Non fosse per quella sua quasi ossessiva tendenza al giustizialismo, il Marco Travaglio di questo video andrebbe fatto subito santo. Un intervento capolavoro, evitando di considerare serie le cose dette intorno al minuto 9 riguardanti la responsabilità civile del magistrato. Comunque, prima o poi, bisognerà farlo santo davvero.
Prima ancora che argomentazioni di carattere tecnico (che vedremo in un prossimo articolo), che Monti menta sapendo di mentire lo si vede dalla mimica facciale. Seguite il video nel quale il PdC è intervistato a La7 da Lilli Gruber durante la trasmissione Otto e mezzo del 20 gennaio 2012, e vi accorgerete di quanto e come indugi “sapendo di dirne una grossa”, anche se alla fine il tono di voce torna rassicurante.
Insomma, pur agganciandosi a previsioni dell’Ocse e di Bankitalia, il Nostro si lascia ad una profezia per la quale se l’Italia arriverà ad un grado di apertura e flessibilità pari agli altri paesi, aiutata in questo dal decreto appena varato, potrà conseguire un aumento di produttività del 10% che determinerà un pari aumento del PIL.
Ora, per quanto ne so il PIL è vincolato certamente alla variazione della produttività, così come a quella dell’indice di occupazione. Per aumentare il PIL non ci sono altre strade che aumentare la produttività oppure l’occupazione (facendo lavorare le stesse persone per più tempo o facendo entrare nuove persone nel mercato del lavoro). Quindi dobbiamo sperare che, stante l’aumento di produttività profetizzato, non ci capiti di essere spettatori di una contrazione dei posti di lavoro attualmente operosi (altrimenti definita licenziamento, sarebbe una vera e propria sfiga).
Certo, a poche ore dalle velenose dichiarazioni del FMI per bocca della sig.ra Lagarde, che vede un 2012 con un PIL in calo del 2%, sentire il PdC che fa previsioni sull’aumento della produttività a doppia cifra, ti fa venire qualche dubbio sul tasso alcolemico del Professore. Ed è pur vero che il Nostro non ha fatto alcun cenno al numero di anni che dovrebbero servire per concretizzare una crescita di sì epocale portata, cosicché se ne potrebbe parlare fra due o tre lustri. Tuttavia, dette da un bocconiano, queste affermazioni mi sembrano tanto tanto politiche.
Mi pare fosse stato Gianfranco Miglio a dire che un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista, ossia un politico di rango, pensa alle prossime generazioni. Neanche per Monti, mi pare, ci sarà spazio in quest’ultima categoria. Ma posso sbagliarmi e, se per caso il PIL schizzerà al 10% a breve, mi cospargerò il capo di cenere e mi darò due sonori ceffoni per aver dubitato.
Ciò che registro, invece, è la totale compiacenza della stampa che sorvola su quella che è una boutade del PdC. Il Sole 24 Ore, la Stampa, il Corriere della Sera e probabilmente la Repubblica hanno accolto la profezia senza colpo ferire. Se l’avesse detta lui, il Berlusca, questa cosa del 10%, a quest’ora sarebbe sbeffeggiato sulle loro prime pagine. Se è Monti a dirla, invece, al più “stava scherzando”.
(il brevissimo video proposto riguarda il momento in cui Monti parla del 10% di aumento della produttività e del PIL ed è tratto da questo video postato da La7)
MPS Marketing Research ha svolto un sondaggio telefonico ad ampio spettro per Veneto Stato (sondaggio completo in pdf: scarica). Fra le domande poste vi era:
“In caso di un referendum sull’indipendenza del Veneto, quale sarebbe il suo voto?”
La penetrazione del voto “SI” nelle singole province ha visto quella di Belluno tributare il 65,4% dei voti. Dai che ci siamo, dai che sembra che si sia accesa una lucina là in fondo al tunnel. Dai che diamo una spallata al sistema che ci soffoca. Straordinario, naturalmente, il risultato riguardante la possibilità di pensare ad un Veneto Indipendente. Ma quello che mi conforta più di qualsiasi altra cosa è valutare l’insorgenza dei bellunesi: dietro questi dati dovrebbe nascondersi una esplosiva voglia di Autonomia. Ci vuole ora un Movimento che aggreghi queste scintille e le faccia diventare un falò di proporzioni gigantesche.
E’ cominciato ieri sera a mezzanotte il blocco totale della Sicilia. Un’occupazione pacifica di tutti i principali porti, raffinerie e snodi viari dell’Isola. Tutti i punti di snodo sono presidiati dai protagonisti dei movimenti che, da oggi fino a venerdì 20 gennaio, daranno vita a quella che è già stata ”battezzata’ le “Cinque giornate della Sicilia”.
Una battaglia culturale e sociale portava avanti da imprenditori che operano in tutti i settori dell’economia isolana. Dai trasportatori agli agricoltori, dai commercianti ai piccoli industriali. Tutti uniti nella lotta per una Sicilia migliore. E, soprattutto, non vessata dal caro-prezzi.
