Sostituzione di un ponte. Nuove tecniche. Due ore di tempo. “Ci siamo prefissati un cambiamento del ponte e renderlo agibile in 4 ore … su tutte le strade provinciali”. Di ponti di questo tipo ce ne sono 150 in Alto Adige. Ah, giusto: il cambio si farà di notte per creare meno disagio (il video è relativo ad un test di operabilità). A parità di condizioni esterne, di qua dalla linea di confine in due ore riusciamo, si e no, a spararci una sega.
Gli altoatesini affogano le proprie frustrazioni anche nel bere. Lo fanno meglio di qualunque altro “italico” (le virgolette hanno qui valore etnico). Nel senso che con la bottiglia ci danno dentro quasi quattro volte di più della media nazionale (in alconomia: l’Alto Adige fra autonomia e alcolemia qualche dettaglio in più). Ma avevamo già visto che sono capaci di altre e più nobili prestazioni, a partire dagli stalloni pusteresi (qui la tabella e quo i grafici).
Ora l’Astat ci informa che non solo ciulano frequentemente, ma lo fanno tranquillamente anche fuori dal matrimonio – e non solo per sollazzarsi, cosa che risulterebbe alquanto comprensibile – ma anche per mantenere la specie. Il 44,7% dei figli nascono infatti fuori dal matrimonio, contro una media italica del 25% (un bebè ogni quattro). E poi, una volta creata la famiglia, autonomizzano, cioè socializzano dentro ad un contenitore sociopolitico autonomo (e di tanto in tanto alzano il gomito).
Incuriosito dalla prima pagina di oggi dell’Alto Adige che titola “Alcol, record di ricoveri” … ho voluto, in questa pausa postprandiale, approfondire l’argomento. Il ministero della salute ha reso pubblici i dati sui ricoveri ospedalieri relativi al 2011. Fra la marea di dati, più o meno nauseanti per i non addetti ai lavori, spiccano i ricoveri (e le conseguenti dimissioni) per “Abuso di alcol/droghe e disturbi mentali organici indotti“.
Nello stilare la classifica su base nazionale salta fuori che l’Alto Adige presenta, per questa “patologia”, un numero di ricoveri molto superiore alla media nazionale. Il sottotitolo del quotidiano parla del triplo della media nazionale ma in realtà, considerati nel loro insieme, i ricoveri in Alto Adige ogni 100.000 abitanti (101,44) sono 3,8 volte quelli nazionali (26,65); sono quindi più vicini al quadruplo che al triplo. Ho estratto i dati per singola regione/provincia autonoma et voilà, ecco la tabella ed il relativo grafico.
In effetti la lettura del dato altoatesino fa una certa impressione: a maggior ragione se si considera che, pur non essendo i dati segmentati per età, nel mondo giovanile l’abuso di alcol è purtroppo altamente rappresentato ed in costante aumento. Al nord, a far “buona compagnia” all’Alto Adige, troviamo l’Emilia-Romagna (46,35) ed il Friuli Venezia Giulia (45,25), seguiti a distanza dalla Lombardia (35,01) e dal Veneto (31,89).
Ma che bevano solo, o si droghino anche, gli amici altoatesini o sudtirolesi che dir si voglia per giungere a quei livelli? A guardare l’effetto alcol in Trentino, non sembra lo si possa correlare alla presenza dell’autonomia :-). Chissà quali reconditi disagi serpeggiano in quelle comunità baciate da una sostenuta crescita demografica e da condizioni economiche (pil pro-capite) sostanzialmente al top dello stivale.
A questo proposito sarebbe interessante valutare i dati relativi alla provincia di Belluno, potrebbe uscirne un quadretto di sapore kafkiano: un “popolo” in costante impoverimento economico e demografico, profondamente infelice, in perenne attesa di una pur vaga promessa d’autonomia con la quale tentare di sopravvivere, abbruttito dallo smodato consumo di alcol.
Cattivo eh? Sto digerendo il frugale pasto. Magari un buon rosso potrebbe aiutarmi a colorare questa plumbea visione. Purtroppo – o per fortuna – con Bacco non vado molto d’accordo, anzi, per niente.
