E LA FARSA CONTINUA!! SIAMO O NON SIAMO ‘ITALIOTI’?
di Cagliostro
Anche se lo intuivo, lo temevo e vaticinavo da tempo, tuttavia la disposizione finalmente pervenuta dall’UEPE (Ufficio esecuzione penale esterna) in ordine alla applicazione della sentenza riguardante l’ex cavaliere, mi ha lasciato basito. I timori e le perplessità a ‘priori’ sono un conto, la loro conferma è altro conto, è disillusione, è rabbia nel constatare lo stato di degrado in cui siamo caduti, l’uso di una farisaica ipocrisia appare lampante come lampante risulta il ridicolo di cui diamo ennesima prova nei confronti dell’universo mondo.
Non sono mai stato un incallito ‘giustizialista’, uno che gode nel vedere una persona varcare la soglia della cella di un carcere, anche ben sapendo in che stato sono messe le prigioni nostrane…
Sono però amaramente conscio che, nella fattispecie, si è esagerato nel doppio e triplo ‘pesismo’, ormai di moda alle nostre latitudini. I poveri cristi, anche per reati non gravi, marciscono nelle patrie galere per anni. Un potente, un riccone le cui ‘fortune’ puzzano di bruciato lontano mille miglia, uno che è stato condannato a quattro anni per un gravissimo reato a danno della intera collettività (non evasione, bensì frode fiscale milionaria), può invece contare sulla ‘benevolenza’ della autorità preposta alla esecuzione della condanna e ‘sfangare’ così il rigore dovuto della pena con un banale trasloco settimanale in una Casa di Riposo, dove, per quattro ore, potrà raccontare le sue stantie e sconce barzellette agli sdentati vecchietti ospiti, ai quali regalerà magari qualche dentiera (ricordate la campagna elettorale di qualche anno fa?).
Su quattro anni irrogati, tre risultano condonati, l’anno residuo viene ridotto a 10 mesi e 15 giorni per scontare i quali il nostro impiegherà 168 ore, ossia 7 giorni effettivi, il tutto per intrattenere gli ospiti di una struttura per anziani. E tutto ciò in barba ad ogni principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, meglio del diversificato trattamento degli stessi condannati a seconda del loro censo e del loro ruolo nell’agone politico (e qui mi sovviene il film “Il marchese del Grillo” con la famosa e volgare frase del noto e compianto attore romano Alberto Sordi). Chiamasi “agibilità politica”, leggesi “abbuono penitenziale”, quella che l’UEPE ha prescritto per il nostro.
Potrà andare a Roma tre giorni la settimana, potrà tenere comizi, potrà incontrare chiunque, purché -udite, udite!- non pregiudicati; potrà, insomma, il cittadino privato Berlusconi Silvio titolare del marchio ‘Forza Italia’, svolgere un ruolo pubblico di primo livello, con banalissime ed irrisorie limitazioni; lui che è un condannato in via definitiva potrà entrare (come accaduto nei giorni scorsi) al Quirinale ed a Palazzo Chigi in pompa magna, con il picchetto d’onore sugli attenti, proprio costui che non può condidarsi a cariche elettive e non può votare, lui che è stato destituito per indegnità dallo scranno di senatore, proprio lui che è oggetto di interdizione dai pubblici uffici.
Quest’uomo, con il peso di tutti questi fardelli sul groppone, viene tuttavia considerato quale ‘Padre della Patria’, alla stregua dei vari Calamandrei, Paratore, Moro, Mortati, La Pira ecc., a cui è attualmente demandato l’onore e l’onere della revisione e del rimaneggiamento della Carta Costituzionale. Solo da noi, solo nella negletta Italietta può verificarsi ed avverarsi questa farsa. Un politico ormai all’angolo, uno screditato presso tutta la Comunità internazionale (con l’esclusione dei Putin, dei Gheddafi e dei Mubarak, suoi degni sodali) viene riammesso nel circuito che conta, nonostante il fardello giudiziario acclarato o pendente, dai massimi responsabili delle nostre Istituzioni, con la banalissima ed incredibile tesi che si tratta pur sempre di soggetto politico che ha milioni di seguaci (non comunque 10 milioni, ma 7,3 milioni, avendo perso, nell’ultima tornata elettorale, qualche cosa come 6,5 milioni di voti).
Un autentico avallo, questo, alla strana tesi dei forza italioti la cui fervida mente ha saputo coniare la definizione di “agibilità politica”, alias “impunità pratica”. E la condanna sui-generis in fatto di blandissima esecutività della pena principale è stata possibile per il rotto della cuffia: su 360 milioni di frode acclarata infatti, soltanto 7 milioni circa sono stati miracolosamente salvati dalla prescrizione (per sole 24 ore!!), grazie alla lungimiranza del giudice Esposito. Altrimenti, il pregiudicato avrebbe evitato anche questa condanna, nei fatti così tenue…
Ricordiamo, per chi avesse smarrito la memoria… Leggi ad personam a gogò, azioni defatiganti in sede dibattimentale, malattie varie, compresa una recente uveite da stress per sfuggire al confronto in aula, prescrizioni contrabbandate per assoluzioni, corruzioni di testi e di giudici ecc. ecc., sono state le frecce avvelenate nell’arco…dell’arcoriano.
Quando però la gatta, credendosi indenne da censure di qualsivoglia tipo, a forza di andare a cercare il lardo, è rimasta impigliata con lo zampino in una trappola, ecco che l’UEPE è venuta in involontario soccorso ed ha banalizzato la pena con, a mio parere, risibili motivazioni, che fanno intendere come tale organismo giudiziario ritenga possibile, nonostante tutto, il ravvedimento (“vuole cambiare vita, ha ‘ristorato’ le spese di Giudizio e restituito il malloppo all’Uff.Imposte”). In conclusione, viene ritenuto che ci sia la possibilità di ‘rieducazione’ e riabilitazione del condannato…
Personalmente, ritengo tutto ciò scandaloso, compresa la considerazione che l’uomo si ritiene tuttora vittima innocente di un accanimento giudiziario, e ciò nonostante tre gradi di giudizio univoci ed i mezzi profusi nell’allestimento di una difesa quanto meno assai cavillosa e defatigante. Trovo poi strano l’avvertimento larvato del P.M. con la sottolineatura che i servizi sociali sono in ‘prova’ e che potrebbero essere revocati qualora il reo continuasse ad offendere i magistrati. Penso che, in questi 10 mesi, ne vedremo ancora delle belle. Incombono, tra l’altro, altri tre processi con accuse non di poco conto.