il 24 e 25 febbraio vota il P.U.D.€., Partito Unico dell’Euro /2
Per eventuali chiarimenti consultare il 24 e 25 febbraio vota il P.U.D.€., Partito Unico dell’Euro /1:
Per eventuali chiarimenti consultare il 24 e 25 febbraio vota il P.U.D.€., Partito Unico dell’Euro /1:
Già, me ne dimenticavo. In questa campagna elettorale nessuno ha parlato dell’euro, neanche FARE per Fermare il Declino (neanche citato nei 10 punti del programma). Vedrete che non passerà molto tempo e l’euro darà il meglio di se stesso riducendoci in mutande, forse (nel senso che – forse – non ci resteranno neanche quelle).
Lo dicevo anche parlando della mia adesione a FARE:
Purtroppo [quelli di FARE, ndr] sono europeisti e credono nell’euro. E’ vero. Io invece lo odio, l’euro. E odio anche quella baldraccona d’Europa. Ma ho ragione io. E se ne accorgeranno anche loro – nessuno è perfetto -, perché l’euro non durerà per più di tre anni (sempre che la Germania non cambi atteggiamento, ma non lo farà). […]
Se all’ultimo momento vi coglie l’ansia di non sapere per chi votare, date retta a me, andate a votare comunque, chiunque, tranne Scelta Elitica (così rispettiamo il silenzio elettorale 🙂 …). C’è un motivo chiaro: più siamo a votare e più è facile che la lista di Mont Blanc (detto anche La Montaigne, Mario il Breve, Ipson de la Boccon …) vada sotto il 10% e così, oltre alla soddisfazione di contenere le velleità inciucianti del grigio ragioniere, ci sbarazzeremo anche – e con sommo gaudio – di quei due fetecchioni di Les Bordellon e di Lupin de Montecarló.
Se proprio non sapete chi votare, votate il PUD€, Partito Unico dell’Euro:
Sono uno di quelli che ha molto apprezzato l’abilità e la finezza politica del Presidente Napolitano allorquando nominò Mario Monti senatore a vita. In quei frangenti drammatici, con lo spread quasi a quota 600 e la prospettiva immanente per lo Stato di non essere in grado di pagare stipendi e pensioni, mi sono detto: ‘vuoi vedere che il laticlavio di senatore a vita presuppone e sarà propedeutico ad un governo tecnico guidato dallo stesso Prof. Monti?’ Era perfino facile prevederlo! Ed infatti, di lì a pochi giorni, Monti sostituì l’Unto del Signore e subito, come per incanto, l’immagine dell’Italia nel mondo cambiò in positivo (complici, magari, le pressioni della cancelliera tedesca e del presidente USA, i quali vedevano come fumo negli occhi il nostro ‘catramato’ ex presidente del Consiglio).
E fu cambio certamente vantaggioso, vuoi per la autorevolezza e la caratura intellettuale dell’ex rettore bocconiano, vuoi per la sua preparazione scientifica in campo economico e della finanza pubblica. Vedendolo però all’opera nei mesi successivi, il mio giudizio positivo è andato via via scemando, anche se di attenuanti il professore ne può annoverare parecchie: la maggioranza spuria ed eterogenea che lo sostiene, i vincoli europei che costituiscono, alle volte, autentiche remore procedurali e non solo, la indubbia gravità della situazione economico-finanziaria e sociale e la eccezionalità della crisi che tuttora ci attanaglia ecc. ecc.
Tuttavia, a mano a mano che la situazione evolveva, mi sono sempre più avveduto che certe scelte sono state e sono davvero opinabili e non occorreva certo essere l’élite universitaria del nostro paese (parlo dello stesso Monti e dei vari Fornero, Passera, Profumo ecc.) per produrre provvedimenti che hanno lasciato sconcerto e perplessità nei cittadini, in particolare nei ceti meno abbienti. Basti pensare alla farsa sui così detti ‘esodati’ ed alle incredibili giustificazioni addotte per non introdurre una vera patrimoniale (leggi:veto berlusconiano). E di esempi non propriamente encomiabili se ne potrebbero fare molti altri ancora.
Quello che però trovo inspiegabile in un uomo della levatura dell’attuale Presidente del Consiglio è la qualità del recente DDL sulla così detta ‘stabilità’, che dovrebbe consentire l’agognato raggiungimento della parità di bilancio nel 2013. Provvedimento sul quale sono piovuti giusti rilievi e critiche, particolarmente in riferimento alla parziale revisione prevista in materia fiscale. Martedì scorso abbiamo potuto assistere in diretta, durante la trasmissione televisiva ‘Ballarò’ ,ad una magra figura fatta dal sottosegretario all’Economia Dott. Polillo, il quale si era permesso di anticipare (sbagliando!) il contenuto dei possibili tagli alle aliquote minime IRPEF. Subito pervenne, in trasmissione, la dura, risentita smentita del Presidente Monti (era in corso il Consiglio dei ministri) che sconfessava platealmente il povero, sprovveduto sottosegretario.
