Non so cosa abbia veramente detto tale Morandini, direttora della fondazione Dolomiti-Unesco, alla conferenza stampa per il decennale del Patrimonio, ma, come visto (qui e quo), l’Ansa, e di conseguenza i vari giornalai, hanno dato la notizia secondo la quale vi è stata per le Dolomiti, nel decennio trascorso, cioè da quando le Dolomiti stesse sono diventate un bene Unesco, una crescita del turismo del 10%.
Parlare di crescita del turismo non vuol dire un bel niente se non si fa riferimento a cosa sia cresciuto. Nel caso di specie la direttora ha parlato di “presenze”, cioè notti trascorse negli esercizi d’accoglienza. Il passo successivo, ovviamente, è individuare quale sia la tipologia di esercizio cui si attribuisce l’aumento delle presenze. Potrebbero essere “tutte le tipologie di accoglienza” (alberghiere ed extra-alberghiere), nel qual caso si sarebbe autorizzati a dire che il turismo (detto in senso lato) delle Dolomiti, ossia le presenze in tale contesto, sono aumentate del 10%.
Ma, nella realtà fattuale, qual è dunque la tipologia di accoglienza alla quale faceva riferimento la direttora? Noi, in uno dei post citati, avevamo avanzato un dubbio:
Non è che per distillare quel dichiarato aumento di presenze del 10% si siano interpellati, chessò, così, per puro caso, i rifugisti?
Ora, sull’Amico del Popolo n. 25 del 20 giugno 2019 è riportata un’intervista condotta dal settimanale nella quale la direttora afferma che:
E non c’è gestore di rifugio con cui io parli che non affermi con assoluta tranquillità che da quando le Dolomiti sono state inserite nel Patrimonio Unesco si sta registrando una crescita a due cifre, quindi superiore al 10%. Con turisti che provengono da tutto il mondo, con punte anche del 90% di presenze straniere.
Ecco quindi che la crescita del 10% strombazzata come “boom per il turismo” sulle “Dolomiti a marchio Unesco” (peraltro, come sottolineato, anche supponendo che sia veritiero, un boom del 10% in 10 anni è un boom…ettino se non un boom-ettuccolo) non è altro che una stima un tanto al chilo (più probabilmente al quintale) delle presenze nei rifugi di montagna effettuata col metodo Peoceto (ciò Bepi, senti qua, cossa te me sa dir de…).
Perché nel decennale del bene Unesco patrimonio dell’umanità (e così spero sia di voi) la Sfondazione Fondazione non ricorre alle statistiche ufficiali delle presenze registrate nell’areale popolato dalle genti dolomitiche, preferendo fare riferimento a stime un tanto al chilo relative ad un solo segmento, quello dei rifugi di montagna, della ben più articolata offerta turistica disponibile tra le Dolomiti?
(noi una vaga idea ce l’abbiamo…)