alcune amenità sulle ‘strade per giungere a Pian dei Buoi’ /2
Seconda tornata di amenità ispirate dall’articolo “Sistemateci la strada che porta in Val da Rin“, Corriere delle Alpi del 23 settembre (qui la prima parte).
Ripartiamo dalla quarta amenità, che riguarda la strada che sale da Val da Rin, nei confronti della quale il gestore del rifugio Baion sottolinea che:
Non basta avere un fuoristrada per affrontarla, serve anche una certa dimestichezza con la guida in montagna. Eppure, con un intervento di migliorìa generica, l’accesso diventerebbe più semplice per tutti ridando fiato alla vita di Pian dei Buoi, oggi a tutti gli effetti isolata dal resto del Cadore».
Che è una conferma a quanto scrivevo l’8 settembre commentando l’introdotta deroga al transito per Val da Rin:
Precisazione: col cazzo che bastano le 4 ruote motrici; dovete averla anche alta, la tutù, ché ci sono due punti strategici – due canyon – dove si corre il rischio di rimanere in trappola.
Quinta amenità: m’è sorta qualche perplessità su chilometri (e miglia nautiche) e sui tempi di salita. Detto diversamente, non si possono confrontare le mele con le pere. Ancora il gestore del Baion:
Per raggiungere Pian dei Buoi dalla Val da Rin sono sei chilometri che richiedono un tempo di percorrenza inferiore alla mezz’ora», prosegue Dino Nassivera, «niente a che vedere con la strada, seppur asfaltata, che sale da Lozzo:lì i chilometri sono 15 e richiedono un tempo di percorrenza superiore all’ora. Ipotizzare una sostanziale opera di miglioramento della strada sul versante della Val da Rin non è utopistico, sicuramente i tempi di realizzazione sarebbero inferiori e i costi minori rispetto a quelli che serviranno per sistemare la strada da Lozzo».
I sei chilometri cui si riferisce il gestore del Baion sono quelli di “strada bianca” della Val da Rin fino a Pian dei Buoi (5,3 km), quelli sui quali “col cazzo che bastano 4 ruote motrici” o anche, come abbiamo appena visto, “Non basta avere un fuoristrada per affrontarla, serve anche una certa dimestichezza con la guida in montagna.”
Ma, se guardiamo alla lunghezza d’insieme del percorso (per cercare di confrontare mele con mele), ce ne sono altri 4 asfaltati che da Ponte da Rin (nei pressi del bivio con la statale 48) portano all’inizio della strada bianca (e non è che si possano percorrere come a Le Mans), oltre ai 2.5 per arrivare al rifugio (da Pian dei Buoi). Quindi i chilometri, da Auronzo (Orsolina) al rifugio Baion, sono circa 12.
La strada asfaltata che sale da Lozzo fa più o meno 12 chilometri per giungere sull’altopiano e altri 3 (di strada bianca) per giungere al Baion, per un totale di circa 15 km. Riguardo ai tempi, i 12 km per giungere a Pian dei Buoi li percorro da anni abitualmente, senza ansia da prestazione, in circa 26 minuti (16 minuti per giungere a Tamarì e 10 da qui per sbucare sull’altopiano), diciamo 30 minuti (cioè una velocità di 24 km/h). Punto.
Sesta, questa volta ispirata da il Gazzettino, della serie “turisti fai da te?, no Alpitour? ahi ahi ahi…“. Il titolo dell’articolo è più roboante, “I furbetti dei divieti presi in trappola e poi stangati a Pian dei Buoi”, e di per sé introduce una nuova categoria sociale, quella appunto dei furbetti dei divieti (costola dei furbetti del quartierino). La vicenduola mi ha fatto tornare alla mente un pezzo dei Belumat: “vara vara, un campo abandonao! Capusi, tegoine, patate…”.
L’articolo nasconde alcune sub-amenità:
6a) “… i turisti che con tre auto avevano appena trascorso una giornata al fresco del Pian dei Buoi.“; che turisti bastardi: loro al fresco di Pian dei Buoi (nonostante il divieto) e noi quaggiù piegati in due dal caldo torrido di questi giorni.
6b) “In pochi minuti una pesante ruspa ha risalito la stretta stradina; il mezzo poi è stato messo di traverso a sbarrare il rientro del gruppetto.“; stretta stradina (??) la Strada del Genio coi sui tre metri di carreggiata? Magari anche piccina-piccina? Stretta, inizia ad essere la strada della Boa, non quella del Genio!
La stradina (piccina-piccina) ha tuttavia consentito il passaggio della “pesante ruspa” (vecchio tipo: adesso le fanno in carbonio e sono molto più leggere); pesante, la ruspa, ma piccina anch’essa se, per sbarrare il rientro, l’hanno dovuta mettere di traverso (delle due l’una: o la stradina non è così piccina-piccina, o la ruspa è un po’ piccolina: una ruspettina?)
6c) “«Abbiamo agito con leggerezza», hanno ammesso alla fine mentre i militari compilavano i verbali.“; quindi solo “alla fine” hanno ammesso la leggerezza: oltre ad essere bastardi, anche stolti, questi turisti
6d) “Per tornare a percorrere quella strada ci vorrà ancora del tempo, sono 8 i punti danneggiati con erosioni molto profonde,“; sicché le tre auto salite a prendersi il fresco, e poi ridiscese, lì dalle erosioni molto profonde hanno forse innestato la levitazione magnetica?
6e) “…i lavori di sistemazione non è chiaro quando finiranno“: vado matto per le costruzioni sintattiche “alla terrona”;
6f) “A nemmeno un mese da quel disastroso temporale, molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare.“; è un po’ come per le seghe: tu inizi a menartelo e ti convinci che “molto è stato fatto”, ma sai anche che “molto resta da fare”. Ed è indubbiamente la parte più interessante.
6g) “Dovesse capitare un temporale come quella sera?“; Più pilu per tutti.