Ma la farsa si raggiunse un po’ più tardi quando un comunicato della Presidenza annunciava e confermava quanto anticipato dall’esterrefatto Polillo. Monti insomma smentì sè stesso ed acconsentì a quanto, solo poco prima, aveva negato. Nel merito comunque, ed al di là della farsa, il provvedimento risulta furbesco e perfino controproducente rispetto agli stessi fini che si proponeva. ‘Ecco, vedete cari italiani, sono riuscito perfino a ritoccare, in senso a voi favorevole, le tasse prossimo-venture’, sembra dire l’occhialuto, astuto professore. Ma non è così! Proviamo ad entrare un po’ nel merito della vexata quaestio. Il taglio di un punto sulle due aliquote minime porterà ad un risparmio, per ogni contribuente, fino ad un massimo di 280 Euro (150 sulla prima aliquota fino a 15000 euro e 130 sulla seconda aliquota da 15000 a 28000 euro).
Il Consiglio dei ministri ha però adottato la tecnica del DARE (poco) e del PRENDERE (molto) e, oggettivamente, il” prendere” surclassa di molto il beneficio dell’alleggerimento delle aliquote minime. Infatti, sono state riviste quasi tutte le detrazioni e deduzioni ed è stata introdotta, per ogni voce di spesa ammessa, la franchigia di Euro 250 (esclusa, sembra, la spesa sanitaria). In più, è stato previsto un tetto massimo di deducibilità nella misura di Euro 3000 (sembra, sempre escluse le spese sanitarie). Quindi, se un contribuente ha 5 voci di spesa e di oneri detraibili e/o deducibili, il danno che questo contribuente si ritroverà sarà pari al 19% su 1250 euro, ossia euro 237,50 (si pensi agli oneri per interessi sul mutuo prima casa, oppure alle tasse universitarie per il figlio studente, oppure alle liberalità ecc.). Se a questo aggiungiamo la penalizzazione costituita dal tetto massimo ammissibile di 3000 euro, vediamo subito che la contabilità del nostro contribuente sarà in netta perdita rispetto al passato.
Perdita che si aggraverà se teniamo conto dell’introduzione dell’incremento di un punto sull’IVA, cosa che peserà enormemente sul carrello della spesa di ognuno di noi. In quanto al principio di equità, appare opportuno sottolineare che gli ‘incapienti’, coloro cioè che risultano titolari di un reddito inferiore al minimo tassabile, non godranno di alcun beneficio dall’alleggerimento della due aliquote, in compenso subiranno però la maggiorazione dell’IVA, che-attenzione!-sarà sì di un punto in termini virtuali ma maschererà un processo lievitativo dei prezzi ben superiore in termini reali .
Caro Prof. Monti, così proprio non ci siamo! Sarebbe questa la politica ispirata all’equità? Il rigore poi sembra applicato a senso unico, tutto a carico dei poveri cristi a reddito fisso…
Era tempo che non parlavo più dei tecnocialtroni e del loro capo, Monti. Costoro sono stati costretti a rivedere le stime del PIL. A marzo il Governo (parola grossa) aveva posto a -1.2% la contrazione del medesimo, quando il FMI della Lagarde lo vedeva almeno a -2,2% (ed anche Giavazzi, riferendosi ai maggiori investitori internazionali, dava una mediana del -3%).
I tecnocialtroni hanno ora dovuto rivedere al ribasso le stime: -2,4%. Hanno sbagliato solo del doppio, ma per me meritano di essere considerati … tecnocialtroni 2.
Nessuno esclude, anzi è per me probabile, che l’anno si chiuda anche peggio. Merito sovrano della tassazione da rapina imposta a gente e imprese e dei tagli annunciati ma non praticati. E c’è qualcuno che vuole anche un Monti-bis. Cose de mati.
Premessa: il discorso (lunghetto) che segue non è sui “massimi sistemi”, provo ad affrontare la questione “leggendaria” per la quale le province autonome di Trento e Bolzano “prendono un sacco di soldi dallo Stato italiano”. Che le province autonome siano in grado di trattenere per sé, come in ogni buon federalismo, la maggior parte delle imposte raccolte sul proprio territorio – in questpo caso il 90% -, è cosa nota. Ma nel fare questo – è chiaro – non stanno ricevendo soldi dallo stato, stanno usando le proprie risorse.
