La Fondazione Dolomit (i-en-es-is) Unesco ha fatto l’uovo. Da oggi lo sgraziato e disarmonico logo, che potrebbe pataccare un sacco di lettere intestate, depliants, siti, portali, biglietti da visita, magliette, cappellini, yo-yo, boccali per birra e pitali promozionali, oltre a una varietà infinita di servizi, può essere finalmente utilizzato dagli “aventi diritto”.
La licenza d’uso è concessa a partire da 250 euri (gratis per gli enti istituzionali bla bla). Beh, se ti vuoi fregiare del logo di un pezzo del patrimonio dell’umanità, qualche soldino lo devi sborsare. Se invece ritieni che il logo valga quanto una torta ecosostenibile prodotta dalla mucca Carolina, fai a meno di fregiarti della patacca. Giusto.
Ma non si tratta solo di sborsare soldi. Bisogna anche superare un ostacolo aggiudicatorio. La logo-patacca dolomitica mica la danno a tutti: ci sono anche le zoccole di pregio. Ecco i criteri di selezione (pdf):
-6- Requisito dell’attività dei richiedenti la licenza d’uso a pagamento
1. L’attività svolta dal richiedente deve garantire caratteri di qualità formale e sostanziale come stabilito dal Regolamento art. 1 comma 2 lettera d), di autenticità e sostenibilità, sia nel processo produttivo che nel prodotto/servizio. Tali requisiti verranno misurati attraverso i seguenti criteri:
- A. innovazione e/o sostenibilità del processo produttivo e/o del prodotto/servizio;
- B. utilizzo prevalente di materiali locali nei cicli produttivi o nello svolgimento dei servizi;
- C. livello di integrazione dei servizi/prodotti forniti con gli elementi del patrimonio naturale, storico-culturale e sociale locale, in riferimento al Bene Dolomiti UNESCO;
- D. contributo di beni e/o servizi in merito allo sviluppo sostenibile;
- E. livello di riconoscibilità mondiale della struttura, della produzione o del servizio;
- F. riconoscimento o conformità a certificazioni, standard, protocolli o buone pratiche connesse alla qualità ambientale del prodotto/servizio.
Se tu fai il miele, dovrai dimostrare di avere ai tuoi comandi delle api rigorosamente innovative, quelle con l’addome decorato da striscie nero-fucsia (il giallo non va più). Se sei un falegname che fa mobili in ciliegio dovrai dimostrare che il tuo prodotto ed il processo produttivo che lo genera è sostenibile: dovrai insomma dar prova che per ogni mobile prodotto hai provveduto a piantare da qualche parte nell’universo un ciliegio (allegare le foto nelle quali si vede che innaffi la pianta).
Se fai dello speck dovrai dimostrare il grado di integrazione fra il tuo prodotto (ecocompatibile) e gli elementi del patrimonio naturale: non a tutti è chiara l’accostabilità del cucio alla dolomia. Per fortuna si potrà ricorrere alle connessioni “storico-culturali” e “socio-locali”, con le quali alla fine si potranno giustificare anche eventuali fabbricazioni di mine anti-uomo. Se il tuo prodotto/servizio ha in sé un qualcosa che dà un contributo allo sviluppo sostenibile, potrai dire di essere quasi a cavallo. Se produci un rasaerba alimentato a benzina verde, quindi, le porte al marchio sono quasi aperte.
Desta qualche preoccupazione il livello di riconoscibilità mondiale della struttura, soprattutto sulle modalità ritenute valide per darne garanzia. Tu che con un e-commerce hai venduto un quartino di grappa al barancio in Oklaoma sei riconosciuto a livello mondiale o devi apparire nella top 500 di Forbes? Devi sapere infine che se hai conseguito una certificazione di qualità in campo ambientale ti sei già guadagnato 3 punti secchi: quindi, anche se stai deforestando Val Visdende (tanto per dire), l’importante è che tu lo faccia alimentando le motoseghe con benzina ecologica alchilata Aspen (un sollievo per te e per l’ambiente).
Il bello è che crederanno a quello che dici, non ti manderanno l’ispettore Worboys a vedere se le tue informazioni sono veritiere:
2. Il richiedente dovrà fornire una breve descrizione di ciascuno dei punti sopra elencati, presentando le caratteristiche prevalenti, al fine di permettere la valutazione corretta di ogni parametro; eventualmente allegando documentazione a sostegno della descrizione riportata nella domanda.
Ed alla fine ti daranno un punteggio:
3. Per la valutazione dei criteri determinanti il soddisfacimento dei requisiti di cui sopra, la descrizione fornita dal richiedente verrà tradotta in punteggio da 0 a 3, equivalenti a 0 = non soddisfatto, 1 = parzialmente soddisfatto, 2 = soddisfatto, 3 = totalmente soddisfatto. Per ogni categoria sopra elencata viene richiesto un punteggio minimo di 1. E’ necessario il raggiungimento di 10 punti totali.
E se sarai fortunato, oltre alla licenza d’uso, ti arriverà a casa anche il pelouche con la logopatacca dolomitica: innovativo, ecosostenibile, ecosolidale, confezionato in Cina ma usando prevalentemente il pelo dolomitico (quindi potrà a norma – art.5 lett. A del manuale d’uso – essere pataccato come dolomitico). Ora puoi gioire e logo-dolo-pataccare ciò che credi: ma per 12 mesi. Poi bisogna verificare se il tuo speck è ancora ecosostenibile e ben integrato “negli elementi del patrimonio naturale”.
Cosa aspetti? Corri a logo-dolo-pataccarti, c’est plus facile.