Al referendum di Pieve di Cadore per il passaggio in FVG ha partecipato il 20% degli aventi diritto (alla contemporanea consultazione di Taibon invece, l’affluenza è stata del 54% ed hanno vinto i SI col 97%). Motivi di carattere squisitamente giuridico hanno imposto, in questo come negli altri referendum, di porre la questione nell’unica forma giuridicamente accettabile, quella che fa riferimento all’art. 132 della Cost. e che recita “vuoi tu passare al Friuli.. al Trentino … alla Cecenia?”.
Se queste limitazioni normativo-giuridiche non l’avessero impedito, il quesito si poteva porre, per esempio, in questi termini:
Vuoi continuare a prendertelo nel culo, legato mani e piedi, dai centralisti stato italiano e, per quello che si è finora visto ed accertato, regione Veneto …
Vuoi continuare ad essere schiacciato – fino a morirne – tra le province autonome di Trento e Bolzano e la regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia …
Vuoi disporre (forse) delle sole briciole dei fondi Letta e Brancher per le aree di confine …
e così via …
o VUOI DIVENTARE UN VERO TERRITORIO AUTONOMO CON TUTTO CIO’ CHE NE CONSEGUE ?
Non ho seguito la fase “istruttoria” e non so stabilire se gli sforzi per far capire alle genti del comune di Pieve (pievesi, sottocastellani, pozzalini, nebludesi, taitesi o taitiani – non do garanzie sulla correttezza degli appellativi) il concetto appena espresso siano stati “giustamente” indirizzati. Veramente, non so neanche dire se i pievesi ecc. sarebbero stati in grado di capire: la natura ha i suoi limiti e talvolta è avara nel dispensare certe facoltà di discernimento. In questa occasione, peraltro, c’era anche il traino dell’amministrazione in quanto il sindaco Ciotti – pur con qualche equilibrismo in epoca passata qui, quo e qua – ha apertamente sostenuto l’iniziativa referendaria.
A chi da Pieve vorrei solo ricordare – sperando che siano in grado di capirlo – che per ogni euro che riceveranno dai fondi Brancher dovranno ringraziare le popolazioni che in passato hanno partecipato ai referendum, vincendoli, quegli stessi referendum che loro hanno disatteso. Insomma, si deve prendere atto che la gente del comune di Pieve di Cadore, alla richiesta «volete vaselina o cilicio?» ha risposto compattamente «TUTTI E DUE !!». Melius abundare quam DEFICERE.
E’ nei momenti difficili che vedi il politico di razza. Nelle comparsate precedenti non sembrava che Toscani fosse ancora uscito completamente dal lungo letargo invernale.
Lo ha fatto l’altro ieri – salvo ricadute – all’immaginifico (nel senso di creatore di immagini, di ologrammi) incontro “Il bellunese riparte”, titolo dal sapore vagamente kafkiano, scrollandosi di dosso d’un tratto il lungo torpore – di fronte agli altri due moschettieri di lungo corso Reolon e Bond – squittendo che:
«E’ inaccettabile che la Provincia di Belluno sia senza governo da 529 giorni. Fa dunque piacere che il presidente della Camera di Commercio Luigi Curto abbia raccolto l’appello che ho lanciato venerdì scorso, durante il convegno sull’autonomia e l’applicazione dell’articolo 15 dello Statuto regionale promosso dalla Fondazione Colleselli. La sua è un’iniziativa non solo condivisibile, ma anche doverosa e non più procrastinabile».
E’ o non è eroico l’aver calcolato anche l’esatto numero di giorni – 529 – dall’infausto inizio del commissariamento della Provincia per opera di quei pezzi di marmellata – alleati – del PDL? Doppiamente eroico se si tiene conto che il moschettiere leghista compie un altro atto di coraggio quando dichiara:
[…] Su questo faccio autocritica, perché avrei potuto denunciare la situazione prima di venerdì. Lo stesso, però, dovrebbe fare gran parte della politica bellunese che, salvo poche eccezioni, è rimasta in silenzio, quasi fosse un problema che non ci riguarda e che non produce effetti negativi sul territorio. Abbiamo già perso troppo tempo e quindi è opportuno agire con decisione».
Va sottolineato che la chiamata in causa delle altre forze politiche è il momento più alto dell’intervento: “Lo stesso, però, dovrebbe fare gran parte della politica bellunese che, salvo poche eccezioni, è rimasta in silenzio …”.
