Il Post prova a descrivere perché MM, che non ha ancora finito di digerire il cotechino che la moglie gli ha propinato l’ultimo dell’anno, stia volando rocambolescamente in giro per l’Europa e cosa spera di ottenere l’Italia dai trattati relativi all’ “Accordo internazionale per una Unione economica rafforzata” (sic!):
Che cosa vuole ottenere l’Italia
Come scrive l’ANSA, alle trattative partecipano i rappresentanti dei 26 paesi che hanno aderito all’accordo, del Parlamento europeo e della Commissione europea, più un “osservatore” del Regno Unito.
L’obiettivo principale dell’Italia è una modifica dell’articolo sulla riduzione del debito [art. 4 ndr]. Una norma, infatti, prevede che i paesi che hanno un rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo superiore al 60 per cento debbano eliminare la parte eccedente il 60% in soli cinque anni, limite che imporrebbe all’Italia manovre da decine di miliardi ogni anno. Le modifiche che verranno proposte dall’Italia (con il probabile appoggio dei paesi più indebitati e colpiti dalla crisi economica) proveranno a rimandare l’entrata in vigore della norma o a inserire clausole che tengano conto di un’eventuale congiuntura economica sfavorevole.
Fino al momento in cui ho letto l’articolo de il Post la riduzione del debito pubblico eccedente il 60% del Pil era prevista in un ventesimo all’anno (che è già un capestro per l’Italia).
il Sole 24 Ore: […] Mentre la Francia insiste perché l’idea di una graduale convergenza fiscale emerga con maggiore chiarezza, l’Italia vede con sfavore l’articolo 4 del nuovo trattato secondo il quale i Paesi con un debito superiore al 60% del Pil devono ridurlo in media di un ventesimo all’anno. Roma vorrebbe che l’impegno tenesse conto di “fattori rilevanti”, così come è scritto nella recente riforma del patto di stabilità.
Se l’ipotesi di partenza fosse vera, ossia rientro del debito eccedente in 5 anni, ai trattati comunitari gli italiani potrebbero andarci solo con i carri armati e con la copertura della portaerei Garibaldi al largo di Anversa. Infatti, per l’Italia la parte eccedente il 60% del rapporto debito/Pil, che è del 120%, vale ancora 60%. Se diluito in 20 anni vuol dire che ogni anno i politico-tecnici devono inventarsi nuove manovre (riduzioni di spesa o aumenti di entrate) pari al 3% del Pil, qualcosa come 45 miliardi di €.
Neanche se Dio si muove a compassione e scende in Terra fra gli uomini di buona volontà… (a meno che la “locomotiva” Italia non inizi a sbuffare di nuovo e macinare qualche bel % di crescita, che è come pretendere che la Chiesa Cattolica rinunci al luccichio abbagliante o che paghi l’ICI oppure che il deputato Paniz si convinca che Ruby non era la nipote di Mubarak).
Accontentiamoci che gli itagliani (tecnici, ovvio) riescano a convincere la Francia (non ci vuol molto dopo la non esaltante asta di ieri dei “Bot-Btp” francesi) ad adottare un approccio più latineggiante nei confronti del raggiungimento del pareggio di bilancio rispetto a quello teutonico imposto (per ora solo sulla carta) dalla culo… ooops dalla Merkel.