NUOVA PRIORITA’ IN FATTO DI ‘WELFARE-STATE’
di Giuseppe Zanella
La crisi socio-economica che imperversa e non accenna minimamente ad attenuarsi, ha prodotto epocali, deleterie conseguenze, specialmente nelle così dette ‘terre alte’. Deindustrializzazione drastica principalmente con la desertificazione del distretto dell’occhiale, scomparsa di servizi essenziali, crisi drammatica nel comparto scolastico e della istruzione in genere, asfissia nel campo sanitario-ospedaliero con una miriade di contraccolpi nel campo della cura e della prevenzione ect., tutto questo ha determinato un progressivo abbandono ed un depauperamento dei nostri un tempo fiorenti paesi.
La fuga dei giovani, l’invecchiamento della popolazione, la diffusa denatalità a livelli ormai, forse, irreversibili sono, ad un tempo, causa ed effetto della pandemica malattia che ha colpito i paesi di montagna e che ha intaccato alle radici la nostra società sotto i profili civile, sociale, economico, culturale… Ricordo ancora quando Lozzo contava una popolazione molto più consistente dell’attuale (ed allora non c’erano cinesi, albanesi, marocchini a rimpinguare le presenze sul territorio), le attività economiche ed artigianali fervevano, ogni casa era un piccolo laboratorio per la fabbricazione di montature per occhiali, lenti, astucci, minuterie ed indotti vari. Il turismo, pur incomparabilmente deficitario nei confronti dell’Alto Adige, era attività complementare e di rilevante sostentamento alla economia locale. Scuole, sanità, servizi funzionavano a dovere…
Venne però la globalizzazione e per noi la musica cambiò con conseguenze estremamente negative. E’ vero, diversi imprenditori seppero cogliere le opportunità che il nuovo ‘status’ planetario dato dall’ingresso nel circuito internazionale delle nazioni emergenti (in particolare i così detti BRICS: Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) offriva loro. Ma ciò, unito alla già in atto delocalizzazione a livello provinciale per via dei vistosi vantaggi offerti dalla Lg Vajont (Conib, ndr), ha provocato il degrado e lo sfilacciamento del tessuto produttivo del nostro Cadore con le devastanti conseguenze menzionate sopra.
Tutto si è legato e si lega all’abbandono ed alla chiusura di una miriade di opifici. Desolante osservare la sola zona industriale-artigianale di S. Anna, sorta solo da qualche decennio, a suo tempo funzionale ad un lungimirante disegno di promozione e sviluppo, ed ora desolatamente vuota, con bene in vista cartelli con la scritta “vendesi-affittasi”. Le disgrazie, insomma, non vengono mai da sole ed il depauperamento industriale ed economico dei nostri paesi ha portato con sé la chiusura di vari servizi (uff. PT, negozi, bar, alberghi, strutture sanitarie, scuole, asili, tribunali, Uff. Imposte ect.), l’esodo della popolazione attiva, la denatalità, il ricordato invecchiamento della popolazione ed il costante, progressivo calo demografico.
Normalmente, le crisi economiche sono cicliche, ma quella che ora stiamo vivendo è di una gravità spaventosa e qui, più che altrove, essa morde e crea situazioni di estremo disagio, per cui il ‘riscatto’, bene che vada, e semmai si potrà attuare magari solo parzialmente, richiederà tempi lunghi. Il ministro Padoan ce lo ha detto a chiare lettere. A livello centrale, ci vorranno decenni per ritornare ai livelli di benessere ante 2008. Immaginatevi alle nostre latitudini… Questo non è pessimismo, questo è realismo basato sui numeri e sulle nere prospettive.
Ed a questo proposito sarebbe d’uopo fare cenno alle carenze, alla inerzia, alla inconcludenza ed alla inettitudine di una classe politica, soprattutto anche locale, che non è stata in grado, fin qui, di farsi valere e di approntare un qualsiasi tentativo per, almeno, alleviare le implicazioni così negative di un processo di generalizzato degrado, che ha fatto della nostra ‘Piccola Svizzera’ un’area depressa e di sottosviluppo. Ma questo richiederebbe la stesura di un autentico trattato a parte…
Date queste tristi premesse, ora bisogna fare cenno alle priorità assolute che si impongono nella attuale situazione. Bisogna cioè pensare molto alla terza e quarta età. Bisogna costruire Case di Soggiorno per anziani. Almeno per ora, purtroppo, gli asili, come strutture sociali e di welfare, da noi, sono più che sufficienti; il problema, semmai, in questo comparto, è quello di riuscire a mantenere gli standard attuali e sopperire alle carenze di mezzi atti al sostentamento, in attesa di auspicabili tempi migliori. Poi verrà, magari, reintrodotto il premio fertilità alle coppie ed alle famiglie numerose, premio tanto caro alla ‘buonanima’, anche se gli intendimenti e le finalità, all’epoca, erano ben diversi.
Ed a proposito di anziani, mi è d’obbligo riportare il pensiero di Papa Francesco, pensiero così puntuale ed accorato su di un tema di così grande attualità: quello dello “scarto”. E tale pensiero ci fa molto meditare…
“…. Si scartano bambini, si scartano i giovani perché non hanno lavoro, e si scartano gli anziani con la pretesa di mantenere un sistema economico equilibrato. Siamo tutti chiamati a contrastare questa velenosa cultura dello scarto!. Non sempre l’anziano, il nonno, la nonna ha una famiglia per accoglierlo. E allora ben vengano le case per gli anziani purché veramente case e non prigioni. Non ci devono essere istituti dove gli anziani vivono dimenticati, come nascosti, trascurati. Penso con gratitudine a quanti li vanno a visitare e si prendono cura di loro. Le case per anziani dovrebbero essere “polmoni” di umanità in un paese, in un quartiere, in una parrocchia; dovrebbero essere “santuari” di umanità dove chi è vecchio e debole viene curato e custodito come un fratello, una sorella maggiore. Troppe volte gli anziani vengono scartati con una vera e propria autanasia nascosta. Un popolo che non custodisce i nonni non ha futuro perché perde la sua memoria, le sue radici. Ci sono talvolta generazioni di giovani che, per complesse ragioni storiche e culturali, vivono in modo più forte il bisogno di rendersi autonomi dai genitori, quasi di liberarsi del retaggio della generazione precedente. E’ come un momento di adolescenza ribelle. Ma, se poi non viene recuperato l’incontro, se non si ritrova un equilibrio nuovo, fecondo fra le generazioni, quello che ne deriva è un grave impoverimento per il popolo, e la libertà che predomina nella società è una libertà falsa, che quasi sempre si trasforma in autoritarismo. Occorre percorrere la via dell’incontro tra i giovani e gli anziani. Il futuro di un popolo suppone necessariamente questo incontro: i giovani danno la forza per far camminare il popolo e gli anziani irrobustiscono questa forza con la memoria e la saggezza popolare.”