CURA DEL TERRITORIO – COSTITUZIONE DEL CORPO VVFF VOLONTARI A LOZZO DI CADORE
di Giuseppe Zanella
CURA DEL TERRITORIO – COSTITUZIONE DEL CORPO VVFF VOLONTARI ADDESTRATO A FRONTEGGIARE INTERVENTI IN CASO DI INCENDI E CALAMITA’ DI VARIA NATURA. CULTURA DELLA PREVENZIONE.
Nel 1893, ad opera di un gruppo di volonterosi guidato da Edoardo Coletti, si ebbe a Pieve di Cadore la costituzione della Federazione dei pompieri volontari cadorini. A detta federazione, che indisse il I° congresso in quello stesso anno, aderirono ben sette società (Pieve, Auronzo, S. Vito, Borca, Venas, S. Stefano e Candide), cui si aggiunse subito anche S. Pietro di Cadore. L’esigenza di poter disporre, in ogni paese del Cadore, di gruppi di vv del fuoco volontari bene organizzati, tecnicamente addestrati e dotati della più idonea attrezzatura era fortemente sentita per tutta una serie di ragioni di indole generale ed anche specifica. Ci limitiamo soltanto a citare alcune di queste ragioni-motivazioni, con precipuo riguardo proprio al nostro paese (anche se analoghe considerazioni potevano allora valere per tutti i borghi dell’intero comprensorio cadorino).
Le abitazioni dei nostri avi, fin oltre la metà del 1800, erano costruite con prevalente uso del legno e le soffitte erano ‘aperte’, i tetti erano ricoperti con scandole di larice, di legno erano pure gli stipiti e gli infissi di porte e finestre; le case poi, sul retro avevano incorporate le stalle con sovrastanti fienili, pure edificati prevalentemente in legno ed il fieno ivi stoccato costituiva una facile esca per possibili incendi. Inoltre le contiguità delle case, delle stalle e dei fienili era così ravvicinata da costituire un indiscusso, ulteriore pericolo al propagarsi di eventuali eventi calamitosi. Senza contare poi che il sistema idrico era praticamente inesistente, se si esclude la presenza delle allora numerose fontane (le “bocche d’incendio” dovevano venire istallate, prevalentemente, soltanto nel periodo intercorrente fra le due guerre mondiali, in occasione del parziale rifacimento delle condutture degli acquedotti).
In un tale quadro, si capisce perfettamente il perché il paese (ma anche i borghi vicini) fosse stato vittima di eventi calamitosi con incendi devastanti che in più circostanze dovevano interessare buona parte dell’abitato. Il più grande incendio che si ricordi fu quello che la domenica del 15 Settembre 1867 devastò gran parte del paese e di cui abbiamo memoria attraverso gli scritti dello storico A. Ronzon, che di quel terribile evento fu testimone oculare. E la descrizione del fatto è talmente drammatica e coinvolgente da rendere bene il senso di desolazione e sconforto di una popolazione che in poche ore si trovò a piangere alcune vittime e, letteralmente, trovatasi sul lastrico. La gara di solidarietà fu encomiabile, come pure encomiabili furono i comportamenti dei soccorritori provenienti, al suono delle campane a martello, dai villaggi vicini; in quel frangente si distinsero i bersaglieri che da Pieve, “volarono” per raggiungere il nostro paese, portare i primi soccorsi e tentare di domare le fiamme devastatrici.
