Interpellato qualche giorno dopo lo tsunami del 5 settembre, il capotribù ci aveva detto che per il raggiungimento della cima di Pian dei Buoi avremmo dovuto aspettare una settimana:
«In questo caso i tempi per riuscire ad arrivare in cima a Pian dei Buoi sono più lunghi, direi non prima di una settimana»
Questo gli valse il mio plauso, anche se personalmente lo ritenevo un azzardo. Riapre oggi la viabilità pubblica per raggiungere la cima di Pian dei Buoi (esattamente alle ore 13,00 tempo locale). Un po’ meno di una settimana gioviana.
In omaggio per voi la sferica del 15 novembre scorso della frana presso la Val de Moló (qui link diretto; c’è eventualmente anche la sferica della frana inferiore, quella sotto la strada):
Intervento sulla frana “superiore” presso la Val de Moló lungo la strada del Genio per Pian dei Buoi (15 novembre 2016) #theta360 – Spherical Image – RICOH THETA
Mentre i nostri eroi comunardi stavano a guardà la sistemazione del tetto (il cambio di mutande) colabrodo della caserma (il comportamento negletto – a dir poco – dei comunardi, alla fine ha portato il conto, e sarà salatissimo: galeotta fu la venta di quei primi giorni del 2015, qui le foto), giungeva la sentenza della Corte dei conti di Venezia riguardante un’altra vicenda legata alla Montiglio, quella “giudiziaria”, una cui prima eco ci era giunta alla fine di agosto 2015 (La Corte dei conti bussa a Lozzo). Qui di seguito, dal Gazzettino.it, per completezza d’informazione:
LOZZO DI CADORE La Corte dei conti contro la delibera che concesse ad un privato di ipotecare l’ex caserma
Scandalo della ex caserma di Soracrepa: ci fu danno erariale? Assolti gli amministratori della giunta Mario Da Pra, stangati quelli che hanno approvato la delibera del 1991 concedendo a un privato di procedere alla «costituzione di ipoteca su immobile di proprietà comunale».
La sentenza della Corte dei Conti di Venezia nel giudizio di responsabilità di 16 persone, tra amministratori e segretari comunali, sul caso dell’ex caserma di Soracrepa sul Pian dei Buoi è stata depositata ieri. C’è chi ha gioito e chi invece è stato condannato. In 75 pagine la Corte ha ricostruito la vicenda della vecchia caserma militare pubblica ipotecata in garanzia per un privato (la società Sit srl del geometra Paolo Rossi), presa dalla banca e poi riacquistata dal Comune.
Il procedimento partì da un esposto del sindaco Giuliano Del Favero arrivato alla Procura erariale nel luglio del 1996. Ci fu anche un ulteriore segnalazione del consigliere di minoranza Giuseppe Zanella nel 2005. Si puntava il dito su «un contratto di affittanza fatto dal Comune a una società facente capo a un certo De Rossi». «L’amministrazione del 1991 andò oltre la ragionevole prudenza – c’era scritto nell’esposto – e con deliberazione si costituì garante nei confronti del finanziatore Mediovenezie impegnandosi a pagare le rate». Le cose non andarono bene e la società dell’ex caserma fallì: la banca si prese l’immobile e il comune lo dovette ricomprare con centinaia di migliaia di euro. La Procura regionale della Corte dei Conti ha stimato il danno per l’erario in 334mila euro.
Nessuna colpa però ebbero gli amministratori che approvarono la prima delibera, quella del 1989, che dava in concessione la struttura e prevedeva la possibilità di darla in garanzia per il privato. Scagionati quindi l’allora sindaco (fino al 1990) Mario Da Pra e in consiglieri comunali Valentino Zanella e Esperio Del Favero (tutti difesi dall’avvocato Sandro De Vecchi). Assolti anche Franco De Martin, Santino Zanella, Evaristo Doriguzzi Zordanin (avvocato Enrico Gaz) e Giovanni Calligaro. Condannati a risarcire danni per 10mila euro i consiglieri che approvarono l’ipoteca nel 1991: Giosué Baldovin, Roberto Larese Filon, Fiori Del Favero, Lorenzo Da Pra, Giovanni De Diana, Giorgio Sernagiotto, Virgilio Brunet e l’allora segretaria comunale Ezia Piacenza. La Corte ha deciso di non procedere per i deceduti: Silvano Da Pra e Corradino Poclener.
Il cazzaro si gioca la sopravvivenza nella stanza dei giocattolini. Pur di continuare a giocare un gioco che propone, oltre ogni ragionevole dubbio, enormi difficoltà rispetto alle ridicole e spuntate capacità dimostrate, il bimbominkia chiama a raccolta anche i sindaci piddini, di razza o semplicemente “simpatizzanti”, che ci piace connotare come sindaciddini.