Il Nostro, forse affetto da un momentaneo buco di memoria, non cita quali siano “le eccezioni”. Io ne conosco una sola o, meglio, un solo coordinamento di due forze “distinte”: 19 cittadini elettori della provincia di Belluno che hanno presentato il ricorso al TAR del Veneto (che ha accolto il medesimo rinviandolo al TAR del Lazio per competenza), ed il Bard, Movimento per Belluno Autonoma Regione Dolomiti, che ha coordinato la stesura del ricorso avvalendosi della consulenza del prof. avv. Gabriele Leondini del Foro di Verona e dall’avv. Giuliano Rizzardi del Foro di Brescia (per ulteriori informazioni e la lettura del documento vedere l’articolo ricorso per chiedere il ritorno alle urne per la Provincia di Belluno).
Strano che Toscani non se lo ricordi perché fra i 19 cittadini elettori firmatari di questa azione popolare vi è anche Diego Vello, segretario provinciale della Lega Nord, partito “abbastanza vicino” 🙂 al consigliere regionale. Da domani … memoril, una pastiglia al giorno (per via orale, mi raccomando).
Da noi i cani creano problemi molto seri al punto di aver bisogno che il borgomastro locale srotoli e declami un editto detto della caccia alla cacca del cane (del quale ho dato conto in tre versioni distinte: dotta, villica e dubitativa). Ma basta passare il confine che i cani diventano subito, da problemi, risorse. E che risorse.
Certo il cane in questione è Rex, il commissario Rex, ed oltre confine c’è chi, col tempo, ha affinato quella capacità non comune di trasformare in oro tutto ciò che tocca. Certo, in Alto Adige il naturale talento viene agevolato da corsi specifici pagati profumatamente dalla Provincia autonoma ma, come si vede, sono soldi ben spesi.
Va detto, va chiarito, perché “è quest’acqua qua eh“, non si scappa. Gli altoatesini sono davvero come il re Mida e quello che toccano si trasforma spesso in oro. Detto incidentalmente, noi bellunesi abbiamo tanti re Me..a, quelli che quando toccano qualcosa la rendono ehm, ci siamo capiti. Chiiii? Ma basta pensare al Bim-Gsp, ragassi, siam mica qui a scaccolare l’elefante!
Ma stiamo a quanto ci fa sapere l’assessore Widmann:
[…] Eccezionalmente alta è anche la ricaduta dell’avventura di Rex in Alto Adige: il fondo provinciale di promozione dei film sostiene la produzione con 200mila euro e il ritorno è di 400mila euro: “Di norma una produzione di film o fiction è tenuta a spendere in loco una somma pari al 150% del contributo ottenuto, in questo caso specifico la quota è addirittura più alta del 50%”, conferma l’assessore. Spese che si concretizzano ad esempio in vitto e alloggio per la troupe, l’utilizzo di artigiani e maestranze locali, di personale tecnico e artistico reclutato in Alto Adige. Nel progetto del commissario Rex figurano una trentina di altoatesini, dal location manager ai tecnici di assistenza video, hairstyle, designer dei costumi, ad attori e comparse.
Questi altoatesini non sono semplicemente bravi, di più, sono dei geni (con il tocco di re Mida). Pensate: quelli della produzione di Rex (romano-alemanni) si devono essere inginocchiati davanti a Widmann che ha sì sganciato 200mila euri (altoatesini, valgono di più di quelli taliani), ma concedendo l’uso del sacro territorio sud tirolese ha anche preteso che la coproduzione alemanno-romana garantisse una ricaduta pari almeno a 400mila euri (sempre altoatesini). Ditemi voi se non è una genialata.
Ora, dovete sapere che sono in contatto con Krugman (Krugman chi? ma quello sfegatato economista neokeynesiano che pontifica dalle colonne del NYT) al quale ho indirizzato un quesito, essendo io non dotato a risolverlo. Tipo: caro Robin (di secondo nome fa Robin e noi intimi lo chiamiamo così), ho il sospetto che 200mila euri di tasse abbiano un valore differente da 400mila euri di ricadute, potresti illuminarmi! Grazie. (p.s. se puoi, ti incarichi tu di spedire la risposta in copia a Widmann, avrebbe tutto un altro valore se fatto da te).
Chiudo ammettendo che queste da me sollevate sono futili precisazioni. Di base resta lo sconcerto di pensare che Capocelli, il commissario che guida ora la Provincia di Belluno, come sapete fortissimamente voluto dal PDL (che per questo si è palesato come escremento partitico), non potrebbe far altro che girare con la paletta per raccogliere i cataboliti di Rex.