a Lozzo di Cadore, lungo la strada romana di Loreto: opera in decursu …
Riverso la responsabilità della traduzione in latino (opera in decursu) su mia figlia, alla cui fresca preparazione liceale sono ricorso per onorare le vestigia romane del luogo. Io mi sarei limitato ad un più modesto “laborum in corsorum”.
Non sappiamo con certezza matematica se sia proprio la Claudia Augusta Altinate, ma è difficile non ritenere “romana” la, per l’appunto, strada romana di Loreto a Lozzo di Cadore. Ho già espresso alcuni miei pensieri nell’articolo la strada romana e la chiesa della Madonna di Loreto nel quale concludevo:
Mi chiedo anche, in relazione al costruendo parco adiacente la chiesa della Madonna di Loreto: che abbiano previsto un qualche elemento di tutela per la testimonianza archeologica della strada romana?
Forse. Non ci è dato sapere. Ma lo sapremo presto, a conclusione dei lavori. Speriamo che con gli 85.000 € a disposizione, oltre alle alberature dedicate al papa, ed ai pannelli informativi che sicuramente declameranno la presenza di una così importante testimonianza archeologica, vi sia anche la possibilità di introdurre un qualche elemento di tutela (che magari non precluda l’utilizzo coscienzioso della strada).
Ora, sappiamo che per effettuare gli scavetti per la realizzazione della spianata di Loreto c’è stato il bisogno di far intervenire un funzionario della Soprintendenza che aveva il compito di verificare man mano l’eventuale rinvenimento di oggetti di valore archeologico.
Nel corso dell’estate del 2009 ho speso due parole con questo funzionario, il quale mi ha riferito che in relazione alla strada romana ben poco si poteva fare in termini di “studio”, se non effettuare un rilievo topografico della giacitura dei suoi elementi costitutivi. E questo è quello che deve aver fatto nell’aprile-maggio del 2010. Adesso, volendo, si potrebbe anche provvedere all’interramento dei solchi, che così verrebbero anche preservati (ma sparirebbero alla vista dei turisti che qui vengono da ogni dove per vedere i solchi dei carri di epoca romana).
La prima e la terza foto sottostanti si rifanno proprio al 3 maggio 2010 (ma l’intervento era di poco precedente), la seconda e quarta sono di qualche giorno fa. Inutile dire che nel periodo interessato le transenne non sono servite a un bel niente se non a “delimitare” l’area (tanto per capirci, non ci sono buche in cui si può cadere; anzi, è più facile finire col naso per terra inciampando su una transenna). Col tempo e l’aumento dell’entropia la situazione si è andata, come vedete, “disordinando”.
Ma la mia preoccupazione di vedere cotanto cantiere, con transenne al seguito, perdurare a lungo nel futuro che ci stiamo preparando a vivere, affonda le sue radici in un provvedimento contemplato dalla finanziaria in cui si tagliano i rimborsi agli ispettori sguinzagliati dalla Soprintendenza (normalmente liberi professionisti). Ne farà probabilmente le spese anche l’importantissimo sito auronzano del Calvario.
Le mie previsioni? Se qualcuno non prende le transenne e “le bicia do pai piei”, ce le dovremo tenere, insieme ai vetusti resti romani, per qualche anno come esempio di “sacro e profano”, antico e moderno (accostamento apprezzato soprattutto dai turisti che lungo la strada di Loreto passeggiano durante le agognate vacanze). Chi è che avrà il coraggio di tirarle via, non servendo a niente se non a dare il noto senso di precarietà che accompagna tante cose lasciate a se stesse, ora che sono state investigate dalla Soprintendenza? Minimo minimo ci vorrà un decreto governativo.