(divagazioni agostane sulla sopravvivenza)
Siccome sono interessato ai roditori (in particolare alle nutrie), quando ho letto della sopravvivenza a 2000 metri mangiando radici, mi ci sono fiondato.
Poi però le radici (del titolo) sono diventate nientepopodimeno che erba di bosco e corteccia di abete. Quindi il tipo non era un vero raffinato intenditore di radici-tuberi-rizomi, ma piuttosto uno normale, erbivoro, innanzitutto, ma anche “corteccivoro”. Ed è un bene che fosse corteccivoro, ché di acetosella devi mangiarne almeno 25 metri quadri, e solo per sopire i morsi della fame, mica per eliminarli del tutto.
[…] E’ rimasto per nove giorni a 2.000 metri sulla catena montuosa del Lagorai ed è sopravvisuto mangiando erba di bosco e corteccia di abete.
Va detto, tuttavia, che l’acetosella (ne sono ghiottissimo consumatore) ha, effettivamente, un delicato sottile rizoma. Allo stesso modo andava detto che, allo scopo di digerire la corteccia d’abete (che già avere la compagnia di un abete a 2000 m è una fortuna sfacciata), l’uomo deve aver “riesumato” il rumine.
Ma forse, guidato dall’istinto di sopravvivenza, la corteccia gli è servita più come regolatore della glicemia che come alimento, tenuto conto che a uno che mangia solo acetosella, si sa, la glicemia schizza alle stelle. Va anche notato che il canalone nel quale era finito deve essere stato molto ampio e verdeggiante, niente a che vedere con i canaloni detritici cui siamo abituati in questa porzione di Dolomiti, ai quali va il nostro pensiero quando leggiamo, per l’appunto, la parola “canalone” (ma è un nostro limite interpretativo, giacché “canalone” indica un “canale grande”, senza specificarne le caratteristiche).
Risulta poi sfatato un altro mito: quello che vedeva nella mancanza dell’acqua, non del cibo, il reale limite di sopravvivenza:
«Come sono sopravvissuto senza cibo? Ho mangiato acetosella, un’erba che conosco molto bene»
Ma certo: dell’acqua, in quei 9 giorni, il malcapitato non ne ha sentito il bisogno perché la “sintetizzava” metabolizzando i grassi accumulati nelle gobbe, come del resto fanno tutti i cammelli. Poi (ma questa ce l’immaginiamo noi) la fortuna d’avere quel bicchierino di polistirolo, con il quale s’è potuto… reidratare a ciclo continuo.
E alla fine, forse, in quella vallecola erbosa (detto “il canalone”), cosparsa di acetosella (che è erba che predilige luoghi ombrosi e umidi), vuoi mica che ci scorresse anche un filo d’acqua, altrimenti noto come ruscello?
Chiudiamo queste riflessioni con la speranza che il malcapitato, oltre al diabete, non soffra anche di calcolosi renale, ché dopo quella scorpacciata di acetosella potrebbe avere una vispa recrudescenza:
L’acido ossalico e gli ossalati contenuti nella pianta possono arrecare gravi danni nel caso se ne ingerisca una quantità eccessiva. Da evitarsi per chi soffre di gotta, artriti, litiasi.