Dicevamo (qui, quo e qua) delle doti divinatorie del sindaco di Lozzo di Cadore che, di fronte ai tagli dei trasferimenti statali e senza aumentare le tasse, è riuscito ad investire ingenti somme di denaro in strutture pubbliche fra le quali citava anche il “risanamento del Museo della Latteria”.
(intanto, si sa mica niente di più sull’origine di queste ingenti somme a parte quanto già profilato in “della zecca comunale” ? Danza della pioggia, riti vudù, oppure la triade comunitaria Barroso, Van Rompuy e Olli Rehn ha messo personalmente mano al portafogli, o, ancora, la giunta lagunare ha scucito qualche soldo, tanto per mettere assieme qualche altra tessera dell’arcano?)
Risanamento? Risanamento un cazzo.
Si risana una cosa che è malata, mentre il Museo della Latteria ha sempre goduto, sempre, di ottima salute. Spiego.
Mentre il sindaco era indaffarato nel cercare di capire da che parte fosse l’entrata del museo, il sottoscritto, del museo, aveva avuto il modo di farsene – negli anni, come volontario – una mappa centimetrica, avendo collaborato in vario modo, come altri, alla sua realizzazione e all’allestimento di svariate attività divulgative ad esso legate.
Al Museo non mancava niente di veramente essenziale e la sua salubrità – la cui mancanza potrebbe giustificare l’utilizzo della parola risanamento – in qualsiasi tempo, è testimoniabile e garantibile da tutti i soci e non-soci che hanno avuto a che fare con l’Associazione e le sue attività. Una sola stanza al piano terra, quella a nord parzialmente interrata, utilizzata per ospitare una mostra tematica sulla Storia dell’occhiale, presentava alcune – comunissime – scrostature della pittura e sui cantoni a nord si potevano osservare due macchie di muffa, anche queste comunissime (che comunque non si vedevano, essendo coperte dall’allestimento della mostra). Niente che non si potesse sistemare con una ordinarisssssssima manutenzione.
Certo, mi ricordo che sul soffitto vicino all’entrata l’architetta (vicentina) che ha poi seguito i lavori si era fermata in pensosa riflessione: stava guardando una “oscura” macchia (dovuta ad una perdita di qualche anno prima di una macchina operatrice posta al piano superiore) e mi ricordo che disse “qui bisogna operare una bonifica“. Mi ricordo anche la risposta che le diedi: “noi grezzi montanari questa cosa la risolviamo con due colpi di spatola, una grattatina con la carta vetrata e due mani di colore. Se poi lei la vuol chiamare “bonifica” ok, basta capirsi”.
Sapete la differenza che c’è fra “due colpi di spatola, una grattatina con la carta vetrata e due mani di colore” e una “bonifica a base di due colpi di spatola, una grattatina con la carta vetrata e due mani di colore” (lo stesso trattamento di cui sopra)? Non ve la immaginate? La differenza è 450 €: nel senso che la prima costa 50 €, la seconda, per via della evocata bonifica, viene a costare 500 €. Tè capì!
Del museo è stato fatto un nuovo allestimento. Vogliamo parlare allora di “nuovo allestimento” o di “riallestimento”? OK, ma non si tratta di risanamento, neanche sotto tortura.
Ma va detto che, avendo i soldi e la voglia, nessuno vieterebbe – anche oggi, or ora – di fare un riallestimento del “riallestimento fatto a suo tempo”: si tratterebbe semplicemente di un cambio di vestito museale.
Per la precisione va detto anche che da quei lavori si è ricavato anche un bagno per diversamente abili (prima il bagno era “normale”). Quello che, da solo, è venuto a costare 28.000 euri (vedi anche qui). E poi, vi ricorderete, l’intervento ha contribuito a mettere in moto l’economia regionale, soprattutto di area vicentina… (il tutto mentre, mi immagino, il sindaco stava ancora cercando la porta giusta per entrare al museo).