QUALE FUTURO SI PROSPETTA PER LOZZO E PER LA MONTAGNA ?
di Giuseppe Zanella
Dunque il 3 ed il 4 Ottobre prossimi si andrà a votare per le Amministrative. Dopo un lungo periodo di commissariamento (due votazioni andate buche, una per il quorum non raggiunto e l’altra per mancata presentazione di candidature), a Lozzo si spera ora che qualche cittadino trovi il coraggio, la voglia e la determinazione di candidarsi per occupare quel minimo di “Potere Decisionale” più che mai necessario ed urgente. Siamo nel bel mezzo di una crisi epocale che ha investito ed investe gli aspetti sanitari, economici e sociali e che appare di una inaudita gravità. Trascuriamo per ora di parlare della Pandemia, di cui sono tuttora piene le cronache, con le problematiche annesse e connesse alla somministrazione vaccinale di cui tanto si discute sui ‘media’, dove molti saccenti giornalisti pseudo virology arrivano a contestare la stessa validità della “Scienza” e dei suoi recenti strumenti vaccinali così celermente scoperti e testati.
La montagna in generale, ed il nostro borgo in particolare, hanno dovuto sostenere oneri e disagi difficilmente equiparabili ad altre epoche e contingenze del passato. Parliamo degli aspetti economici e sociali (comunque fortemente correlati alla situazione sanitaria). Si va dalla crisi del distretto dell’occhiale e del suo molteplice indotto, alla delocalizzazione industriale in senso lato (leggi: globalizzazione e, ancor prima, spostamento degli opifici nelle zone “Conib” di Longarone e dell’Alpago), all’intero depauperamento del sistema dei Servizi (scolastici, sanitari, delle strutture burocratiche statali e non statali quali banche, Uff. Postali, strutture giudiziarie, Catasto ecc.).
Per non parlare del depauperamento demografico, causa ed effetto del detrimento sopra descritto. La popolazione invecchia e langue la natalità, per cui la presenza dell’uomo alle nostre latitudini, stando così le cose, è destinata ad un inesorabile declino e, Dio non voglia, alla scomparsa. Per ultimo, il colpo di maglio è intervenuto con la pandemia da Covid 19, con il disastro “Vaia” e con diversi importanti fenomeni di dissesto idrogeologico. In un tale quadro di desolazione, che cosa possiamo chiedere ed aspettarci da quegli ipotetici volonterosi che vogliano dedicarsi alla gestione della Cosa Pubblica? Parliamoci chiaro! Al punto in cui siamo non basta più il coraggio, la disponibilità e la buona volontà per l’esercizio di una gestione ordinaria di piccolo cabotaggio. Ci vuole ben altro! Occorrerebbe, occorre!, la presenza per quelle pubbliche mansioni di gente preparata, fornita di capacità e visioni alte, oserei dire ‘rivoluzionarie’ (e la carenza di soggetti con tali caratteristiche non può che lasciare dubbiosi e perplessi…).
Il termine ‘rivoluzionarie’ richiede, nella fattispecie, una chiosa, una spiegazione dettagliata. La Montagna sta morendo! Come tentare di bloccare -sempre che la cosa sia ancora possibile- una tendenza così deleteria? “Vaia” ha distrutto il nostro patrimonio boschivo, già vanto e risorsa di intere generazioni del passato remoto e prossimo. Nella storia antica e recente, ci sono stati, nel nostro territorio, tre importanti cicli storico-economici e giuridico-ordinamentali riferiti in particolare alla gestione del censuario comunale, il tutto in corrispondenza delle mutevoli esigenze espresse dalla popolazione e dalle Istituzioni preposte alla conduzione della Cosa Pubblica. Di questo ho ampiamente parlato nel mio ultimo libro “Frammenti di storia locale”(edizioni Tip. Tiziano-Giugno 2021) e ne farò un breve cenno qui di seguito.
Ancora negli anni 80/90 proponevo, in un programma elettorale, una visione innovativa per il ripristino e la riqualificazione del territorio (in particolare delle aree boschive), già a quel tempo in precarie condizioni. Se l’Istituzione regoliera era stata per secoli altamente qualificante sul piano economico e sociale, le mutate condizioni intervenute, per varie concause, agli albori del penultimo secolo avevano suggerito alla Civica Amministrazione di procedure alla parcellizzazione del patrimonio regoliero con la suddivisione in capo a ciascun nucleo famigliare appartenente alla ‘Regola’ e la conseguente intestazione in esclusiva dei cespiti derivanti dal predetto ‘scorporo’. Quel ciclo storico e quelle esigenze, dopo circa due secoli, sono ora nuovamente mutate e la frammentazione ora non corrisponde più e non consente di assolvere alla salvaguardia, alla gestione e conservazione di quel già cospicuo patrimonio.
