Openalp è un’altra iniziativa comunitaria che ha dato luogo a “cartine”. Queste sono state realizzate nell’ambito del progetto “Webgis a indirizzo geoturistico per la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale dell’Alto Bellunese (asse IV Leader del PSR Veneto 2007-2014).
Le cartine “Dolomiti: museo a cielo aperto” mettono in risalto elementi del paesaggio, cultura e storia dei “comprensori” Comelico Sappada, Agordino, Valle del Boite, Cadore Longarnese Zoldo, Centro Cadore (una cartina per comprensorio).
Nella cartina relativa al Centro Cadore, Lozzo è “rappresentato” da tre schede: Museo della Latteria, Roggia dei Mulini, e Pian dei Buoi e Forte del Col Vidal (nella cartina topografica c’è anche la foto del rifugio Ciareido ma senza la scheda di dettaglio).
La scheda Pian dei Buoi e Forte di Col Vidal è inserita nella sezione “La Grande Guerra”, a fianco del Forte militare di Monte Tudaio e del Museo e Itinerario del Monte Piana (due schede distinte). La scheda che descrive Pian de Buoi è “generica”, rispetto a quelle viste precedentemente, ma cita ugualmente l’Anello dei Colli:
[…] Questa complessa rete di collegamenti e difese costituiscono il Parco della Memoria, che è possibile visitare lungo il percorso dell’Anello dei Colli (segnavia n.33), uno dei 15 itinerari che compongono gli “Anelli e Vie di Lozzo di Cadore” creati dalla locale sezione del CAI.
Capite quindi che, per quanto detto e dimostrato finora su questo blog, se, quando penso al Parco della Memoria e all’Anello dei Colli, mi vengono in mente solo caprones, ho le mie (buone) ragioni.
(Openalp ha prodotto anche un “catalogo” disponibile online; anche se apparentemente sembra una cosa ben fatta, nella realtà, soprattutto in chiave turistica, la cosa è una vaccata di proporzioni bibliche, e resterà tale almeno fino al momento in cui, per esempio, non verrà introdotto un “boton” che permetta di selezionare (e deselezionare) tutti i marker senza dover passare per ogni sezione. Inoltre, nel guazzabuglio di iconette che talvolta risultano concentrate radialmente (perché sono tante pur alla scala minima di 300 m), si dovrebbe trovare il modo di far capire cosa si nasconde dentro l’icona con una funzione “over” (passandoci sopra il mouse, senza cliccare); resta poi da colmare il divario tra le cose che ci sono nell’agordino e quelle che ci sono dalle altre parti, un’asimmetria che avrà le sue buone ragioni ma che stona e stride come “quei” gessetti alla lavagna. Come strumento catalografico, invece, potrebbe avere una sua ragion d’essere: in questo caso ci vorrebbe una regia alla “Rottermeier” che induca e incalzi gli “attori” sui vari territori a comporre un quadro catalografico complessivamente organico; pure un indirizzo a cui sputarvi in un occhio, se del caso, sarebbe gradito 🙂 )