di Giuseppe Zanella
Atanasio Zanella, 1° maresciallo pilota, ben può essere annoverato fra le figure che hanno dato lustro al nostro paese. Uomo di saldi principi, di incrollabile fede nei valori religiosi e civili, il nostro era animato da fervido amor di patria e da una indomita volontà di affermazione di tale suo sentimento da concretizzare e perseguire mediante l’inserimento al servizio militare nei quadri dell’arma azzurra (da sempre la sua vera passione era quella di cimentarsi nel volo). Atanasio nasce la Lozzo da Lorenzo Zanella Lè e da Eugenia De Meio Camila, primogenito di ben sei figli.
Pur trattandosi di famiglia di estrazione decorosa, le disponibilità economiche del tempo erano invero assai limitate e, pertanto, anche la scolarità a livello superiore indubbiamente ne risentiva; nel 1933 il giovane coglie provvidenzialmente l’occasione di un bando di arruolamento indetto dal Ministero della Guerra ed a 18 anni si ritrova aviere. La sua carriera evolve in modo rapido data la sua versatilità, intelligenza e determinazione ed i suoi trasferimenti nelle varie scuole aereonautiche della penisola saranno numerosi. Tralasciando l’ordine cronologico, citiamo soltanto alcune di queste basilari tappe nella formazione tecnico-professionale del nostro concittadino:
Scuola di pilotaggio di Roma-Lido; scuola di pilotaggio di Portorose per addestramento su idrovolanti (due diversi periodi); scuola di pilotaggio di Pola per addestramento su apparecchi da ricognizione marittima; scuola di pilotaggio di Brindisi.
Atanasio viene anche trasferito, per non breve periodo, in Cirenaica, nelle basi di Tripoli e di Bengasi ed anche in Albania, nella base di Durazzo. Durante il periodo bellico, ormai esperto in tutte le tecniche di volo, lo Zanella combatte, quale pilota della 145° squadriglia, nei cieli del Mediterraneo (periodo dal 4.6.1940 al 30.4.1941), contro i caccia britannici fungenti da scorta ai convogli navali diretti a Malta e ad Alessandria d’Egitto. Egli si distingue anche con azioni di “ricognizione marittima lontana” (dalla base di Brindisi). Dal 10.3.1943 all’8.9.1943 farà parte dell’85° gruppo dislocato prima a Stagnoni di Marsala e poi a Taranto. Né vanno dimenticati i suoi pregressi trasferimenti in Germania quale collaudatore, in esecuzione di un accordo integrativo bilaterale fra le due forse aeree dell’asse.
Dal foglio matricolare e dal suo libretto di volo si evince che le sue ore complessive di navigazione aerea sono state ben 1498,28, delle quali ben 756,20 in azioni di guerra ed è proprio sul “mare nostrum” che Atanasio compie le sue più ardimentose gesta, meritandosi promozioni, encomi e conferimenti di medaglie al valore. I rapporti informativi, redatti nel 1948 da due degli ex comandanti dello Zanella – il ten.col. pilota Giovanni De Vito ed il maggiore pilota Domenico Russo – parlano del nostro in termini lusinghieri. Leggiamo così che Atanasio “è in possesso di qualità fisiche, intellettuali, morali, militari e tecnico-professionali e di carattere ottime sotto ogni riguardo”; che si tratta di “pilota eccezionale e di combattente di raro ardimento”; “di elemento dalla spiccata personalità, che si impone alla generale stima e considerazione di superiori e pari grado ed al rispetto dei subordinati”.
Il maggiore Russo, in particolare, tratteggia così le qualità del concittadino: “elemento dalla intelligenza vivace, che assomma ad uno spiccato senso di amor proprio e di volontà, una duttilità di carattere che lo rende perfettamente disciplinato. Irreprensibile, educatissimo nella vita privata e militare, leale, franco e generoso…”. Ecco l’elenco delle ricompense al V.M. e delle onorificenze ottenute da Atanasio: medaglia d’argento al V.M. (con motivazioni superlative in fatto di competenza, coraggio, perizia e sprezzo del pericolo); ben 4 croci di guerra al V.M.; medaglie di bronzo, d’argento e d’oro per meriti acquisiti di lunga navigazione aerea; distintivo d’onore di 3° grado all’equipaggio per ben 285 azioni di guerra per complessive 756,20 ore totali.
