il cardinale Bagnasco e il ‘retto vivere’
(da Fard Times)
Secondo me hanno fatto un corso, tutti assieme, appassionatamente. Credo sia così perché poi, quando schiudono le uova, la tiritera che riescono a produrre è sempre la stessa. Parlo dei sindakos.
L’ultimo ad apparire sulla scena è il vice di Longarone. Che si compiace, anche. Sennò, che gusto c’è. E gongola.
«Siamo il Comune con il più alto indice di crescita a livello di differenziata: siamo passati dal 42 al 76 per cento nell’arco di pochi mesi»
Gongola, di fronte a questi dati, il vice sindaco di Longarone, Luigino Olivier: il nuovo sistema di conferimento dei rifiuti sta dando i frutti sperati. E, per di più, è stato accolto con favore dalla popolazione. Lo confermano i risultati dell’indagine conoscitiva a cui si sono sottoposti circa 400 cittadini longaronesi: basti pensare che il 79% degli intervistati non ha avuto alcuna difficoltà ad adeguarsi al nuovo servizio di raccolta dell’umido e addirittura l’83% a quella del secco.
Lo so che di fronte al Vajont questo è niente. Però è una ‘disgrazia’. Piccola piccola, ma è una ‘disgrazia’ anche questa. Infatti …
Tuttavia, resta ancora qualche spigolo da limare: il 79% dei cittadini interpellati incontra diversi problemi nell’utilizzo dei sacchetti biodegradabili. Il motivo? Si rompono troppo facilmente.
Un problema di ordine supremo, che necessità un intervento … divino. E voilà la solusion:
A tale proposito, Olivier sta già correndo ai ripari: «Abbiamo chiesto alla società Ecomont di stilare un preventivo perché vorremmo acquistare dei sacchetti più resistenti».
Laggiù, dove osano le aquile!
(fonte Arpav)
Gli Open Data costituiranno una leva formidabile in mano alla gente, utilissima per monitorare il Territorio ed aiutare a prendere decisioni. Quando si parla di “federalismo”, per esempio, dovrebbe essere una consuetudine valutare quale sia la consistenza del concorso di ogni Regione alla formazione delle Entrate dello Stato e quale sia, invece, quella del concorso alla formazione della Spesa. Senza dati non vai da nessuna parte.
Chi si interessa di “federalismo fiscale” questi dati li conosce abbastanza bene, per quanto i conti su base territoriale siano ancora affetti da qualche problema (lacune nella disaggregazione per provincia, per esempio).
I dati raccolti nella tabella sottostante sono pubblicati nel libro di Giuseppe Bortolussi (Tassati e Mazziati, Sperling & Kupfer, 2011), segretario della GCIA di Mestre e rappresentano, per ogni Regione, le entrate e le spese pro capite riferite al 2007.
Per Entrate si intende la somma di tutti i soldi che il territorio (in questo caso la regione) versa allo Stato in virtù del prelievo fiscale e di entrate di altra natura; per Spese si intende la somma dei soldi che lo Stato torna al territorio sotto forma di risorse e servizi di varia natura (in realtà, parte del prelievo fiscale non “va fisicamente a Roma” ma resta nelle casse regionali oppure provinciali o comunali: nel 2008, per esempio, il 22% del prelievo fiscale era raccolto dalle amministrazioni periferiche – regioni, province e comuni – il restante 78% finiva nelle casse centrali).
Semplificando: in uno Stato federale “perfetto”, la raccolta delle tasse avverrebbe a carico delle amministrazioni periferiche. La Regione, poi, verserebbe la propria quota necessaria al funzionamento dello Stato “centrale”. Trascurando questa quota, immaginando fra le varie Regioni una situazione di perfetta equità, non vi è alcuna ragione per ritenere che i 100 euro raccolti dalla Regione-A non debbano restare, tutti e 100, a disposizione della medesima. Siccome l’Italia non è al momento uno Stato con assetto fiscale federale (nel quale si possono peraltro prevedere meccanismi per ridurre i divari territoriali), ecco come si presenta la situazione:
Regione | Entrate | Spese | Residuo fiscale |
(soldi versati dal territorio allo Stato) | (soldi che lo Stato torna al territorio) | (differenza tra Entrate e Spese) | |
Lombardia | 16.663 | 12.203 | 4.460 |
Lazio | 16.670 | 15.183 | 1.587 |
Veneto | 12.923 | 11.481 | 1.442 |
Emilia Romagna | 14.768 | 13.445 | 1.323 |
Piemonte | 13.596 | 13.316 | 280 |
Toscana | 13.076 | 13.289 | -213 |
Marche | 11.511 | 12.339 | -828 |
Friuli Venezia Giulia | 13.525 | 15.260 | -1.735 |
Liguria | 12.764 | 14.819 | -2.055 |
Trentino Alto Adige | 14.103 | 16.292 | -2.189 |
Abruzzo | 9.949 | 12.241 | -2.292 |
Umbria | 11.424 | 14.187 | -2.764 |
Campania | 7.582 | 10.568 | -2.986 |
Puglia | 7.370 | 10.729 | -3.358 |
Molise | 8.786 | 12.507 | -3.721 |
Basilicata | 8.026 | 12.203 | -4.177 |
Sardegna | 8.710 | 12.989 | -4.279 |
Sicilia | 7.497 | 11.825 | -4.328 |
Calabria | 7.737 | 12.295 | -4.557 |
Valle d’Aosta | 15.638 | 20.579 | -4.941 |
Totale (1) | 12.253 | 12.646 | -393 |
Valori in euro pro capite, 2007. Elaborazioni CGIA su dati ministero dello Sviluppo Economico.
