Reolon e il cubo di Rubik (o della biblioalcolemia degli obblighi minimi)
Si parla del “Servizio provinciale biblioteche” del quale si paventa la chiusura. Prima ti fa un pippottone di aria superfritta che annoierebbe anche Napo Capo e tutta la scuola dei monitanti (coloro che emettono, fra le altre cose, moniti). Dice il fido piddino: “ci sono voluti vent’anni per metterlo in piedi” [il servizio].
O chi l’ha fatto era un’accozzaglia di teste di cazzo incompetenti, o il progetto è tanto complesso da poter salvare l’intera umanità e metà delle civiltà latee dal global warming, o, o, o… Oppure è solo banale e ridicola propaganda, tesa a conferire importanza – ad un servizio realmente importante – più per gli anni passati che per quelli che verranno.
Che poi – apra bene le orecchie il fido piddino – le Province, quelle che il PD e quell’ignorantone di Delrio hanno gambizzato, ci sono voluti almeno 120 anni per metterle in piedi.
Se non l’avete capito, il fido piddino sta tentando di mettere in atto un cortocircuito semantico: la chiusura del Servizio biblioteche non sarebbe colpa del boia – PD, strenzi, Delrio – che alle province ha tagliato la testa, ma della Regione che – puttana e troia – non ha ancora consegnato a Belluno il fazzoletto con il quale la provincia potrebbe asciugare le esauste lacrime.
Ma alfine il fido s’incarta – con triplo salto mortale carpiato con spatapanf finale – prorompendo con cotanto pensiero cifrato (neretto mio):
«E’ vero: né la legge Delrio, né quella sulla specificità della provincia di Belluno parlano di cultura. Ma la legge non dice che la cultura non è tra le competenze decisionali della Regione: la legge non dice nulla. Quindi: è vero che non parla di cultura, ma neppure vieta le decisioni in materia. Ti dice gli obblighi minimi, il resto dipende da quanta autonomia hai deciso di dare. E’ questo il nodo. Le competenze che la legge definisce sono materia obbligatoria: quelle che non ci sono, non sono un obbligo, ma neppure vietate».
E badate: non provate neanche a risolvere questo esaltante rompicapo, ché in confronto il cubo di Rubik è acqua fresca.