a briglie sciolte (sulla messa in sicurezza dell’alveo del Rio Rin)
di Claudio Calligaro
Un po’ di tempo fa ho brevemente descritto e documentato non la carenza, la mancanza totale di manutenzione e conseguente pulizia dell’alveo del Rio Rin, segnatamente nel tratto urbano che, per sua natura, è “sotto gli occhi di tutti”, situazione che ha certamente inasprito gli esiti nefasti della “montagna d’acqua” che lungo quel corso ha dovuto passare (in altre parole, si è lasciato e permesso, negli anni, che l’occupazione progressiva della vegetazione lungo il corso d’acqua creasse ostacoli al deflusso riducendo la sezione di piena); qui di seguito i due articoli:
- la brentana sul Rio Rin (considerazioni sparse di un indigeno)
- la brentana sul Rio Rin (considerazioni sparse di un indigeno) bis
Vorrei ora spostare l’attenzione su un altro aspetto delle sistemazioni idrauliche post brentana che mi lascia perplesso. Guardando lungo il corso del Rio Rin a monte del ponte, si possono scorgere tre briglie costruite dopo l’alluvione del 1966. Queste opere hanno il compito di evitare l’erosione dell’alveo riducendo la pendenza media del corso d’acqua e quindi la sua velocità.
Nella prima delle foto a corredo si vede la sequenza delle tre briglie: le prime due, in zona “percorso Roggia”, la terza, più vicina, che potremmo identificare come “quella del ponte”. Della briglia più in alto si vede il muro frontale e la platea libera da materiale alluvionale; le due briglie più in basso risultano invece quasi coperte dal materiale alluvionale depositatosi durante l’evento “montagna d’acqua” del 4 settembre 2016.
Che si tratti del materiale alluvionale dell’ultima brentana lo si deduce dalla linea temporale della sequenza delle foto, dalle quali risulta che il materiale alluvionale ha colmato la linea di pendenza tra la seconda briglia e quella “del ponte”, portandola al suo valore massimo (la stessa cosa vale per il tratto tra la briglia “del ponte” e quella successiva verso valle).
Ora, la mia perplessità è questa: si può dire di “aver messo in sicurezza l’alveo“, formula magica che s’è sentita enunciare così tante volte, quando la linea di pendenza tra le briglie – si badi bene, in un tratto a ridosso del paese – per effetto della colmatura, è la massima possibile? Il materiale che ha colmato lo spazio tra le briglie, se lo avesse già trovato occupato, sarebbe fluito a valle (e non è tanto l’acqua che erode, ma il materiale che essa porta con sé). Inoltre, per i piedi (e anche le spalle) del ponte che si trova a ridosso delle briglie, non sarebbe più salutare avere a monte una platea (svuotata) di deposito piuttosto che un lavello , per di più di massima pendenza, che sembra fatto apposta per convogliare il materiale con maggior velocità?
Tutto ciò detto avendo in testa un evento come quello accaduto il 4 settembre: se, invece, in futuro si alterneranno “brentanelle” (anche nel caso di aga granda), potremmo essere spettatori dello svuotamento “indolore” e per via naturale del materiale che ora colma lo spazio tra le briglie. Nel dubbio, io lo avrei svuotato (ma, si sa, ci vogliono i schei che, a quanto pare, mancano).