Il Ronzon così descrive questi soldati valorosi che, “con mirabile ardire e sveltezza guadagnavano il culmine dei tetti, scivolavano da un punto all’altro in mezzo alle fiamme e sembravano gli angeli della luce pugnanti contro il genio del male”. Assai problematico apparve il discorso della ricostruzione con le polemiche subito insorte per via delle modalità attuative. Il progetto avveniristico del concittadino ing. Simeone Zanetti, che prevedeva la edificazione di un agglomerato urbano su basi veramente moderne (per dire, una autentica fotocopia in miniatura della attuale città di Torino, con comode strade diritte ed una ben diversa vivibilità rispetto al passato sia in fatto di estetica, che di servizi, infrastrutture e mobilità interna), venne tosto abbandonato per far posto ad un più tradizionale elaborato dell’ing. O. Palatini, molto ricalcante il preesistente…
E l’ing. Zanetti, mazziniano fervente, tecnico di ottimo livello, già perseguitato dall’Austria tanto da aver dovuto abbandonare gli studi in quel di Padova e riparare a Modena, dove si sarebbe laureato sia in matematica che in ingegneria civile, indignato per il comportamento di certi amministratori comunali e di parte della popolazione, lasciò il paese senza più farvi ritorno. Emigrò a Montevideo dove assurse a posizioni di prestigio nella P.A. (Direttore generale delle ferrovie) tanto da meritare, alla sua prematura dipartita, funerali di stato. Quando si dice: “nemo profeta in patria!”…
Ma torniamo alla trattazione circa la nascita del distaccamento dei vvff nel nostro paese. Corre l’obbligo di fare una piccola considerazione, questa: pur avendo avuto il nostro paese tutta una serie di devastazioni culminate nell’incendio del 1867, Lozzo non fu, purtroppo, tra i fondatori della federazione cadorina, anche se, ad onor del vero, nello specifico, il volontariato ‘spontaneo’ non è mai mancato e corre l’obbligo di sottolineare che, in generale, sullo spirito di solidarietà non siamo mai stati secondi a nessuno. Sappiamo adesso, da foto d’epoca e da notizie di stampa degli anni ’60 opportunamente riesumate in occasione del centenario di fondazione, che Lozzo costituì ufficialmente il proprio distaccamento soltanto a far data dal 25.10.1903 e che il primo comandante fu il sig. De Meio Lorenzo fu Giobatta.
Ma le cose, sulle prime, non procedettero in modo del tutto tranquillo. Bisogna premettere che la documentazione d’archivio è andata irrimediabilmente perduta per cui la ricostruzione degli eventi succedutisi nella vita del distaccamento si basa molto, come già indicato, su materiale fotografico di privati e giacente in sede e su riesumazione, tempo per tempo, di articoli di stampa. La stessa celebrazione del centenario è avvenuta nel 2006 anziché nel 2003, proprio per la indeterminatezza della precisa data di costituzione (poi appurato essere quella sopra riportata, proprio in seguito a ‘rinvenimenti’ di stampa datati anni ’60). Si diceva di contrasti insorti quasi subito all’interno del gruppo; siamo nel 1906 ed il Cons. Comunale, prendendo atto della situazione alquanto incresciosa, procedette alla riorganizzazione del corpo con la costituzione di una nuova società fondata su più solide basi e su di un numero di iscritti più consistente (48 nominativi).
Presidente della società dei pompieri volontari venne nominato l’ing. Silvio Pellegrini e nuovo comandante venne designato il maestro Egidio Callegaro. Ma non venne sciolta la vecchia società per cui la diatriba proseguì per diverso tempo, nonostante i tentativi di mediazione esperiti dalla amministrazione comunale. In questo stato di cose, il maestro Manlio Calligaro aveva, comunque, da tempo, rassegnato le dimissioni. Per quanto è dato sapere, l’impasse potrà essere sbloccata soltanto nel 1911 con la “ricostituzione del corpo” su basi del tutto nuove. Va detto però che, a dispetto di queste poco edificanti divergenze, il distaccamento andò assumendo, via via, sempre maggiore consistenza e capacità operative, stante sia il sostegno della pubblica opinione che il sempre più aggiornato dispositivo tecnologico ed il sostegno finanziario da parte della P.A.
