Finozzi: Venezia e Belluno dovranno vigilare sulla proprietà delle Tre Cime di Lavaredo
Tocca ancora a Finozzi (chiamato in causa anche nel post precedente sulla banda larga nei rifugi alpini). Tra poco ci sarà il previsto (e dovuto) passaggio di consegne nella Fondazione Dolomiti-Unesco dalla provincia di Belluno a quella di Bolzano e l’assessore regionale, fra altre considerazioni, così commenta (Corrieralpi 10/05):
Quanto a Bolzano, Finozzi certifica che i rapporti col Veneto sono ottimi, ma lascia intendere che da Venezia e da Belluno si dovrà essere sempre vigili, magari per far capire che le Tre Cime di Lavaredo non sono di proprietà dell’Alto Adige.
Ora, non so se di primo acchito riuscite a cogliere l’essenza contorta del pensiero finozziano. La vera preoccupazione del nostro non è tanto – per parte veneta e specificamente bellunese – l’aver buttato alle ortiche tutto questo tempo, due anni buoni, confezionando genuine seghe mentali senza produrre alcunché di veramente propulsivo (giova ricordare che la Fondazione è stata vieppiù dipinta come vertice di una rete funzionale, esempio di efficienza, in grado di coordinare la complessità operativa indotta dalle 5 “teste pensanti” rappresentate dalle province sede del patrimonio).
No, la preoccupazione sovrana, tanto per Venezia quanto per Belluno, dovrà essere quella di vigilare per far capire a Bolzano, eventualmente, che le Tre Cime di Lavaredo non sono di proprietà dell’Alto Adige. Suvvia Finozzi, ormai lo sanno anche le “caprette che fanno ciao” che le Dolomiti, almeno finché varrà la patacca, sono idealmente patrimonio di tutta l’umanità e quindi, con esse, anche le Tre Cime di Lavaredo, relegando con ciò a futile esercizio amministrativo qualsiasi cruda attribuzione di “proprietà”.
Se poi vogliamo davvero considerare i confini amministrativi, le suddette “caprette che fanno ciao” – sempre loro – sanno benissimo che il lato nord delle Tre Cime è altoatesino (comune di Dobbiaco) e quello sud è bellunese (comune di Auronzo) e che, conseguentemente, la ridenominazione in Parco naturale delle Tre Cime del fu Parco naturale Dolomiti di Sesto è stata un’efficace operazione di marketing sostanzialmente lecita. Tanto è vero che al tempo, nonostante le minacciose oche bellunesi starnazzassero proteste e moniti alla Napolitano, le autorità altoatesine approvarono (con l’esclusione del comune di Sesto) – senza battere ciglio – la nuova denominazione che diventò immediatamente operativa.
Bisognerebbe piuttosto chiedersi perché, nonostante la proposta e disponibilità del sindaco di Dobbiaco di dar vita ad una estensione del parco naturale in territorio auronzano, gli amministratori bellunesi non siano ancora riusciti a cogliere e mettere a frutto questa grande opportunità.
(foto: Suedtirol.info)