Già con il titolo non si parte benissimo: “nuovo allarme per le acque color turchino“.
Come se l’allarme si palesasse per il colore turchino assunto dalla acque, che prima si può supporre siano state cristalline e ora siano diventate, appunto, “color turchino”.
Ma c’è un altro goffo errore nel titolo: turchino. Turchino è l’azzurro scuro o blu (“Treccani lo definisce azzurro cupo”…). Turchese, testa di birillo, turchese è il colore di quelle acque (come ben si vede in qualsiasi foto di quel lago, come nella panoramica riportata alla fine di questo post). Che poi, di quella foto, scrivono che sia d’archivio: archivio un cazzo, è la prima che ti esce su Google immagini.
Andiamo avanti.
Nel sottotitolo: “I ghiacciati si stanno riducendo…“: ma in compenso, e per fortuna, signora mia, i bruciati stanno aumentando.
Si parte in stile “amaro Montenegro”: “Il lago Sorapis è in pericolo: i ghiacciai sono in continuo ritiro e la biodiversità è a rischio estinzione.“. La notiziona è che i ghiacciai si stiano ritirando: anni e anni di ricerche non sono state vane. La cosa che più preoccupa, però, è l’estinzione della biodiversità: non già, dunque, l’estinzione delle specie, dal cui numero prende vita il concetto di biodiversità, ma l’estinzione di quest’ultima, come se spargessimo plutonio attorno e in mezzo al laghetto e stessimo a vedere l’effetto che fa.
La signora Maria, dall’ultimo dei banchi, alzando il dito (non vi rileviamo quale), sostiene che se togliessimo il tappo al laghetto ottenendo con ciò il suo prosciugamento, daremmo il via ad un cambio di biodiversità che sarebbe biodiversa dalla precedente (negando con ciò che si possa giungere, senza plutonio, ad una sua estinzione). Certo, non potremmo più specchiarci nelle acque color turchino, oooops, turchese, ma che problema c’è.
Veniamo all’autorevolezza (sia mai che queste rivelazioni giungano da fonti screditate).
“Stavolta (al corriere piacciono le espressioni familiari) l’allarme arriva da tre fonti autorevoli: il Muse di Trento (il Museo delle scienze di Trento), l’Università di Milano e il Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo.“. Anche prima di stavolta, a onor del vero, certuni e talaltri avevano messo il dito nella piaga, ma mancava loro la necessaria autorevolezza. Tipo quella dell’Imperial College di Londra che calcolava uno sterminio di stampo nazista dovuto al coronavirus: si sono poi affrettati a strillare che trattavasi di worst scenario, sulla scia dei grandi pensatori del passato: nel lungo periodo saremo tutti morti.
Di vari atenei sparsi sul globo non si contano le puttanate previsioni azzardate, in vari ambiti, che hanno accompagnato il loro fulgido percorso di disvelata conoscenza: ma da noantri le università sono sempre autorevoli e, immancabilmente, prestigiose (va detto che, per questa occasione, il prestigio è rimasto nel cilindro del giornalaio). L’autorevolezza del Parco non è però qui messa in discussione, essendo il padrone del vapore e dell’oggetto di culto di cui gli altri soggetti autorevoli sono chiamati a valutarne lo stato di salute.
Ogni scarrafone è bello a mamma sua.
Fatto si è che il lago turchino, oops, turchese del Sorapis e i ghiacciai (be’, insomma, i pezzi di ghiaccio) che lo alimentano “rappresentano un ambiente sempre più vulnerabili“. (anche qui: un ambiente… vulnerabili è un po’ come siamo una squadra fortissimi: ogni tanto cambiatelo no!, quel cazzo di cane che usate per scrivere ‘ste robe).
Tale Michele Da Pozzo, direttore Parco delle Dolomiti d’Ampezzo, spiega. «Da qualche tempo il turismo è andato aumentando. I cambiamenti climatici e la sempre maggior frequentazione di certi ambienti dolomitici hanno investito in maniera accelerata questo territorio, ponendoci di fronte a problemi seri di conservazione e dubbi sulla sostenibilità della frequentazione turistica».
Be’ dai, oltre al crollo demografico abbiamo un altro problema con cui esercitare l’opponibilità del pollice e stuzzicare le impigrite sinapsi.