Nel 1944, a seguito delle note vicende politico-militari, Atanasio ed i suoi commilitoni vengono sospesi dal servizio per “cause di forza maggiore”. Egli quindi si ritira a Lozzo e la sospensione durerà dal 1944 al 1951. Interessanti le qualifiche attribuite alla suddetta sospensione nei vari lassi temporali a seconda delle contingenze politico-amministrative di quel tormentoso momento. Ritroviamo le attribuzioni di: “sbandato”, “in licenza a disposizione”, “sfollato”, “in licenza in attesa di reimpiego”. Fu questo, per il giovane sottoufficiale, sotto il profilo sentimentale, un periodo felice dato dall’incontro con la donna della sua vita, l’insegnante Luigina Da Ru dalla bellezza raffinata, dall’animo sensibile, dall’acuta intelligenza, come è ben descritto nel profilo tracciato da chi scrive nel maggio 2004 a ricordo di questa figura d’altri tempi, capace di sentimenti delicati e coinvolgenti. E fu unione felice, come si evince dal romanzo di natura autobiografica, scritto dalla stessa sig.ra Da Ru, dal significativo titolo: “Le speranze di Elisa”.
E’ un libro che si legge tutto d’un fiato e che mette in luce, tra l’altro, le qualità di quello che sarebbe divenuto un marito innamoratissimo, tenero, devoto e dalla sensibilità e finezza d’animo senza pari. Fino al Novembre 1951, Atanasio svolge mansioni di titolare di un laboratorio ottico, con cura diretta delle vendite. Ma verso la fine del 1951 egli viene finalmente convocato dall’Aereonautica (siamo in fase di ricostituzione dell’Arma, in piena guerra fredda) e prende servizio in quel di Padova, presso la 2° zona aerea/aeroporto Gino Allegri. Alla moglie, in un primo momento, farà credere che l’età avrebbe consentito per lui soltanto un lavoro di routine, all’interno della struttura. Ma la finzione, volta a tranquillizzare l’adorata consorte, durerà poco. Belle, elegiache le pagine del romanzo narranti la loro bella “storia” con riferimenti anche alle vacanze estive trascorse sempre in Cadore.
Commovente la citazione del passaggio a bassa quota sul paese da parte del nostro pilota per un saluto a moglie, figlio, parenti e concittadini (lo scrivente ricorda perfettamente l’episodio del quale a Lozzo si parlò per diverso tempo). Doveva però sopraggiungere quel fatidico 18.5.1959 con l’ultimo volo programmato prima della quiescenza. Già la dolce sig.ra Luigina aveva avuto segnali premonitori, con analogo incidente occorso all’amico di famiglia, il comandante Casadei; e da quel momento ella viveva un patema d’animo, un triste presentimento, ed era giunta a pregare perfino che il tempo fosse sempre inclemente tanto da non consentire al marito di levarsi in volo. Quel 18.5.1959, purtroppo, un’avaria al motore costrinse Atanasio a dimostrare viepiù quell’eroismo già messo in luce in tante perigliose battaglie nei cieli di guerra.
Egli perse infatti minuti preziosi, prima per convincere il riottoso cap. Bruno Braccini che volava con lui a gettarsi con il paracadute (alla fine, costui si salverà seppur riportando varie ferite), poi – sopra la frazione di Stroppare in comune di Pozzonovo, zona che pullulava di case coloniche e fattorie – perse altri decisivi minuti per portare fuori dal raggio di caduta la casa colonica del sig. Settimo Capuzzo e mettere così in salvo quest’ultimo e l’intera sua famiglia. E questo atto di altruismo eroico non permise al nostro conterraneo di lanciarsi, a sua volta, con il paracadute ad altezza di sicurezza. Moriva così un uomo valoroso, doppiamente eroe (sia per gli episodi di guerra vissuti da intrepido combattente, sia per l’atto di generosità dimostrato nell’attimo estremo della propria esistenza).
