9 MAGGIO 2020: 42° ANNIVERSARIO DEL BARBARO ASSASSINIO DELLO STATISTA ON. PROF. ALDO MORO
di Giuseppe Zanella
Questa seconda commemorazione (vedi precedente intervento sul 75° anniversario della capitolazione del nazi-fascismo) ha per me un significato ed un rilievo di grande importanza trattandosi della morte violenta, per mano del terrorismo, di quello che era e resterà uno dei pochi, veri statisti nella storia del nostro paese: l’on. Prof. Aldo Romano Luigi Moro. Sono sempre stato un estimatore di questo uomo di scienza, di questo politico lungimirante, raffinato, sobrio, dalle vedute di lungo periodo e di largo respiro, uomo dotato di un forte senso dello stato e delle sue istituzioni. Bene lo ha definito il suo amico G.Battista Montini, papa Paolo VI°, in occasione delle solenni esequie, pur in assenza delle spoglie mortali dell’Uomo, quando parlò di lui come “uomo probo, buono e giusto”, un politico che sapeva cogliere le istanze più profonde della nostra società e tracciare, con vero acume e profonda sensibilità, le esigenze di sviluppo democratico e di incentivazione della base di consenso popolare nell’azione di governo.
Egli, come disse il giurista Prof. Ruffilli (altra vittima del terrore brigatista), era uomo che “intuì lucidamente l’accelerazione dello sviluppo storico attorno alle masse popolari in ascesa ed il loro rapporto per il superamento sia dello stato liberale che dello stato autoritario in una democrazia con al centro una persona umana più libera”. La figlia Maria Fida afferma che “l’eredità di Aldo Moro non esiste perché lui non ha eredi”. Il concetto di “eredità” individua, da un lato, le doti e le qualità superlative del de-cujus, dall’altro lato, il suo enorme patrimonio di idee che risultano sublimate in una visione elevata della società e dell’agire dell’uomo. E, nel caso del nostro, pur considerando la qualità di molti di coloro che lo attorniavano e lo stimavano (penso ai vari Zaccagnini, Bodrato, Galloni, Martinazzoli, Misasi ecc.), riesce anche a me difficile stabilire ed individuare eredi di un tale statista.
Uomo di scienza, dotato da madre natura di vivida intelligenza, ottenne molto presto la libera docenza in diritto penale presso l’università di Bari (ora a lui dedicata) ed il suo amore per l’insegnamento lo fece amare dai suoi allievi ai quali dedicava costanti attenzioni ed affettuose disponibilità. Giovane professore, si dedicò alla politica intesa come missione del cristiano “tutto d’un pezzo”. Fu eletto alla Costituente e subito si mise in luce agli occhi non solo dei parlamentari democristiani ma godette del rispetto e della considerazione anche dei maggiori esponenti di altri partiti. Molti articoli della nostra Costituzione sono stati opera sua, o da lui ispirati se non addirittura materialmente scritti (penso soltanto alla parte riguardante i “Principi Fondamentali” od a quella sui “Diritti e doveri dei cittadini”, con la elaborazione e stesura degli articoli 7 e 27, per non parlare del fattivo e sostanziale apporto prestato nella redazione dell’intera nostra Carta). Alcide De Gasperi apprezzava molto la versatilità e la preparazione del raffinato giurista della Magna Grecia ed anche Palmiro Togliatti espresse più volte ai suoi collaboratori la stima per questo personaggio dalla mente lucida e dalla inimitabile raffinatezza intellettuale.
Moro fu sempre eletto in Parlamento fin dal 1948 e fu, dapprima, giovanissimo sottosegretario agli Esteri, poi fu tutto un crescendo nella scala degli incarichi parlamentari e di partito: fu capo gruppo parlamentare della DC, più volte ministro, segretario politico della DC e per ben 5 volte Presidente del Consiglio. Con la sua visione politica di ampio respiro, egli fu l’architetto della apertura al PSI, dopo che i socialisti ruppero il patto di unità d’azione con il PCI a seguito dei fatti di Ungheria (1956). Il governo moroteo I°, con Nenni vice-presidente del Consiglio, fu un governo veramente attivo e riformista (nazionalizzazione energia elettrica, riforma della scuola, tra l’altro, con la media unica, prima riforma sanitaria con la ministra Tina Anselmi, sua devota sostenitrice ecc.). Venne poi il “tintinnar di sciabole” di nenniana memoria ed in quel frangente si dice che Moro, unitamente a Giuseppe Saragat, seppe tener testa ad un esausto presidente della Repubblica Antonio Segni, forse succube del tenebroso generale dei carabinieri De Lorenzo, teorizzatore del famigerato, dittatoriale “Piano Solo”, già in fase di avanzata attuazione.