Una volta, da lontano, intesi come “categoria politica”, questi sindaci “de sinistra” sembravano un distillato di progressismo, mentre oggi, da vicino, sono un liquame maleodorante, al più dei poro-gressisti.
Diventati sindaci, inoltre, molti di loro hanno proferito, di rito, la fregnaccia delle fregnacce: sarò il sindaco di tutti. E quando sistemano l’intonaco fessurato della scuola, quando tacconano le buche delle contrade, quando aggiustano le fogne, ottemperano a questo “precetto”.
E rispetto ad una consultazione referendaria come quella del 4 dicembre, per di più relativa ad una revisione della Costituzione, ci si aspetterebbe dai sindaci, segnatamente da quelli eletti nelle liste civiche, un sobrio “distacco”, per lo meno tale da salvare le apparenze.
Ma il sindaco è anche elettore e, per di più, tiene famiglia. Inoltre, una poltroncina balugina sempre lì vicino alle loro terga, e l’attrazione è spesso fatale. Sicché, pi che se va su…
Rilevo infine che, tra i sindaciddini belluneggianti che sostengono il SI referendario (vedi post del Pd de Belun), hanno infilato anche quello di Lozzo di Cadore, tale Mario Manfreda. Che piddino non si potrebbe neanche definire, credo, essendo un sindaco di destra-sinistra.
Tuttavia nel recente passato il nostro ha già devoluto (una prima volta) la propria immagine alla causa piddina sostenendo la corsa elettorale della Moretti, che poi s’è sfasciata e liquesa, comparendo insieme ad altri in “Anche noi sindaci votiamo Alessandra Moretti“, un accorato appello elettorale. A noi piace ricordarlo così:
Ripartiamo dalla quarta amenità, che riguarda la strada che sale da Val da Rin, nei confronti della quale il gestore del rifugio Baion sottolinea che:
Non basta avere un fuoristrada per affrontarla, serve anche una certa dimestichezza con la guida in montagna. Eppure, con un intervento di migliorìa generica, l’accesso diventerebbe più semplice per tutti ridando fiato alla vita di Pian dei Buoi, oggi a tutti gli effetti isolata dal resto del Cadore».
Che è una conferma a quanto scrivevo l’8 settembre commentando l’introdotta deroga al transito per Val da Rin:
Precisazione: col cazzo che bastano le 4 ruote motrici; dovete averla anche alta, la tutù, ché ci sono due punti strategici – due canyon – dove si corre il rischio di rimanere in trappola.
Quinta amenità: m’è sorta qualche perplessità su chilometri (e miglia nautiche) e sui tempi di salita. Detto diversamente, non si possono confrontare le mele con le pere. Ancora il gestore del Baion:
Per raggiungere Pian dei Buoi dalla Val da Rin sono sei chilometri che richiedono un tempo di percorrenza inferiore alla mezz’ora», prosegue Dino Nassivera, «niente a che vedere con la strada, seppur asfaltata, che sale da Lozzo:lì i chilometri sono 15 e richiedono un tempo di percorrenza superiore all’ora. Ipotizzare una sostanziale opera di miglioramento della strada sul versante della Val da Rin non è utopistico, sicuramente i tempi di realizzazione sarebbero inferiori e i costi minori rispetto a quelli che serviranno per sistemare la strada da Lozzo».
I sei chilometri cui si riferisce il gestore del Baion sono quelli di “strada bianca” della Val da Rin fino a Pian dei Buoi (5,3 km), quelli sui quali “col cazzo che bastano 4 ruote motrici” o anche, come abbiamo appena visto, “Non basta avere un fuoristrada per affrontarla, serve anche una certa dimestichezza con la guida in montagna.”
Ma, se guardiamo alla lunghezza d’insieme del percorso (per cercare di confrontare mele con mele), ce ne sono altri 4 asfaltati che da Ponte da Rin (nei pressi del bivio con la statale 48) portano all’inizio della strada bianca (e non è che si possano percorrere come a Le Mans), oltre ai 2.5 per arrivare al rifugio (da Pian dei Buoi). Quindi i chilometri, da Auronzo (Orsolina) al rifugio Baion, sono circa 12.
La strada asfaltata che sale da Lozzo fa più o meno 12 chilometri per giungere sull’altopiano e altri 3 (di strada bianca) per giungere al Baion, per un totale di circa 15 km. Riguardo ai tempi, i 12 km per giungere a Pian dei Buoi li percorro da anni abitualmente, senza ansia da prestazione, in circa 26 minuti (16 minuti per giungere a Tamarì e 10 da qui per sbucare sull’altopiano), diciamo 30 minuti (cioè una velocità di 24 km/h). Punto.