“Vaia” ha ora dato il colpo di grazia, intere aree sono attualmente inaccessibili, con piante abbattute, sradicate e con il terreno interamente divelto… Si rende pertanto necessario procedere ad un nuovo accorpamento del censuario comunale mediante, ad esempio, la costituzione di società miste pubblico/private con la acquisizione, attraverso varie possibili modalità (vendita, comodato d’uso, affitto ecc.), della disponibilità di vaste aree omogenee al fine di una radicale sistemazione e riattamento dagli immensi danni subiti, la costruzione od il riattamento di strade di penetrazione, il disboscamento delle enormi quantità di piante divelte, la piantumazione e la rigenerazione del bosco e del sottobosco. Questo proponevo in epoca, per così dire, “non sospetta”, ma tutto rimase inevaso, dato l’esito sortito dale diverse ‘legislature’ succedutesi.
Credo però di essere stato, mi si perdoni “l’ardire”, antesignano di scelte operate non lontano da noi, esattamente a Gussing nel comprensorio austriaco Burgerland. Gussing era un centro dalle caratteristiche e dalle dimensioni simili alle nostre, con analoghe problematiche di crisi industriale, occupazionale, sociale e demografica. Ebbene, il borgomastro di tale paese ha lanciato alla sua gente una sfida simile a quanto da me proposto già molto tempo prima. La popolazione aderì subito alla iniziativa ventilata ed il territorio, con il suo immenso patrimonio boschivo, come per incanto, rinacque. Il distretto del legno si rigenerò nel breve volgere di qualche mese, sorsero segherie, falegnamerie; l’utilizzo del cippato consentì la produzione di energia elettrica a basso costo e con minimo impatto ambientale. Demograficamente, il miglioramento fu subito significativo, con l’aumento della natalità e la crescita vorticosa dell’occupazione, con maestranze giunte dall’intero comprensorio ed iscritte all’anagrafe locale. Quel paese, insomma, ha registrato un cambio di “verso” epocale e la gente del posto guarda ora con ottimismo al futuro, a dispetto di ogni possibile crisi economica e/o negativa contingenza.
CONCLUSIONI:
Da quanto fin qui esposto, deriva la logica conseguenza che una Amm.one di routine per la gestione pubblica ordinaria non sarebbe di alcuna utilità per l’avvenire della Comunità locale. Un sindaco ed una Giunta di nuovo conio dovrebbe possedere, lo ribadisco, una visione alta delle problematiche che si troverà a dover fronteggiare. Si tenga ben presente che la disaffezione per la Cosa Pubblica non è imputabile, come disse qualcuno in una intervista del passato, alle denunce alla Magistratura Ordinaria ed a quella Contabile per le ‘opacità’ messe a suo tempo in evidenza (e qui mi fermo per carità di patria). Quell’intervistato parlava di “buona volontà” di chi si era messo al servizio dei cittadini accettando di candidarsi… Oggi io dico che non basta la “buona volontà”, non basta andare allo sbaraglio sapendo e conoscendo i propri limiti, oggi occorre più che mai preparazione, conoscenza giuridica, introduzione in certi ambienti…
Il momento sarebbe favorevole per attingere a finanziamenti finalizzati proprio alla cura del territorio, alla sua riqualificazione, in definitiva alla crescita economica ed alla conseguente esorcizzazione di una infausta fine della nostra Comunità. Andare allo sbaraglio, magari conoscendo le proprie carenze, non è certo né cosa auspicabile, né opportuna per chi si propone e/o per gli stessi amministrati. Per finire, auspico che ci sia presto una Amm.one che si faccia promotrice di accordi sinergici con le Amm.oni contermini e che i ventilati accorpamenti procedano di comune accordo e di pari passo, attuando l’assunto che “l’unione fa la forza”. Nei miei sogni c’è poi sempre il disegno di unione dei Comuni con la realizzazione del nuovo commune di LOVIGOLO (anagramma da indovinare?). Ma le mie -lo auspico vivamente- non vorrei che fossero interpretate come mere utopie (lungi da me una tale eventualità!); qualche perplessità comunque persiste, considerata la carenza di materiale umano disponibile a mettersi in gioco, dalla mente aperta e portata alle iniziative innovative e …’rivoluzionarie’…