Da stamattina – anzi, in alcuni casi da ieri sera dopo la mezzanotte – i Tir, da quelli che trasportano benzina a quelli che trasportano prodotti agricoli e altri prodotti ancora, hanno spento i motori. Tutto fermo. Tutto bloccato. Come già accennato, una “Rivoluzione”. Pacifica, ma più che mai determinata. Anzi, determinatissima.
“La rivoluzione parte dalla Sicilia”, si legge nei manifesti “non una guerra tra poveri, ma una guerra insieme contro questa classe dirigente che ancora una volta vuole farci pagare il conto. Vogliamo scrivere una pagina di storia e la scriveremo. Siamo siciliani veri ed invendibili. Ora il gioco comincia a farsi duro”.
Riporta l’Adnkronos: “Una delegazione del Partito indipendentista Sardo Malu Entu, composta dal presidente Doddore Meloni, Cristina Puddu, Felice Pani, Sergio Pes, Roberto Piras, Bruno Delussu, hanno portato alla Corte d’Appello di Cagliari per la vidimazione di legge, 2000 moduli per la raccolta delle firme per indire il referendum sull’indipendenza della Sardegna”.
La notizia, la possiamo trovare anche sul sito della Regione Sardegna dove si può leggere il quesito referendario che recita: ”Sei d’accordo, in base al diritto internazionale delle Nazioni Unite, al raggiungimento della libertà del popolo sardo, con l’indipendenza”?.
[…]
Ieri una delegazione del movimento, in testa il suo leader Doddore Meloni, accompagnato dall’avvocato Cristina Puddu del foro di Oristano, si è recata in Corte d’appello, a Cagliari, per la vidimazione delle schede. Ne hanno stampato duemila su ciascuna delle quali contano di apporre 40 firme per un totale di 80 mila sottoscrizioni. «È la prima volta che chiediamo ai sardi se vogliono l’indipendenza, come farà in questi giorni la Scozia», ha spiegato Meloni.
Il quale, a chi dubita sulla legittimità costituzionale di un referendum simile (chiaro il contrasto con l’articolo 5 che recita che “La Repubblica, una e indivisibile…”) replica citando, a sostegno della sua tesi, la legge 848 del 17 agosto 1957 che ratifica la carta delle Nazioni Unite e la legge 881 del 25 ottobre del 1977 di ratifica ed esecuzione del Patto di New York del 16 e 19 dicembre 1966.
Ammesso che il sondaggio riportato nell’articolo “l’unita indipendenza dell’Italia” si possa ritenere rappresentativo (approssimativamente) della volontà dei sardi di affrancarsi dall’Italia, la strada da fare per Malu Entu per convincere il popolo sardo a votare per l’indipendenza (nel caso in cui il referendum fosse ammesso) risulta ardua, pur partendo da un relativamente “solido” 25% di ipotetici consensi.
Però è già straordinario che se ne parli. E per quanto riguarda il Veneto … non ci resta che attendere. Alla Sardegna, intanto, l’onore di “aprire le danze” (forse).
I sondaggi portano a risultati che dipendono in buona misura anche da come la domanda è posta. L’argomento “indipendenza” trattato in uno stato depravato come quello italiano, dove al cittadino è stato asportato quasi totalmente il senso di “identità, risulta alquanto delicato e non riconducibile ad un quesito netto come quello di un sondaggio. E’ tuttavia affascinante osservare come si distribuisca sul suolo italico la voglia di indipendenza.
Ci ha provato il sito scenaripolitici. com che fornisce proiezioni elettorali “indipendenti” utilizzando la rete come collettore delle intenzioni di voto. Il quesito posto è: “Saresti favorevole all’Indipendnenza della tua Regione, con la Secessione dallo Stato italiano, e che questa decida liberamente eventualmente di aderire ad una Confederazione di Stati indipendenti con le Regioni limitrofe?
I dati che otteniamo in quest’ultimo sondaggio non sono troppo diversi. Il NO vince ovunque, in Veneto sarebbe testa a testa. In Lombardia i SI sarebbero al 45% e anche in Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia i SI sono molto sopra il 40%. Il Nord-Ovest ha dati più in linea con quelli dell’Emilia Romagna, poco più di 1/3 è per l’indipendenza. Nelle Zone Rosse, Emilia Romagna a parte, i SI sono ampiamente sotto il 30%, comunque sopra il 20. Nel Centro-Sud ovunque otteniamo dati compresi tra il 10 ed il 20%. Eccezion fatta per le isole. 1/4 degli elettori di Sicilia e Sardegna votano SI.
All’interno dei partiti si nota come la LN sia compatta sul SI, interessante anche il dato del PDL, intorno al 40%. Poco sopra il 10% il dato dei principali partiti del PDN. Nel CSX ci sono dati disomogenei, SI molto bassi per PD e SEL, sensibilmente più alti per IDV. SI piuttosto forti nel M5S. I dati interni ai partiti sono molto soggetti a variazioni tra Nord e Sud. Il PDL, per esempio, ha i SI intorno al 60% al Nord. Per PD e IDV si hanno dati più alti nelle regioni centrali.
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