(1) Per “Totale” si intende il valore pro capite riferito all’intera popolazione italiana
P.S.: i dati forniti, in particolare quelli attribuiti al Lazio (essendo la regione sede della macchina statale), sono stati sottoposti ad analisi da parte di Lodovico Pizzati che ne ha dato una diversa interpretazione che cercherò di illustrare in un prossimo post sull’argomento.
Una premessa doverosa riguardante l’epiteto (inetto) del titolo. Non c’entra niente con il significato di “inetto”. Salta fuori involontariamente, cercando di immaginare un diminutivo. Poteva essere Bond (ino) o Bond (inuccio) ma … è stato Bond (inetto). Perché un diminutivo? Ma sull’onda della coraggiosa proposta che Bond ha fatto a Cortina sul dimezzamento dello stipendio alla Casta regionale (ed eliminazione del vitalizio, però dalla prossima legislatura). Ho anch’io tentato di dimezzare, ed è uscito Bond (inetto), tutto qua, doverosamente premesso.
A Cortina, alla festa del Pdl, c’era anche il comitato referendario “Belluno Autonoma Dolomiti Regione“:
CORTINA. Piove a dirotto, ai piedi del Faloria. Ma gli uomini e le donne del “Comitato Belluno autonomo” non si fermano neppure di fronte ai maltempo. Arrivano poco dopo che Angelino Alfano, segretario del Pdl, si è affacciato all’Audipalace, ed espongono, all’esterno, i due striscioni giganti. Uno è quello che hanno portato a Calalzo, facendo scappare Bossi. “Via dal Veneto“, ammonisce. “Non prendeteci in giro, Belluno autonoma subito” proclama il secondo. I poliziotti lasciano fare. Sanno che Moreno Broccon e i suoi uomini sono persone tranquille. Tranquille ma tenaci.
«Alfano non può ricevervi subito, ma quando ha finito di parlare passerà da voi, per raccogliere le vostre istanze», rassicura Dario Bond, capogruppo regionale, incontrandoli sotto la pioggia. Passano poco meno di tre ore, loro sempre lì. Ed Alfano, alla fine, s’imbarca nella sua auto senza farsi loro incontro. «Lo immaginavamo», sospirano. Ma non se la prendono. Sorridono quando una signora passa davanti è dice: “Autonomia? No, unità”. «Ad Alfano», riassume Broccon, «se si fosse fermato, gli avremmo detto: siamo orgogliosi di ospitarla, ma le chiediamo di approfondire la nostra realtà. Anche lei capirebbe che questa terra ha bisogno di un’autonomia reale, mentre oggi corriamo il rischio del fallimento della nostra Provincia, perché dallo Stato non arrivano gli 8 milioni necessari a metterla in salvo. Eppure il Bellunese contribuisce con 800 milioni alle finanze dello Stato».
Ma il Nostro, dimezzatore-dimezzato, incalzato da quelli del Corriere delle Alpi … :
A margine del sit in, il capogruppo Bond commenta: «Il Comitato, anziché sollecitare il passaggio al Trentino Alto Adige, si schieri al nostro fianco contro l’autonomia e la specialità di queste Province, tra l’altro messe in sicurezza dalla Manovra finanziaria».
