‘RIFORMA’ DELLA GIUSTIZIA O SUA DEFORMAZIONE?
di Giuseppe Zanella
L’ineffabile ministro Orlando afferma che l’approvazione alla Camera del ddl sulla Giustizia è “un giorno storico”. Il presidente della ANM, Rodolfo Sabelli, integra l’affermazione ministeriale affermando: “giorno storico sì, ma in senso negativo”. Chi ha ragione? In un tempo di dilagante corruzione, anziché preoccuparsi di varare norme veramente stringenti sul controllo di legalità quali, ad esempio, una riforma vera sui reati di corruzione e sulle modalità applicative della prescrizione (assolutamente da rivedere dopo gli scempi berlusconiani di questo ‘istituto’, addomesticato “prodomo-sua”), ecco che lo scienziato di Rignano d’Arno pensa solo ad intimidire i magistrati ed a ridimensionare il loro ruolo e le loro funzioni.
Il nuovo ddl prevede infatti una ben più ampia possibilità di ricorso da parte del cittadino indagato/imputato contro il magistrato che lo giudica, l’innalzamento della soglia economica di rivalsa nei confronti del medesimo giudice (metà dello stipendio rispetto al precedente limite di un terzo) e, soprattutto, il superamento del filtro di ammissibilità dei ricorsi, con l’obbligo di azione in caso di negligenza grave e/o travisamento del fatto e delle prove addotte.
Quali le conseguenze degli atti di questi improbabili legulei? Esse sono molteplici e tutte gravi e ben prevedibili. Ne elenchiamo soltanto un paio. Quale giudice sarà, da ora in poi, tanto sereno e tranquillo nel pronunciare una sentenza sapendo che ha davanti a sé un reo al quale è data la assoluta discrezionalità di adire la Giustizia civile contro il magistrato che ha avuto l’ardire di giudicarlo? Non è forse questa una forma di intimidazione, addirittura ex-ante? Ed un giudice che tiene famiglia non sarà magari portato ad applicare ed interpretare la legge in forme, diciamo così, alquanto blande?
E poi, tra le parti in giudizio, non ci sarà forse una ‘patente’ sperequazione? La parte economicamente soverchiante non potrà forse agire con una specie di 4° grado di giudizio, mentre la parte economicamente più debole non si troverà forse a dover subire gli effetti di questo nuovo strumento che altera l’intera struttura delle regole del giudizio? Il filtro di ammissibilità sui ricorsi, fin qui operante ed ora inopinatamente cancellato, aveva proprio la funzione di evitare azioni infondate e strumentali; ora, purtroppo, l’opzione al ricorso è completamente lasciata alla discrezionalità di chi dispone di mezzi e vuole stravolgere verità ed oggettività di un giudizio serio e ponderato.
Ma poi, il caro ministro Orlando, depositario di un ruolo che va, forse, oltre le proprie attitudini, perché si esprime con un giudizio così categorico mentre, subito dopo, lascia intendere che, a collaudo semestrale della nuova normativa, nulla vieterà di apportare modifiche qualora se ne ravviserà il bisogno? A me sembra che questa sia la manifestazione più chiara e lampante di un pressappochismo di fondo e, quanto meno, di un dubbio circa l’efficacia e la validità di quanto appena normato. Certo, devono aver lasciato il segno le corali, feroci critiche giunte da più parti, tanto che nel subconscio del ministro spezzino ha fatto capolino questa specie di riserva (non tanto mentale…).
Sembra un gioco di parole (ma non lo è) quello di un magistrato d’alto rango che oggi così si è espresso: “il pericolo è l’inversione del ruolo: chi è chiamato a giudicare diventerà il soggetto sottoposto a giudizio da parte di chi dovrebbe essere giudicato”… A mio modesto avviso, si tratta di un potenziamento, oltre ogni immaginabile limite, del già operante ‘istituto’ della ricusazione, così ben noto e praticato dai vari Ghedini e Longo… L’ex presidente della Camera, Luciano Violante (pure ex magistrato) dice che nel ddl “manca una norma equilibratrice che punisca l’azione temeraria” di chi ricorre ad un magistrato per intimidire il proprio giudice. Ora, più che mai, avremo una Giustizia sperequata, timorosa del potente e meno attenta ai diritti dei deboli…