Turismo e dintorni
ci ha lasciati anche AIT Dolomiti, la “stop up” dei confindustri bellunesi
L’idea era tanto buona quanto banale, anzi, banalissima: informare e promuovere (anche i pinguini imperatore dell’Antartide sono persuasi che info e promo non debbano mai mancare in tavola). Mi torna in mente, tra gli altri, un patetico Cappellaro che dice (qui video della nascita di AIT), parlando della neonata AIT, “siamo collegati con l’Ansa…”.
La start up consisteva in un contenitore dove sarebbero stati ficcati tutti gli eventi segnalati dagli operatori turistici bellunesi: mostre, balli e sagre (soprattutto sagre). Una selezione degli eventi, quelli con maggior caratura promozionale, sarebbe poi stata veicolata attraverso l’Ansa. Anche pensando al canale turismo dell’Ansa, avete presente che tipo di appeal possa avere una cosa del genere per il turista medio? Lo stesso che ha la vista di un cinghiale in calore che grufola ostinatamente dopo avervi puntato.
Strideva, accanto ai favolistici lanci Ansa, eccome se strideva, la mancanza totale di un aggancio ai “classici” social (facebook, twitter…) sui quali cazzeggiare, riprendendo perlomeno i favolistici lanci di cui prima (fossero anche emorroidi, come fai a info-promuovere la cosa senza passare dai social che, volenti o nolenti, funzionano da immensi aggregatori di turisti più o meno rincretiniti?).
Queste le premesse della start up:
E’ una startup del tutto nuovissima, è un progetto pilota che nessuna confindustria in Italia ha mai partorito, ha mai pensato, è un’iniziativa tutta nostra bellunese. Non c’è nessun segreto, cerchiamo di fare le cose in maniera professionale, cerchiamo di fare qualcosa che possa dare uno sviluppo sociale alla nostra provincia.
Da tali premesse io medesimo arguivo le seguenti considerazioni:
In attesa di capire nel dettaglio quali siano gli elementi per i quali Da Rold reputa la neonata agenzia giornalistica una “startup del tutto nuovissima” (sperando che non sia solo per meriti anagrafici), sorvolando sull’uso spavaldo del superlativo (del tutto nuovissima), sottolineiamo la tendenza dei confindustri all’autoreferenzialità, laddove si dichiara che “nessuna confindustria in Italia ha mai partorito, ha mai pensato …” un progetto analogo. Il fatto che nessun’altra confindustria ci abbia pensato prima (per quanto il mondo non finisca tra le mura confindustriali), ci pone di fronte o ad oscuri presagi di flop o ad un trampolino di lancio di sicuro successo (trascuriamo l’eventualità più probabile: la sopravvivenza con rantoli cadenzati).
Ovviamente quella che consideravo come l’eventualità più probabile, ossia la sopravvivenza con rantoli cadenzati, è ciò che AIT ci ha offerto nella sua stentata esistenza, almeno fino alla sua dipartita. Non ho idea se il po’ po’ di esperienza accumulato con questa stop up abbia già dato o darà luogo in futuro ad altre sofferenze similari (i confindustri sono spesso tafazzisti) ma, per quanto ci è dato osservare su WayBack Machine, l’ultimo rantolo del sito di AIT Dolomiti, al momento non contattabile/raggiungibile, è avvenuto più o meno il 24 settembre 2018, momento nel quale le news riportate sul sito erano comunque relative a gennaio e febbraio del 2018.
AIT Dolomiti mi ha sempre fatto tanta tenerezza, al punto che le avevo assegnato un tag tutto suo seguendo il quale si possono trovare i 10 articoli (11 con questo) a lei dedicati. Amen.
openalpmaps.it in coma farmacologico
Openalpmaps.it era la costoletta mobile del progetto Openalp3D. Tutto l’ambaradan è chiuso da tempo con la dicitura mortuaria che così recita: “Servizio sospeso per problemi amministrativi“; la cosa puzzava di mancanza di schei ma, pensavo, potrebbe anche risuscitare. Ormai i mesi passati da quelle considerazioni sono tantini e credo che si possa dichiararne la morte certa.
Del resto, anche se dovesse uscire dall’attuale coma farmacologico, la cosa era una patacca. Le intenzioni non erano malvagie, ma sevedeva che il gingillo era un rutto digitale (qui di seguito ciò che scrissi sull’argomento nel dicembre 2015, anche se allora definii il minestrone come una vaccata di proporzioni bibliche).
(Openalp ha prodotto anche un “catalogo” disponibile online; anche se apparentemente sembra una cosa ben fatta, nella realtà, soprattutto in chiave turistica, la cosa è una vaccata di proporzioni bibliche, e resterà tale almeno fino al momento in cui, per esempio, non verrà introdotto un “boton” che permetta di selezionare (e deselezionare) tutti i marker senza dover passare per ogni sezione. Inoltre, nel guazzabuglio di iconette che talvolta risultano concentrate radialmente (perché sono tante pur alla scala minima di 300 m), si dovrebbe trovare il modo di far capire cosa si nasconde dentro l’icona con una funzione “over” (passandoci sopra il mouse, senza cliccare); resta poi da colmare il divario tra le cose che ci sono nell’agordino e quelle che ci sono dalle altre parti, un’asimmetria che avrà le sue buone ragioni ma che stona e stride come “quei” gessetti alla lavagna. Come strumento catalografico, invece, potrebbe avere una sua ragion d’essere: in questo caso ci vorrebbe una regia alla “Rottermeier” che induca e incalzi gli “attori” sui vari territori a comporre un quadro catalografico complessivamente organico; pure un indirizzo a cui sputarvi in un occhio, se del caso, sarebbe gradito 🙂 )
Presenze turistiche 2018: Dolomiti venete +0,5%, Alta Pusteria +4,8%
La Regione del Veneto ha pubblicato i dati (ancora provvisori) del movimento turistico relativo al 2018; non sono ancora disponibili i dati dei singoli comuni ad alta presenza turistica tra i quali Auronzo di Cadore e Cortina d’Ampezzo. In relazione alle presenze turistiche, il settore turistico locale (STL) Dolomiti ha conseguito nel 2018 un +0,5% (nel 2017 +2,8%) mentre nello stesso periodo l’Alta Pusteria ha raggiunto un +4,8% (in pratica una crescita dieci volte maggiore del STL-Dolomiti; nel 2017 l’Alta Pusteria conseguì un +5,5%, doppiando il risultato del STL-Dolomiti).