Già mi vien da ridere per il fatto che un lettore si appelli a Mario Monti pensando, perché è questo che pensa questo lettore, di veder così risolto il problema. Ormai l’abbiamo capito in tanti che Monti è un professorino furbetto, con approssimative conoscenze di economia ma con vistose inclinazioni politicanti: un vuoto a perdere con una ereditata buona credibilità a livello europeo.
Ma andiamo avanti. C’è dunque un lettore che su Lettera 43 si vede pubblicata una propria lettera/appello:
Trento e Bolzano, stop ai privilegi – Appello di un lettore a Monti contro la Casta delle Province autonome
Tale lettore indica alcune osservazioni di un sindaco, quello di Soave, che non dovrebbero rimanere inascoltate:
[…] Il «grido di dolore» di un sindaco del Veneto non può rimanere inascoltato, anche perché chi meglio di lui può conoscere la realtà (idilliaca per i vantaggi di cui godono) di Province e Regioni autonome confinanti?
Avete capito bene. Secondo questo lettore quindi, “chi meglio di lui” può conoscere questa realtà? Sembra, quindi, che basti essere diventato sindaco per conoscere tutto quello che circonda la territorialità di cui si è venuti a “capo”. Invece, purtroppo, i sindaci sono lì a dimostrare, se mai ce ne fosse il bisogno, che anche loro possono essere emerite teste di cavolo: esempi ne saltano fuori ogni giorno, costantemente.
Il Nostro, citando il sindaco, si produce poi in un’affermazione “stroncante”:
[…] Infatti, Trento e Bolzano godono di risorse e di benefit che non sono concessi ad altre Province e non è più accettabile che gli italiani paghino tasse per mantenere certi privilegi. E proprio per dare un segnale in questo momento di crisi, Gambaretto chiede al governo Monti che «si smetta di prelevare i soldi provenienti dalle tasse, per trasferirli, in misura che nemmeno possiamo immaginare, a Trento e Bolzano».
Ed ancora il sindaco di Soave:
«Chi le vuole [le province autonome ndr] ancora sostenere in Italia si faccia avanti e abbia il coraggio di dirlo. Io dico basta. Dovremmo iniziare a tenerci i soldi che ci vengono tolti, per essere destinati a Trento e Bolzano».
Lo ho già detto in altre circostanze: ma vi pare sensato che invece che indirizzare le attenzioni verso lo Stato che rapina il cittadino del nord (dilapidando poi queste risorse), ci si voglia accanire contro Trento e Bolzano che, per nostra fortuna, sono lì a dimostrare con la loro esistenza quale sia il cammino virtuoso verso cui procedere?
Non vi è dubbio che all’interno delle macchine autonome di Trento e Bolzano vi siano delle aree di “spreco” (stipendi dei dipendenti pubblici, per esempio), ma queste situazioni sono controbilanciate (eccome se lo sono) da una diffusa e pervasiva capacità gestionale che pone il territorio e la gente che lo abita al primo posto.
Ma torniamo alla leggenda di Trento e Bolzano che prendono dallo stato un sacco di soldi.
Per stabilire quanto sia vera questa affermazione, che deve comunque valere per ognuna delle regioni italiane, non solo per le province autonome, bisogna ricorrere ai dati dei CPT, Conti Pubblici Territoriali. Invero la cosa non è così semplice perché le modalità di attribuzione della spesa pubblica, la sua regionalizzazione, non è una operazione “immediata” (qui le note metodologiche).
Che io sappia non vi sono in giro grandi lavori sui CPT che siano andati ad analizzare come si comportano le spese e le entrate regione per regione confrontandole fra loro. Fra questi c’è un articolo di Lodovico Pizzati pubblicato su noisefromamerika nel maggio 2010 (serie storica dei dati dal 1996 al 2007). In questo articolo Pizzati costruisce un confronto decennale sui dati CPT regione per regione. Qui riporto una elaborazione dei grafici che includono il Veneto, il Trentino, l’Alto Adige e la Sicilia.
