes ma servivano solo a chi li comprava e tali editti e decreti venivano emessi a richiesta ed in cambio di denaro.
Leggere poi di quante malefatte costui si fosse macchiato, rende bene l’idea del perché egli fosse stato l’antesignano, il precursore del personaggio che oggi sta sognando di traslocare sul colle più alto di Roma. Sta di fatto che Verre fu sottoposto a processo ma si racconta che egli le provò tutte per sfuggire al Giudizio (ricordate gli impedimenti accampati dal Berlusca per non presenziare ai dibattimenti? Anche di recente i certificati medici si sono susseguiti a getto continuo, salvo poi vederlo in pubblico arzillo e pimpante non appena scansato il pericolo…). Leggere dei tentativi del Verre di difendersi DAL processo (e non NEL processo) fa venire in mente e fa sorgere il dubbio che il Brianzolo abbia letto le cronache siciliane del 70 a. Cristo ed abbia fatto tesoro di un tale antico ‘docente’.
Ed infatti l’emulazione è stata praticata con lucida determinazione e risultati certamente migliori di quelli a suo tempo ottenuti dal pretore romano operante in Sicilia. Verre tentò in tutti i modo di ricusare l’avvocato della accusa, un certo (si fa per dire…) Cicerone. Ma, ahilui!, tutti i suoi sotterfugi ed i suoi trucchi non impedirono di giungere ad una esemplare condanna. Sono assai significative e bene spiegano la corrispondenza fra quella antica realtà processuale e la realtà giudiziaria attuale riferita al nostro Cainano le affermazioni fatte in sede dibattimentale da un oratore del calibro di Marco Tullio Cicerone. Eccone un sunto.
“Nel denaro Gaio Verre ha sempre riposto la sua forza, le sue certezze. Il denaro è la sua unica arma vincente. Per questo ha sempre cercato di accumulare una quantità immensa: per avere sempre e comunque la facoltà di comprare chiunque si frapponesse ai suoi disegni criminali (…). Ha tentato di comprare perfino la data del processo: se ci fosse riuscito tutto il resto avrebbe potuto acquistare con maggiore facilità. Una sentenza per lui è solo una questione di denaro (…). La smodata cupidigia di quest’uomo avidissimo, che gli ha procurato una smisurata ricchezza, sarà dunque servita a garantirgli l’immunità? Voi sapete che non c’è santità che il denaro non riesca a violare, non c’è fortezza che non possa espugnare. Se le enormi ricchezze accumulate dall’imputato dovessero infrangere la coscienza e la imparzialità dei giudici, ciò vorrà dire non soltanto che Gaio Verre potrà continuare a farla franca, ma anche -cosa assai più grave- che saranno vanificate per sempre le speranze di chi guarda a questo processo per vedere finalmente riaffermata la legalità nelle nostre aule di giustizia”.
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Conclusioni:
Vi pare che tutto il discorso di Cicerone non possa essere calato nella realtà del “re di denari” di Arcore?? Senza scomodare tanti ricordi, basti pensare alle modalità di acquisto dalla Contessa Casati Stampa della dimora e della tenuta di Arcore!! Basti pensare alle domande inevase sulla provenienza misteriosa delle montagne di denaro giunte nella sua disponibilità. Oppure basti ricordare tutti i misteri della Banca Rasini…
Il resto ed il seguito poi richiederebbe una enciclopedia…