Sesta, questa volta ispirata da il Gazzettino, della serie “turisti fai da te?, no Alpitour? ahi ahi ahi…“. Il titolo dell’articolo è più roboante, “I furbetti dei divieti presi in trappola e poi stangati a Pian dei Buoi”, e di per sé introduce una nuova categoria sociale, quella appunto dei furbetti dei divieti (costola dei furbetti del quartierino). La vicenduola mi ha fatto tornare alla mente un pezzo dei Belumat: “vara vara, un campo abandonao! Capusi, tegoine, patate…”.
L’articolo nasconde alcune sub-amenità:
6a) “… i turisti che con tre auto avevano appena trascorso una giornata al fresco del Pian dei Buoi.“; che turisti bastardi: loro al fresco di Pian dei Buoi (nonostante il divieto) e noi quaggiù piegati in due dal caldo torrido di questi giorni.
6b) “In pochi minuti una pesante ruspa ha risalito la stretta stradina; il mezzo poi è stato messo di traverso a sbarrare il rientro del gruppetto.“; stretta stradina (??) la Strada del Genio coi sui tre metri di carreggiata? Magari anche piccina-piccina? Stretta, inizia ad essere la strada della Boa, non quella del Genio!
La stradina (piccina-piccina) ha tuttavia consentito il passaggio della “pesante ruspa” (vecchio tipo: adesso le fanno in carbonio e sono molto più leggere); pesante, la ruspa, ma piccina anch’essa se, per sbarrare il rientro, l’hanno dovuta mettere di traverso (delle due l’una: o la stradina non è così piccina-piccina, o la ruspa è un po’ piccolina: una ruspettina?)
6c) “«Abbiamo agito con leggerezza», hanno ammesso alla fine mentre i militari compilavano i verbali.“; quindi solo “alla fine” hanno ammesso la leggerezza: oltre ad essere bastardi, anche stolti, questi turisti
6d) “Per tornare a percorrere quella strada ci vorrà ancora del tempo, sono 8 i punti danneggiati con erosioni molto profonde,“; sicché le tre auto salite a prendersi il fresco, e poi ridiscese, lì dalle erosioni molto profonde hanno forse innestato la levitazione magnetica?
6e) “…i lavori di sistemazione non è chiaro quando finiranno“: vado matto per le costruzioni sintattiche “alla terrona”;
6f) “A nemmeno un mese da quel disastroso temporale, molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare.“; è un po’ come per le seghe: tu inizi a menartelo e ti convinci che “molto è stato fatto”, ma sai anche che “molto resta da fare”. Ed è indubbiamente la parte più interessante.
6g) “Dovesse capitare un temporale come quella sera?“; Più pilu per tutti.
Prima. Il sindaco di Lozzo, riguardo all’apertura della strada per Pian dei Buoi, ebbe a dire (era il 7 settembre): «In questo caso i tempi per riuscire ad arrivare in cima a Pian dei Buoi sono più lunghi, direi non prima di una settimana», e per questa sua intemerata – nonostante già dalla serata del 5 settembre nulla ostacolasse il raggiungimento dell’altopiano in auto – si meritò un plauso.
Fui frettoloso. Del resto, al riguardo avevo espresso la mia convinzione:
Insomma, non avrei scommesso un euro bucato sulla riapertura della strada in questo scorcio di stagione (e personalmente resto convinto che l’apertura alla viabilità ordinaria sia un azzardo), men che meno in una settimana.
Ma confidiamo in una prossima nonché lieta riapertura (cos’è una settimana in più o in meno rispetto all’eternità?).
La seconda riguarda gli accenti. Riferendosi alla strada di Val da Rin, si legge che essa “rappresenta l’unica ancòra di salvezza“. Capiamo il nobile intento di distinguere ancora (anche ora) da àncora, ma un accento aperto sulla “o” non s’è mai visto (anche se in qualche parlata regionale quella o viene pronunciata aperta). Regola generale (non solo per i corrieristi delle alpi): gli accenti che non siano canonici, lasciateli perdere.
La terza amenità riguarda le ostruzioni: “E lo fanno allungando l’occhio verso la Val da Rin che oggi, con la strada che da Lozzo sale a Pian dei Buoi ostruita in più punti dalla frana…“.
Ribadisco: la strada che da Lozzo sale a Pian dei Buoi era stata sgomberata da qualsiasi ostacolo (vedi link già segnalato), quindi liberamente percorribile dalle auto, già dalla serata del 5 settembre, ad opera dei Servizi forestali della Regione (ai quali, nel tardo pomeriggio, s’era aggiunta la pala del comune presso la Boa). Quindi: ostruita certamente no. Ma, ovviamente, neanche sicura, tant’è vero che è poi stata prontamente chiusa al traffico.