Di Ansa ce n’è una sola. Già messi a dura prova dalle valutazioni quanto meno affrettate sui tempi di realizzo dei progetti della Fondazione Dolomiti-Unesco (solo ieri: “Quattro anni dopo il riconoscimento Unesco sono gia’ pronti vari progetti …”), l’Ansa ci riprova con un altro messaggio subliminale che questa volta ha valenza nazziunale:
Turismo: Italia a rischio retrocessione
Dietro Inghilterra e Germania. Nel 2013 fatturati giu’ del 7%
(ANSA) – ROMA, 30 MAG – L’Italia si posiziona al quinto posto nella graduatoria mondiale degli arrivi turistici (la Francia è al primo) ma rischia di retrocedere dietro Inghilterra e Germania che certo non hanno il patrimonio culturale del nostro Paese. A sostenerlo è il professor Josep Ejarque, amministratore delegato FourTourism, in occasione dei venti anni di Federturismo-Confindustria. Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, ha spiegato che per il 2013 le imprese temono un calo del 7% dei fatturati.
Secondo quanto riportato dall’agenzia, che cita il professor Tal dei Tali, lo stivalone correrebbe addirittura il rischio “di retrocedere dietro Inghilterra e Germania che certo non hanno il patrimonio culturale del nostro Paese”. Siccome l’argomentazione tira in ballo la “graduatoria mondiale degli arrivi turistici”, potrebbe spiegare, l’Ansa, cosa dovrebbe succedere all’Italia, che fa 46 milioni di arrivi, per retrocedere dietro alla Gran Bretagna (altra imprecisione: non Inghilterra, Gran Bretagna) che di milioni di arrivi ne fa 29 (dati UNWTO 2011) ?
Peste bubbonica, secessione del Nord, invasione di cavallette e locuste? Quale altro flagello dovrebbe accadere per farci precipitare così in basso?
In realtà, per quanto sorprendente possa apparire, la retrocessione paventata potrebbe essere un evento veritiero: ma non in relazione agli arrivi, come si è portati a dedurre da quanto scritto non proprio limpidamente dall’Ansa, bensì in relazione alle entrate legate al turismo che per l’Italia valgono 43 miliardi di dollari e per la Germania 38,8 (sempre dati UNWTO riferiti al 2011), qualora quelle dell’Italia si contraessero e quelle della Germania si ampliassero (ben difficilmente potremmo retrocedere dietro alla Gran Bretagna, quotata a 35,9 miliardi di dollari). Non oso immaginare i ricami dei giornali che hanno ripreso la notizia.