La Provincia di Belluno, che nel 2017 aveva subìto un crollo del -4,2%, nel 2018 limita il calo al -0,1%. Il Veneto si deve accontentare di una crescita dello 0,2%, ma nel 2017 aveva prodotto un ottimo 5,8%. Per il resto ci si può consolare con gli arrivi. Per chi avesse il desiderio di un set di dati più completo, con la suddivisione dei movimenti per mese e per italiani/stranieri, comprendente gli ambiti province, comprensori e STL è a disposizione la pagina Monitor andamento stagione turistica Cortina-Auronzo Dolomiti e Veneto 2018.
Venice, city of the Dolomites
Trento e Bolzano hanno ribadito che quel Montagne di Venezia appiccicato al nuovo marchio promozionale Dolomiti presentato dalla Regione del Veneto non è digeribile. Ovvio, no? Del resto, anche la S-Fondazione Dolomiti-Unesco ci martella ogni due per tre per convincerci che il patrimonio è sì distribuito su 5 province e tre regioni, ma deve essere considerato un unico bene da gestire, per l’appunto, unitariamente.
Oltre a ciò la suddetta S-Fondazione sottolinea che anche per gli Uneschi (ve lo ricordate l’ispettore canguro venuto a baciare i piedi delle Dolomiti per verificare se la ruota era ancora rotonda?) la gestione unitaria è un punto di forza: per forza che è un punto di forza… altrimenti a che cavolo servirebbe tutto il baraccone?
Il nuovo marchio non mi entusiasma: al meglio sembra un promo delle matite Giotto, al peggio lo si può accostare al logo di una ditta cinese di zainetti da città. Sullo slogan (payoff) Montagne di Venezia, pur nell’esotica versione linguistica anglofona, mi vien che ridere.
Ma come, ci avete rotto e ci state rompendo i coglioni con la puttanata del secolo “le montagne più belle del mondo“, e poi avete il bisogno di andare ad attaccarvi alle generose mammelle di Madame Venezia per avere un po’ di traino?
Suvvia, fate la cosa giusta: smontate questo palchetto tenuto insieme con lo sputo prima che vi crolli addosso lasciandovi nella polvere. Sennò dovremo aspettarci qualche contromisura tipo “Dolomiti, le montagne di Grohmann“: come rinverdire i fasti dell’Austria felix con un viennese pervaso dalla folle passione di esplorare le Dolomiti (potendo arrivare a testa alta fino a “Grohmann, il padre delle Dolomiti“). Poi, vaglielo a dire al giapponese griffato o all’amerikano obeso che Grohmann non era un sudtirolese.
Ricognizione della percorribilità degli Anelli e Vie di Lozzo di Cadore
Il Parco sentieristico Terre Alte di Lozzo di Cadore è nato per salvare dall’abbandono la rete sentieristica del nostro territorio. Si è sviluppato in una prima fase tra il 1985 e il 1990, il Primo Piano Sentieri, alla quale è seguita una seconda fase tra il 2002 e il 2004, il Secondo Piano Sentieri, che ha portato, anche, alla realizzazione degli Anelli e Vie di Lozzo di Cadore, un prodotto/servizio per l’escursionista preparato (insomma, un insieme di percorsi… per molti ma non per tutti).
Deve essere chiaro che l’esistenza di un prodotto/servizio escursionistico, come può essere eventualmente inteso l’insieme di percorsi che costituiscono gli Anelli e Vie, ma in generale qualunque altro percorso del Parco Sentieristico, va ricondotto ad una conseguenza collaterale di un ben più vasto e profondo progetto incardinato sui Segni dell’uomo nelle Terre Alte, progetto che ha come elemento prìncipe il Sentiero e che ha la finalità di salvare dall’abbandono la rete sentieristica “di un tempo” e, più in generale, di documentare i segni dell’attività dell’uomo sul nostro territorio nella loro evoluzione storica.
Detto tutto ciò, segnalo che ho preparato una mappa della percorribilità degli Anelli e Vie sulla quale (vedi discorsi già fatti qui e quo) ho riportato puntualmente gli “ostacoli” trovati percorrendo i singoli anelli. Al momento le condizioni stagionali hanno permesso la mappatura degli anelli 5, 8, 11, 13, 14, 28, 33 e 67, mentre sono da mappare i restanti 4, 16, 45, 50, 54, 63, 69. Le foto servono a dare un’idea del tipo di eventuale intervento di ripristino. I tratti con sottofondo in verde sono percorribili anche se presentano schianti a terra, essendo questi facilmente bypassabili; i tratti con sottofondo in rosso non sono percorribili e coincidono solitamente con aree più o meno vaste di schianti “affastellati”; i tratti in nero sono in attesa di ricognizione.