(tratto dalla premessa del libro di Giuseppe Zanella: Il Cadore ed i suoi migrantes – “L’avventura del vivere e dell’amare intensamente”, Pieve di Cadore, Tipografia Tiziano, 2018)
Anche quest’anno ho inteso continuare il colloquio con i miei 25 lettori di manzoniana memoria proponendo alla loro attenzione il presente volumetto da considerarsi nella sua duplice caratterizzazione: da un lato, quella di modesto romanzo storico “miniaturizzato”, dall’altro lato, quella di narrazione di un fenomeno, tuttora di grande attualità, quale è stata, ed è, la tematica dell’emigrazione. Nella stesura di questo mio modesto lavoro mi sono riproposto di percorrere a ritroso, in una specie di flash-back, le esperienze vissute da un gruppo famigliare tipo della nostra piccola comunità, nel periodo tra la fine del 1800 e gli inizi del secolo scorso, mettendo nel giusto risalto i patimenti, le sofferenze dei giovani protagonisti, le vicissitudini inenarrabili da loro vissute con stoicismo umile e schivo ma reale e schietto, le fatiche, i drammi, i sentimenti, gli amori, la lontananza ed il forzato distacco dagli affetti più cari, le preoccupazioni e le angosce di dover andare per il mondo alla ricerca di quel pane divenuto assai gramo in patria. Il mio intendimento è stato quello di stabilire una certa qual analogia (seppur con le opportune differenziazioni che verranno qui di seguito elencate) fra il fenomeno migratorio del passato e quello odierno: entrambi risultano fenomeni dalle dimensioni epocali, che hanno segnato nel passato – e viepiù segnano nell’attualità dell’oggi – un discrimine, un radicale mutamento sotto i profili civile, sociale, economico, culturale, demografico ecc.. Flussi migratori, insomma, dettati dalle più disparate ragioni e motivazioni, eventi che sono sempre esistiti sulla faccia della Terra e che hanno spesso determinato autentici stravolgimenti, creando inediti ‘miscugli’ di culture, tradizioni, costumi e modi di vivere. […]
Tuttavia, il contenuto dell’opera, magari sotto traccia, fa intuire nei fatti anche una basilare differenziazione fra le migrazioni di un tempo e quelle attuali, cosa che appare, in tutta la sua oggettività, originata da cause sia “esogene” che “endogene”. I protagonisti dell’opera sono indotti a lasciare il borgo natio per approdare in terre straniere, spinti da ferma determinazione e volontà di riscatto, caratteristiche che consentiranno una loro perfetta integrazione ed il conseguimento di ambìti traguardi sotto il profilo sociale e della tranquillità economica. Tutt’altro quadro si presenta ai nostri occhi nella realtà odierna: masse di derelitti sono spinte verso il nord del pianeta nella illusione di trovare ivi l’Eldorado, mentre invece queste stesse masse umane sono destinate ad imbattersi in un contesto nel quale viene riscontrata amaramente la mancanza di valide e reali prospettive di inserimento, a cagione vuoi della mancanza di generale sensibilità politica e di egoismo di taluni Stati all’immane problema, vuoi della crisi economica ed occupazionale che incombe anche oggi giorno, e ciò crea, ovviamente, disincanto e demotivazione. Riallacciandomi alle caratteristiche dell’esodo migratorio del passato ed alle opportunità che esse offrivano, va sottolineato come la storia qui narrata riguardi, giustappunto, il coraggio, la ferma volontà dei protagonisti di riuscire ad integrarsi nella realtà sociale della nazione ospitante e di raggiungere un certo grado di benessere economico per loro stessi e per i loro cari. […]
Ed un tale modo di intendere e vivere i rapporti sentimentali, non certo incline a ‘smancerie’ e ‘sdolcinature’ ma concreto, pudico, tutto teso al bene della persona amata, non escludeva però, di certo, le manifestazioni di spiccata affettuosità, di grande tenerezza amorosa, di attenzioni e premure (indice di accentuata sensibilità e coinvolgimento emotivo) e di effusioni di dolcezza infinita. Il tutto è posto bene in evidenza già al tempo dell’esperienza vissuta in terra magiara da Giuseppe e Lorenzo con le innamorate Magda ed Helga; ma il maggior risalto circa il modo di vivere i rapporti sentimentali intesi come legame serio, basato su stima reciproca e su di un solido concetto di unione di anime e di scambio vicendevole sotto i più disparati profili, lo si potrà verificare nella descrizione delle solide e felici esperienze matrimoniali che faranno, in particolare, Mario, Giuseppe e Lorenzo. I giudiziosi ed assennati giovani avevano acquisito dai genitori una educazione semplice ma informata ad una sana concretezza, educazione che si basava molto sui primordi di una fede cristallina e schietta, che sapeva guardare alla essenza delle cose e sapeva altresì cogliere nel prossimo l’aspetto più propriamente umano, da tenere nella più alta considerazione alla luce del Vangelo. I rapporti interni alla famiglia di origine e quelli esterni erano tutti improntati alla massima apertura ed alla più viva cordialità. Non meraviglia pertanto scoprire che, nelle scelte essenziali dell’esistenza, i figli sapessero operare con ponderatezza, facendo le più opportune e corrette valutazioni. Ed anche nelle scelte matrimoniali essi seppero operare con avvedutezza opzioni azzeccate circa le ragazze prescelte, le quali dovevano avere con loro un “idem sentire”, ovvero le stesse “affinità elettive”, ed inoltre dovevano essere in perfetta sintonia in fatto di solidità etico-morale, sensibilità e concretezza e possedere infine una visione comune sulla natura del vincolo matrimoniale e sul modo di educare i figli.