In quella circostanza può ben affermarsi che Aldo Moro fu l’artefice del salvataggio della democrazia nel nostro Paese. Con il tempo, Moro teorizzò poi un ulteriore apertura per dare una più ampia base parlamentare al governo del paese, prima con la così detta “strategia della attenzione e dell’ascolto”, cogliendo così le prime avvisaglie del distacco del PCI dalla scuola di Mosca (teoria dell’”Euro comunismo”), in questo attuando una certa sintonia ed un ‘idem sentire’ con Enrico Berlinguer circa l’esigenza di un ammodernamento delle strutture statuali e quindi, giustappunto, di un rafforzamento della base democratica del paese; poi attuando una politica concreta di coinvolgimento (“Compromesso storico”) attraverso un appoggio esterno all’esecutivo da parte del più importante partito comunista occidentale. Va ricordato che nelle elezioni del 1976 la DC aveva ottenuto il 38,71% dei voti, mentre il PCI aveva raggiunto la mai fino ad allora toccata soglia del 34,37% del consenso elettorale. I due partiti insieme avevano raggiunto un inimitabile consenso pari al 73,08 % dell’intero corpo dei votanti: e questa considerazione dava a Moro ed al suo nuovo alleato la giusta valutazione che i tempi erano maturi per la attuazione di un accordo programmatico.
Due talenti politici si erano finalmente intesi per una politica di riforme da attuare in consonanza con le esigenze di entrambi gli elettorati ed a beneficio di una più ampia platea di cittadini e lavoratori… Ma il contesto internazionale dell’epoca era ancora quello basato sulla delimitazione delle zone di influenza stabilite a Yalta. Si era insomma in piena guerra fredda e agli USA certamente non piaceva lo sbocco politico che si stava instaurando in Italia, nazione cuscinetto nella politica internazionale dell’epoca. E non piaceva neanche all’URSS, che trovava ormai nel PCI un partito che anelava all’indipendenza dalla casa Madre (dopo i fatti di Praga del 1968). Sono note e mai smentite le minacce subite da Moro ad opera di un certo Henry Kissinger, segretario di Stato Usa, noto anche per essere stato l’ispiratore del golpe cileno del 1973. Quel 16.3.1978 doveva vedere la nascita di un esecutivo con il voto di fiducia ‘esterno’ del PCI (il primo accordo dopo le vicende della estromissione degasperiana del 1947…).
Ma proprio in quelle ore doveva avvenire l’irreparabile con l’assassinio della scorta dell’on. Moro ed il sequestro di quest’ultimo da parte di un gruppo di fuoco delle così dette BR. Conosciamo il tragico epilogo della vicenda umana dello statista democristiano. In questi giorni ho letto le cronache del tempo; ho letto soprattutto gli scritti di Danilo Campanella e di Paolo Cucchiarelli. Dicevo, in apertura, che sono stato da sempre, sono e resto un profondo estimatore del leader democristiano; nel Maggio/Giugno del 1978 visitai Roma ed il mio amico Dr Casoni mi accompagnò al Trionfale (dove Moro abitava) e sulla tomba provvisoria del martire democratico a Turrita Tiberina. Ebbi colloqui con vari esponenti politici dell’epoca e tutti erano fin da allora alquanto concordi e scettici sulle versioni propinateci dagli esecutori materiali dell’eccidio. Ora Paolo Cucchiari scrive che risulterebbe assodato che Moro fu segregato in ben 4 covi e che molte delle fantasiose vicende di quell’epoca furono oggetto di depistaggi ad opera di entità in parte note ed in parte ancora da individuare.
Innumerevoli in ogni caso sono rimasti i punti interrogativi sulla intricatissima vicenda. Traspare, comunque, con una certa attendibilità e rimane assodato che l’azione terroristica fu abilmente usata da forze occulte interne ed esterne che volevano eliminare lo statista Aldo Moro dalla scena politica italiana. Sulla scena del delitto c’erano o non c’erano (foto di quel tragico giorno lo dimostrerebbero) agenti dei servizi USA ed agenti italiani? Perché il comitato costituito da Cossiga era composto da soli elementi della P2 e con la presenza di consulenti USA? Ho citato solo questi due elementi strani nel dipanarsi tragico della vicenda, ma molti restano i misteri che neanche l’ultima, ennesima commissione di indagine presieduta da Giuseppe Fioroni è riuscita a fugare (anche se alcune vicende sono state meglio ‘lumeggiate’; ma la secretazione per 50 anni significa solo che alcune cose emerse sono per ora del tutto inconfessabili…).
Resta comunque un punto fermo e cioè che la eliminazione di Aldo Moro segna uno spartiacque nella politica italiana e da allora la visione alta della politica è scomparsa dai radar italiani. La morte di Moro segna insomma il fallimento dell’ultimo progetto di rigenerazione del sistema politico italiano basato sul ruolo delle grandi forze politiche popolari; e questo a circa 30 anni dal compromesso costituzionale fra De Gasperi e Togliatti circa la stesura della nostra Carta, egregio esempio di convivenza civile e democratica (Patti Lateranensi inclusi).
Impressionante il vaticinio di Moro tratto da una sua lettera dalla assurda prigionia: “Io ci sarò ancora come un punto irrinunciabile di contestazione e di alternativa”!!
COMPENDIO:
Di quelle tragiche, drammatiche giornate, restano dei documenti di inestimabile valore scritti dal martire Aldo Moro, che ben chiariscono e suffragano la nomea ‘Paolina’ di “uomo probo, buono e giusto”. Parlo delle dolcissime lettere scritte alla moglie di cui riporto un piccolo stralcio:
“…Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”.
NB- Su istanza di un vescovo campano, è in corso il processo canonico per la beatificazione di Aldo Moro.