di Cagliostro
Sono uno di quelli che ha molto apprezzato l’abilità e la finezza politica del Presidente Napolitano allorquando nominò Mario Monti senatore a vita. In quei frangenti drammatici, con lo spread quasi a quota 600 e la prospettiva immanente per lo Stato di non essere in grado di pagare stipendi e pensioni, mi sono detto: ‘vuoi vedere che il laticlavio di senatore a vita presuppone e sarà propedeutico ad un governo tecnico guidato dallo stesso Prof. Monti?’ Era perfino facile prevederlo! Ed infatti, di lì a pochi giorni, Monti sostituì l’Unto del Signore e subito, come per incanto, l’immagine dell’Italia nel mondo cambiò in positivo (complici, magari, le pressioni della cancelliera tedesca e del presidente USA, i quali vedevano come fumo negli occhi il nostro ‘catramato’ ex presidente del Consiglio).
E fu cambio certamente vantaggioso, vuoi per la autorevolezza e la caratura intellettuale dell’ex rettore bocconiano, vuoi per la sua preparazione scientifica in campo economico e della finanza pubblica. Vedendolo però all’opera nei mesi successivi, il mio giudizio positivo è andato via via scemando, anche se di attenuanti il professore ne può annoverare parecchie: la maggioranza spuria ed eterogenea che lo sostiene, i vincoli europei che costituiscono, alle volte, autentiche remore procedurali e non solo, la indubbia gravità della situazione economico-finanziaria e sociale e la eccezionalità della crisi che tuttora ci attanaglia ecc. ecc.
Tuttavia, a mano a mano che la situazione evolveva, mi sono sempre più avveduto che certe scelte sono state e sono davvero opinabili e non occorreva certo essere l’élite universitaria del nostro paese (parlo dello stesso Monti e dei vari Fornero, Passera, Profumo ecc.) per produrre provvedimenti che hanno lasciato sconcerto e perplessità nei cittadini, in particolare nei ceti meno abbienti. Basti pensare alla farsa sui così detti ‘esodati’ ed alle incredibili giustificazioni addotte per non introdurre una vera patrimoniale (leggi:veto berlusconiano). E di esempi non propriamente encomiabili se ne potrebbero fare molti altri ancora.
Quello che però trovo inspiegabile in un uomo della levatura dell’attuale Presidente del Consiglio è la qualità del recente DDL sulla così detta ‘stabilità’, che dovrebbe consentire l’agognato raggiungimento della parità di bilancio nel 2013. Provvedimento sul quale sono piovuti giusti rilievi e critiche, particolarmente in riferimento alla parziale revisione prevista in materia fiscale. Martedì scorso abbiamo potuto assistere in diretta, durante la trasmissione televisiva ‘Ballarò’ ,ad una magra figura fatta dal sottosegretario all’Economia Dott. Polillo, il quale si era permesso di anticipare (sbagliando!) il contenuto dei possibili tagli alle aliquote minime IRPEF. Subito pervenne, in trasmissione, la dura, risentita smentita del Presidente Monti (era in corso il Consiglio dei ministri) che sconfessava platealmente il povero, sprovveduto sottosegretario.
Ma la farsa si raggiunse un po’ più tardi quando un comunicato della Presidenza annunciava e confermava quanto anticipato dall’esterrefatto Polillo. Monti insomma smentì sè stesso ed acconsentì a quanto, solo poco prima, aveva negato. Nel merito comunque, ed al di là della farsa, il provvedimento risulta furbesco e perfino controproducente rispetto agli stessi fini che si proponeva. ‘Ecco, vedete cari italiani, sono riuscito perfino a ritoccare, in senso a voi favorevole, le tasse prossimo-venture’, sembra dire l’occhialuto, astuto professore. Ma non è così! Proviamo ad entrare un po’ nel merito della vexata quaestio. Il taglio di un punto sulle due aliquote minime porterà ad un risparmio, per ogni contribuente, fino ad un massimo di 280 Euro (150 sulla prima aliquota fino a 15000 euro e 130 sulla seconda aliquota da 15000 a 28000 euro).
Il Consiglio dei ministri ha però adottato la tecnica del DARE (poco) e del PRENDERE (molto) e, oggettivamente, il” prendere” surclassa di molto il beneficio dell’alleggerimento delle aliquote minime. Infatti, sono state riviste quasi tutte le detrazioni e deduzioni ed è stata introdotta, per ogni voce di spesa ammessa, la franchigia di Euro 250 (esclusa, sembra, la spesa sanitaria). In più, è stato previsto un tetto massimo di deducibilità nella misura di Euro 3000 (sembra, sempre escluse le spese sanitarie). Quindi, se un contribuente ha 5 voci di spesa e di oneri detraibili e/o deducibili, il danno che questo contribuente si ritroverà sarà pari al 19% su 1250 euro, ossia euro 237,50 (si pensi agli oneri per interessi sul mutuo prima casa, oppure alle tasse universitarie per il figlio studente, oppure alle liberalità ecc.). Se a questo aggiungiamo la penalizzazione costituita dal tetto massimo ammissibile di 3000 euro, vediamo subito che la contabilità del nostro contribuente sarà in netta perdita rispetto al passato.
Perdita che si aggraverà se teniamo conto dell’introduzione dell’incremento di un punto sull’IVA, cosa che peserà enormemente sul carrello della spesa di ognuno di noi. In quanto al principio di equità, appare opportuno sottolineare che gli ‘incapienti’, coloro cioè che risultano titolari di un reddito inferiore al minimo tassabile, non godranno di alcun beneficio dall’alleggerimento della due aliquote, in compenso subiranno però la maggiorazione dell’IVA, che-attenzione!-sarà sì di un punto in termini virtuali ma maschererà un processo lievitativo dei prezzi ben superiore in termini reali .
Caro Prof. Monti, così proprio non ci siamo! Sarebbe questa la politica ispirata all’equità? Il rigore poi sembra applicato a senso unico, tutto a carico dei poveri cristi a reddito fisso…