Oltre alla prima anomalia, da ricondursi alle previste (dal sindaco) alberature particolari dedicate a papa Benedetto XVI mai messe a dimora, tanto che il parco è definito “solare”, ve n’è una seconda – di anomalia – da ricondursi al nome che l’amministrazione lozzese ha voluto dare al luogo, dedicandolo come sappiamo a papa Ratzi che nella vicina chiesetta di Loreto si intrattenne due volte in preghiera: Parco Benedetto XVI.
Dà l’idea di essere una vera e propria anomalia per il fatto che quando varchi i confini del parco solare non trovi nessuna indicazione frontale, come si usa fare, che ti segnali “questo è il Parco Benedetto XVI“. Ci sono due divieti di transito, posti proprio frontalmente, ma nessuna targa, lapide, cartello, insegna che dia mostra di sé e che ne certifichi, seppur sobriamente, la dedicazione.
In effetti all’entrata c’è un pannello posto lateralmente che illustra ‘sto parco e sul quale, su in alto a destra, neanche tanto in vista, è riportata la scritta “Parco Benedetto XVI”. Ma è come aver scritto “Parco Cavour” o “Parco Pier Fortunato Calvi”. E la dedicazione ufficiale? Siamo di fronte ad un papa (alla fonda, ma papa), mica a un qualsiasi bau bau micio micio!
E questa prima scritta, piccina piccina, “Parco Benedetto XVI”, ti aspetteresti di trovarla riproposta – a mo’ di “immagine coordinata” – anche sugli altri pannelli, quelli vicini alla chiesetta, e invece zero assoluto. E neanche sulle nuove pannellature (ben due), posate recentissimamente dai Servizi forestali regionali, vi è traccia alcuna della dedicazione. Sì, certo, ognuna riporta la foto dell’Emerito che passeggia, ma nessuno può immaginarsi che questo “parco” sia a lui dedicato.
Che poi, questa storia delle nuove pannellature posate a pochissimi metri dalle due precedenti, una delle quali già dedicata alla visita che Benedetto XVI fece alla chiesetta, è un po’ avvolta nel mistero. Dimostrano, forse, che con certi fedeli melius abundare quam deficere? E’ come se volessero dire: «Ehi, pellegrino fedele (o fedele pellegrino), guarda che Ratzi è davvero stato qui! Capitooo??».
Ecco, se uno è distratto di suo, adesso gli è più difficile lasciare il “parco” senza aver compreso che Ratzi, prima di lui, ha visitato lo stesso luogo e calpestato lo stesso suolo. Se poi, dopo tutto il dispiego di mezzi profuso, il tipo non c’arriva lo stesso, be’, bisognerà farsene una ragione. Di sicuro però, questo va detto, non c’è modo di capire, con ragionevole certezza, che questo “parco” è effettivamente dedicato a Ratzinger (ma lo è davvero?). La qual cosa non interferisce con la precessione degli equinozi ma lascia comunque l’animo insoddisfatto come di fronte a un’opera eccelsa ma incompiuta.
Caro sindaco, se per godere dell’alberatura particolare dovranno maturare i tempi (ma la grazia arriverà anche per questo, ne siamo certi), per la realizzazione di una sobria targa dedicatoria che conferisca solide certezze non dovrebbero invece esserci – riteniamo – soverchi problemi neanche per un comune come il nostro. E se per destino infausto nulla di tangibile fosse davvero realizzabile, si potrebbe comunque ripegare su una dedicazione … virtuale!