Siamo presi tra due fuochi: “se da un lato i cambiamento (i cambiamento: è sempre quel cazzo di cane che non funziona. Ribadisco: ogni tanto cambiatelo!) climatico sta riducendo i tre ghiacciai (il che potrebbe portare perfino alla sparizione del lago)“… . Capite di quale disastro potremmo essere spettatori? Non solo corriamo il rischio che la biodiversità si estingua, ma anche l’esistenza stessa del lago in quanto lago è in forse (se solo il cambiamento climatico si desse un po’ più da fare, costringendo i ghiacciai, tre, a ridursi ancora).
Potrebbero, gli autorevoli studiosi, in assenza dei ghiacciai, confermarci almeno la possibilità di vedere il lago per un breve periodo a seguito dello scioglimento della neve, chessò, fino alla prima settimana di luglio, o dobbiamo temere che la neve sublimi privandoci anche di codesta misera speranza?
Dicevamo di essere tra due fuochi: oltre all’ablazione dei ghiacciai, “a complicare il quadro ci sono proprio i vacanzieri. Soprattutto quelli «cafoni». «Si tuffano nel Sorapis e fanno fare il bagno ai loro cani – prosegue Da Pozzo – col rischio di alterare l’equilibrio delle acque. “.
E’ come la pubblicità del panettone: tuffati nel Sorapis, è morbido!
Gli esperti del settore sanno benissimo che il turista è un viaggiatore andato a male: sì, è lo stato decomposto o in via di decomposizione del viaggiatore (che è per natura progressista). Questo è il turista. Se poi il turista è anche “cafone”, capite con quale genìa abbiamo a che fare a quelle altitudini?
Che poi, davvero, li ho visti io, quei cafoni, tuffarsi nelle acque turchine, oops, turchesi, addirittura senza muta (l’acqua di fusione dei ghiacciai è, risaputamente, tiepida, financo calda), per poi sdraiarsi sull’afosa riva e sorbire il mojito d’ordinanza.
Sì, è vero, qualcuno giracchia con l’acqua fino al ginocchio sollevando il limo bentonico rompendo, effettivamente, i coglioni alla biodiversità. E risponde al vero che anche i cani, anche loro senza muta, lasciati liberi dai rispettivi proprietari (intenti a bersi il mojito) si facciano il bagno rincorrendo bonariamente i lucci, le carpe e, talvolta, anche Nessie. Tutto vero.
Che fare, dunque?
“di certo occorre frenare l’afflusso turistico. Lo stiamo facendo sia attraverso i divieti di balneazione e i controlli da parte della Forestale, sia rendendo meno comodo raggiungere l’area. Proprio per questo abbiamo accantonato il progetto di allargare il parcheggio sul passo Tre Croci».
Colpo di genio 1: divieto di balneazione. Da quando è stato introdotto il divieto di rubare… furti e rapine a zero. Per i renitenti, controlli della Forestale. E’ bello sapere che la Forestale vigila (e poi lo fa con mezzi sostenibili: le e-bike). E poi sei mesi di galera, immersi fino ai coglioni -compresi-, nell’acqua di fusione del ghiacciaio (per l’altro genere, quello sprovvisto di coglioni, è allo studio una misura di pari severità).
Ma il colpo di genio 2 è super: rendere meno comodo il raggiungimento dell’area. Come? Accantonando il progetto di allargare il parcheggio sul passo.
E qui, il genio, sovrastato dalla sua stessa genialità, non comprende che ha la soluzione definitiva (e geniale) a portata di mano: non solo fare a meno di allargare il parcheggio (che di per sé è un’idea del cazzo), ma togliere quelli esistenti (o limitarli al minimissimo), oltre a mettere a lato strada, lì dove ci sono le piazzole, massi di corporatura ciclopica quel tanto che basta per impedire il parcheggio delle auto evitando che si possano spostare all’uopo.
Attenti però ai turisti, soprattutto a quelli cafoni, che potrebbero spingere FlixBus ad organizzare spedizioni ad hoc, con servizio di monitoraggio e allertamento antiforestale e, naturalmente, offerta di tavole da surf per una più appagante cafocanza.