La sede, all’epoca, era posta accanto alla vecchia latteria (ora canonica) ed era prospiciente la casa De Diana Valentino Santo (poi demolita per far posto, parzialmente, alla nuova Chiesa). L’attività, che è stata (e viene) sempre adeguata alla gamma di interventi in continua evoluzione, viene esplicata sia nelle fasi di effettiva necessità operativa sia nella fase di esercitazione e di aggiornamento, anche al fine di una adeguata istruzione e ‘didattica’ preventiva. Ormai gli incendi, grazie anche alle nuove tipologie costruttive ed alla attuazione di quelli che fino a qualche tempo fa erano definiti ‘piani regolatori’, sono diminuiti di molto rispetto ai tempi antecedenti al così detto ‘rifabbrico’; ora la ‘interventistica’ riguarda una gamma e tipologia maggiore di utilizzo del benefico e volontaristico corpo.
Si va, infatti, dal campo meramente istituzionale degli ‘incendi’ a quello della infortunistica stradale, dalle calamità naturali (frane e alluvioni) agli interventi di soccorso di più ampio spettro (fuori uscite di gas, scoppi e quant’altro). Un tempo, quando la consistenza del corpo era davvero ragguardevole, si svolgevano le rassegne, altrimenti dette ‘congressi’, e la cosa costituiva un autentico godimento per l’ardimento, la tecnica e la collaudata capacità ginnica che i ‘pompieri-vigili’ riuscivano sempre a mettere in luce.
Concludo con la elencazione dei comandanti che si sono succeduti dalla fondazione a tutto oggi e con una rievocazione su di una di queste figure davvero indimenticabili, non trascurando di sottolineare, però, come tutti i responsabili sotto richiamati abbiano dato il meglio di sé in quanto a passione ed abnegazione per i loro lavoro, svolto sempre con la collaborazione di un nugolo di sottoposti dalle superlative qualità in quanto a capacità, generosità e sprezzo del pericolo.
Un grazie di cuore a tutti questi benemeriti concittadini.
ELENCO IN ORDINE CRONOLOGICO DEI VARI COMANDANTI IL DISTACCAMENTO VVF DAL 25.1O.1903 AD OGGI:
DE MEIO LORENZO, CALLIGARO MANLIO, CALLEGARO EGIDIO, DEL FAVERO PIO, ZANELLA LUIGI MOMA, DA PRA PIETRO, ZANETTI FRANCESCO, DEL FAVERO GIOVANNI, DA PRA ALBERTO, CALLIGARO VALENTINO, LAGUNA GIUSEPPE, ZANIN VINCENZO, DE MEIO GIUSEPPE.
Voglio finire questo capitolo ricordando Calligaro Valentino Scott, vigile volontario e poi comandante del distaccamento per lunghi anni. Il ‘mestiere’ del vigile, per lui non aveva segreti, tanto che, nei vari congressi degli anni ’40 e ’50 ed anche oltre, egli era considerato da tutti i concorrenti cadorini, l’uomo da battere nelle varie specialità (distendimento tubi, scala italiana, scala arpioni ecc.) durante le varie rassegne e congressi (le esercitazioni in vista delle gare avvenivano sul retro della scuola elementare, dove esisteva apposita struttura-castello in legno). Ricordo qui l’entusiasmo di ‘Tino’ per la sua prima medaglia d’oro al congresso del 1948: aveva soltanto 18 anni e rimembrava anche a me quell’episodio con orgoglio e commozione… Da quel congresso, le medaglie vinte dal nostro sarebbero state davvero numerose.
Foto scattata durante la prima manifestazione del dopoguerra (conferimento medaglia a Zanetti Francesco, “Sior Chechi”). Si riconoscono le vecchie glorie del distaccamento: Tino Scotin, Berto de Teto (ex comandanti), Valerio dei Zerve, Isaia Laguna, Tino Maderlo, Gigio Moma (Luigi Zanella, ex comandante) e Tita de la Guardia e tanti altri ancora.