Cosa dicono questi dati? Che il Veneto dà costantemente allo stato italiano più di quanto da esso riceva (in buona compagnia con tutto il nord), che la Sicilia fa il contrario (in buona compagnia con tutto il sud), che il Trentino e l’Alto Adige ricevono sì di più, ma in quantità piuttosto contenute (sia per capita che in senso assoluto essendo “regioni” moderatamente popolate). Pizzati stabilisce in ±1000 € per capita il limite del residuo fiscale entro il quale la regione è ritenuta “neutra” (il limite di 1000 € può essere ritenuto un residuo fiscale “marginale”); oltre questo limite le regioni sono da ritenersi o virtuose (verdi) o parassite (rosse). La media decennale del residuo fiscale è per il Trentino di +872 € per capita e per l’Alto Adige +449 € per capita, con la tendenza negli ultimi anni, per entrambe, ad un azzeramento del residuo.
Ora, un sindaco con capacità di comprendonio medie capirebbe che certe assurde invettive non dovrebbero essere rivolte verso chi presenta residui fiscali contenuti, negli ultimi anni prossimi a zero se non addirittura con entrate superiori alle spese, ma vanno rivolte – ed energicamente – verso tutte le regioni “in rosso” (profondo rosso) che stanno mungendo da anni in maniera assatanata le regioni “in verde”. Senza tener conto che, anche fosse vero che il TAA riceve dallo stato italiano tanti soldi “che nemmeno possiamo immaginare“, gli splendidi risultati di questa generosità italica sarebbero (sono) sotto gli occhi di tutti, mentre il vero e proprio fiume di denaro che davvero bagna il sud è dissipato che … neanche in Sud America.
Bene. Che senso ha, quindi, l’affermazione del sindaco di Soave (creduta vera da tanti altri primi cittadini su base leggendaria)?:
«si smetta di prelevare i soldi provenienti dalle tasse, per trasferirli, in misura che nemmeno possiamo immaginare, a Trento e Bolzano».
Pura, semplice e crassa ignoranza. A meno che non dimostri, lui o chi per lui, che le cose non stanno così come qui comprovato.
Grafici: noisefromamerika – L. Pizzati
Non fosse stata firmata anche da Nicola Rossi (presidente della Fondazione Istituto Bruno Leoni), neanche l’avrei letta la proposta di legge per l’istituzione dell’Agenzia delle Uscite che ha come primo firmatario quel vuoto a perdere del senatore bellunese Fistarol.
Chiamata a gran voce come soluzione (timida) dello sperpero italico e soprattutto – e questo la fa piacere al volgo – come contrappeso all’Agenzia delle Entrate, la proposta dell’Agenzia delle Uscite si è avviata nel cammino parlamentare. Perché l’AdU sarebbe ben vista dall’opinione pubblica dei tartassati dall’AdE? Lo spiega Enrico Zanetti su Linkiesta (accanito sponsor dell’idea: fra gli altri uno e due ):
[…] Non ci stancheremo mai di ripeterlo: per creare consenso sociale attorno all’Agenzia delle Entrate, che fa il suo lavoro meno peggio di tante altre articolazioni dello Stato, serve, oltre ad una revisione della spesa che consenta di invertire il trend sulla pressione fiscale, anche un’Agenzia delle Uscite con poteri esecutivi e coercitivi nei confronti di politici e dirigenti pubblici almeno comparabili a quelli che lo Stato applica sui suoi cittadini contribuenti.
In poche parole, la famosa mazza da baseball che il tartassato si ritrova ben piantata nelle terga in virtù delle eroiche gesta dell’AdE, sarebbe alla fine accettata con più entusiasmo se lo stesso tartassato venisse a sapere che la ipotetica AdU – dotata di poteri esecutivi e coercitivi nei confronti di politici e dirigenti pubblici pari a quelli che l’AdE (vedi mazza da baseball) – se la sta prendendo, appunto, con politici e dirigenti spendaccioni.
Nelle intenzioni la proposta parrebbe sensata, ma siamo in Italia, quindi il pericolo di un nuovo carrozzone (costoso) è dietro l’angolo. Io sarei d’accordo ad una condizione: a guidare l’agenzia ci devono andare i tartassati, quelli che camminano tutti i giorni con la mazza da baseball fra le gambe – lato entrate, è il caso di dire – che proprio per questo avrebbero il giusto grado di accanimento nei confronti di chi oggi – dentro alla macchina dello Stato, lato uscite – produce sprechi in quantità industriale. E con veri pieni poteri. Ne salterebbe fuori una situazione tipo El pueblo unido jamàs serà vencido!
Sensatamente, colgo un lapidario quanto graffiante commento di Seminerio che, riguardo all’Agenzia delle uscite ebbe a scrivere:
[…] Proposta anche la creazione di una “agenzia delle Uscite”, per controllare la spesa. Abbiamo una notizia per i proponenti di questa rivoluzione tolemaica: l’Agenzia delle Uscite esiste già, si chiama Tesoro.