Forse frastornati, quelli del Corriere chiedono un commento ai “referendari” di Belluno Autonoma … :
Riportiamo l’argomentazione a chi regge lo striscione. «Macché, le province di Bolzano e Trento nessuno le toccherà. E proprio per questo noi vogliamo promuovere, insieme a loro, la Regione Dolomitica. Una Regione che oggi può diventare davvero una realtà, dal momento che ci sarà la soppressione delle Province». Un altro sogno, dunque, che si apre. […]. (fdm)
Hanno ragione in Trentino Alto Adige a tenere ben dritte le antenne e ritenere, come si sta ritenendo da un po’ di tempo a questa parte, che la loro Autonomia sia sotto tiro. Gli inetti, di tutti gli schieramenti, che non hanno saputo in tutti questi anni di governo affrancare questa terra dalla morsa soffocante dello Stato, ora se la prendono con le uniche Autonomie che, con fatica, rimangono a testimoniare che SÌ, si può vivere anche in montagna. Basta lasciare alla gente che la abita la libertà di darsi il governo che più ritiene idoneo al proprio sviluppo, insieme alle risorse da loro prodotte sul territorio. Si chiama Autonomia.
Ed ai bellunesi tocca semmai l’obbligo di difendere l’Autonomia del Trentino e dell’Alto Adige, sapendo che è l’unico modo per difendere se stessi ed il proprio futuro.
La secessione non è sempre il preludio all’indipendenza. Puoi secedere da A perché ti vuoi aggregare a B, per esempio. Vi possono essere ragioni di carattere storico che spingono in questa direzione, non fosse che per ricongiungere genti e popoli che le vicende storiche hanno magari diviso secoli prima.
La tensione all’indipendenza alimentata da motivazioni di carattere storico viene tuttavia affievolita dal tempo e dall’opera di omologazione che ogni Stato impone, non necessariamente con la forza, basti pensare alla televisione che è il mezzo di asservimento più potente di cui esso dispone. A spingere i cuori verso l’indipendenza, oltre alle giuste rivendicazioni e rievocazioni di carattere storico, bisogna che ci si metta la sfera economica.
Quando il quadro di predazione dello Stato nei confronti della realtà Territoriale cui tu fai riferimento viene ad assumere contorni abbastanza netti, allora la gente inizia a volgere lo sguardo verso l’autonomia. Se la Storia risuona ancora dei fasti passati o semplicemente risveglia una coscienza identitaria allora l’autonomia, che potrebbe bastare, assume sempre più le sembianze dell’Indipendenza.
Il Veneto non ha pozzi di petrolio, non ha giacimenti di risorse naturali che non siano la propria Storia e la bellezza del proprio territorio. Il Veneto ha tante braccia che lavorano, che rappresentano la propria ricchezza; non mancano i cervelli naturalmente, che però sono più inclini a coordinare le proprie braccia che lavorano piuttosto che a difendere la propria identità. Un istinto manifatturiero ancestrale. Quando sei troppo chino a lavorare, non ti accorgi facilmente di quello che ti succede attorno, oltre ad agevolare assalti che risultano sempre dolorosi. No, quei dolorini non sono emorroidi, hanno ancora approfittato di te.
La cura non è la preparazione H (il tiepido federalismo che forse verrà), la cura è l’Indipendenza.
Sempre che non dispiaccia a quelli di Repubblica che ci vogliono tutti “vicini vicini”.
Inizialmente, secessione non significa altro che spostare il controllo sulla ricchezza nazionale da un grande governo centrale ad uno più piccolo e regionale. Dipende in gran parte dalla politica regionale, se questo porterà a maggiore o minore integrazione economica e benessere. Comunque, la secessione di per sé ha un impatto positivo sulla produzione, perché una delle più importanti cause della secessione è che i secessionisti sono convinti che essi e il loro territorio siano stati sfruttati da altri. Gli sloveni si sentivano sistematicamente derubati dai serbi e dal governo centrale iugoslavo da questi dominato; i baltici non sopportavano di dover pagare le tasse ai russi e al governo russo dell’Unione Sovietica. In virtù della secessione, le relazioni nazionali egemoniche sono sostituite da relazioni estere contrattuali e mutuamente vantaggiose. Al posto dell’integrazione forzata si ha una separazione volontaria. […]
Consideriamo un singolo nucleo familiare come la più piccola unità secessionista immaginabile. Adottando un regime di libero scambio illimitato, persino il più piccolo dei territori può essere pienamente integrato nel mercato mondiale e usufruire di tutti i vantaggi della divisione del lavoro, e i suoi proprietari potranno diventare le persone più ricche del mondo. D’altra parte, se il capo dello stesso nucleo familiare decide di evitare completamente qualsiasi commercio infraterritoriale, ne conseguiranno la più nera miseria e la morte. Di conseguenza, più un paese e il suo mercato interno sono piccoli, più è probabile che esso opti per il mercato libero. […]
(articolo intero su The Front Page Per la secessione. Passi tratti dal libro: Democrazia: il dio che ha fallito di Hans-Hermann Hoppe.