E dalle pagine del romanzo autobiografico scritto dalla vedova si arguisce chiaramente come la tragedia abbia segnato un netto, drammatico spartiacque, un prima ed un dopo, purtroppo, nettamente distinti sia per la signora che per il giovanissimo figlio. Un ‘prima’ fatto di estasiata felicità, di un rapporto sublime, di una dolcezza amorosa impareggiabile, di un vivere in modo superlativo una relazione totalizzante inserita in un nucleo famigliare fatto di scambi di attenzioni, delicatezza ed affetto struggente e senza limiti, sentimenti tutti capaci di raggiungere vette indescrivibili di tenerezza, spiccata sensibilità e finezza d’animo.
Un ‘dopo’ caratterizzato dallo smarrimento per una tragedia repentina, per un vuoto incolmabile dato dall’assenza di un marito e padre così attento e sempre presente e sollecito nel sovvenire alle esigenze di una famiglia così indissolubilmente unita, di colui che viveva soltanto in funzione del bene per l’adorata sposa e per quell’unico figlioletto, luce dei propri occhi. Quel figlio divenuto ora esclusivo scopo di una esistenza femminile straziata ed improvvisamente incupita, senza la dolcissima presenza di un marito tanto premuroso, innamorato e tenero. Dalle pagine del su citato romanzo autobiografico, apprendiamo come, nei primi tempi dopo la tragedia, la sig.ra si fosse “costruita in casa un rifugio, per allontanarsi da tutti” e come “nessuno, nemmeno il Sole, dovesse profanare il suo dolore, che era soltanto suo ed aveva il diritto della sua intimità”.
Solo la notte riusciva a portarle un po’ di conforto ed era un sogno ricorrente. Il marito camminava al suo fianco e la teneva abbracciata (“ora starai sempre con me. Nessuno ci separerà”, le diceva). E se ne andavano per strade che non avevano mai fine… E lei era felice… (…). Ad un tratto, però, il marito spariva nel nulla, senza fare un cenno e lei si svegliava con il cuore che infuriava nel petto (…) Solo la scuola, solo il vivere in mezzo ai suoi ragazzi aveva il potere di lenire momentaneamente il dolore. E la cura del figlio, questo suo dover fare le veci anche del padre la riempiva di sgomento e la coinvolgeva fin nell’intimo, tanto da dedicarsi completamente a lui, al suo bambino, a proteggerlo ed a difenderlo in ogni situazione, con l’ossessione di non essere all’altezza di sostituirsi alla figura paterna già così idealizzata dal figlioletto.
Ed il trascorrere del tempo, anziché lenire il dolore, rendeva la sofferenza ed il vivido ricordo dell’amato sempre più presenti nell’animo della sig.ra, tanto da allontanare da sé la prospettiva -che pure le si era presentata- di ricostituirsi una vita affettiva; l’esperienza sentimentale vissuta con il marito era stata tale da rendere indelebile nel proprio cuore il sentimento d’amore nutrito per il consorte, per l’eroe buono e generoso che aveva saputo far vibrare il suo cuore di ragazza in un ‘incontro/colpo di fulmine’ così magistralmente descritto nel romanzo “Le Speranze di Elisa”.
NB. La sig.ra Zanella Da Ru aveva fatto istanza ai vertici delle Istituzioni perché, alla memoria del marito, fosse concessa una onorificenza al valore civile per il suo ultimo, estremo atto di coraggio. La richiesta della vedova per un doveroso riconoscimento di questo elevato atto di generosità dell’eroe è però, purtroppo, fin qui, rimasta priva di adeguato riscontro. Che almeno il paese che ha dato i natali al valoroso aviatore, possa, seppur tardivamente, supplire all’imperdonabile mancata gratitudine delle massime Istituzioni Statali.